mercoledì 16 ottobre 2013

Le tappe del passaggio dal riscaldamento centralizzato all'autonomo

Le tappe del passaggio dal riscaldamento centralizzato all'autonomo


di Edoardo Riccio
Con la sentenza n. 22276 del 27 settembre 2013, la Cassazione torna a pronunciarsi sulla possibilità della trasformazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti unifamiliari autonomi.Il caso ha origine in quanto un condominio, ai sensi dell'articolo 26 comma 2 della Legge 9 gennaio 1991 n. 10, deliberava il citato intervento espressamente consentito dalla legge stessa.
La norma vigente all'epoca dei fatti (1997) prevedeva la possibilità di adottare uno degli interventi previsti dall'articolo 8 della L. 10/1991 (tra i quali la trasformazione) con una maggioranza agevolata. In assenza di tale previsione normativa, sarebbe stata necessaria l'unanimità dei consensi.
Innanzitutto occorre precisare che la trasformazione è cosa diversa dal distacco. Con il secondo intervento l'impianto continua ad esistere ed a servire tutti i condomini, salvo colui che si è distaccato. Quest'ultimo, tuttavia, continua a restare proprietario dell'impianto e, fatta eccezione per il risparmio (economico) conseguito a seguito del suo distacco, a pagare le spese, ivi comprese quelle di manutenzione straordinaria.
Con la trasformazione da impianto centralizzato in impianti autonomi unifamiliari, invece, viene completamente dismesso l'impianto centralizzato che, pertanto, cessa di esistere. In sostituzione, i condomini si devono dotare di impianti unifamiliari per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria.
Secondo la Cassazione, poco importa se, benchè disposizione contenuta in una legge che vuole favorire il contenimento dei consumi energetici, all'esito dell'operazione la somma degli impianti unifamiliari consumi (in senso energetico e non economico) più della caldaia centralizzata (come risultava dalla perizia agli atti di causa).
In questo caso, infatti, è la legge stessa che consente la delibera senza porre limiti o richiedere indagini preventive. Ne consegue, pertanto, che non vi è neppure violazione dell'articolo 1120 del codice civile in materia di innovazioni vietate.
Si legge nella motivazione, che "al legislatore è apparso opportuno favorire la trasformazione degli impianti da centralizzati in autonomi in relazione al miglioramento che, secondo un criterio di larga scala, esso induce nella gestione del consumo energetico, al di là delle verifiche preventive del caso singolo, che sarebbero incongrue con lo stesso dettato di favore per la trasformazione della tipologia di impianti. È evidentemente impossibile avere la preventiva (e anche successiva) certezza che l'accensione degli impianti e i relativi consumi, allorché autogestiti, restino di fatto inferiori, ben potendo i singoli incorrere in usi errati e consumi che prescindono dal criterio che il legislatore, secondo l'id quod plerumque accidit, ha preferito, cioè la frammentazione in impianti autonomi".
La modifica introdotta dal d. lgs. 311/2006
Benchè i fatti per cui era causa si riferissero a data antecedente il 2006, appare opportuno proseguire la trattazione della materia per approfondire l'evoluzione normativa.
Le cose cambiano con il D. Lgs. 311/2006 il quale ha modificato l'articolo 26 comma 2 della Legge 10/1991 che, si ricorda, mediante il richiamo all'articolo 8 consentiva la citata trasformazione.
Innanzitutto viene meno il richiamo all'articolo 8 della stessa legge (che non è stato nè abrogato nè modificato). Inoltre, gli interventi con la maggioranza agevolata sono subordinati alla produzione di una diagnosi energetica o di un attestato di certificazione (ora prestazione) energetica.
Attraverso uno di questi due documenti, il legislatore vuole premiare solo quelle iniziative che sicuramente vanno a perseguire il contenimento dei consumi energetici.
Resta il dubbio se, con uno di essi, sia ancora possibile o meno procedere alla trasformazione.
Si consideri che il Decreto legislativo che ha apportato la modifica eliminando il riferimento all'articolo 8 (che, si ricorda, consente la citata trasformazione) ha continuato a considerare la trasformazione di un impianto termico centralizzato in impianti termici individuali quale "ristrutturazione di un impianto termico", consistente in un insieme di opere che comportano la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione ed emissione del calore.
Inoltre, il decreto Legislativo 115 / 2008, all'allegato II, prevede il divieto, in sede di contratto di servizio energia, di procedere alla trasformazione. Se ne desume che ancora nel 2008 l'intervento citato era considerato possibile dal Legislatore, al punto da vietarlo solo in caso di contratto di servizio energia.
Da quanto sopra, appare a chi scrive che, se la diagnosi energetica o l'attestato di prestazione energetica dovesse dimostrare l'effettivo contenimento dei consumi energetici, la disposizione contenuta nell'articolo 8 Legge 10/1991, in combinato disposto con l'articolo 26 comma 2, rende possibile l'intervento.
Modifiche apportate dalla riforma del condominio
La legge 220 del 2012, apportando modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, pare sia intervenuta anche sul punto "trasformazione".
La nuova formulazione dell'articolo 1120 comma 2, infatti, prevede espressamente che con la maggioranza agevolata degli intervenuti all'assemblea ed almeno la metà del valore dell'edificio, i condomini possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto, tra l'altro, le opere e gli interventi previsti per il contenimento del consumo energetico degli edifici.
Il richiamo alla normativa di settore, il fatto che non via sia altro riferimento alla tipologia di interventi consentiti, porterebbe a ritenere che siano possibili quelle opere già previste dalle leggi speciali. Tra queste vi potrebbe essere la Legge 10/1991, articolo 8 e, quindi, la trasformazione.
La differenza rispetto alla Legge 10/1991, articolo 26 comma 2, consisterebbe nel fatto che in presenza di diagnosi energetica o attestato di prestazione energetica (che devono preesistere alla delibera condominiale) è sufficiente la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio, mentre, in assenza dei predetti documenti, occorre la maggioranza speciale più elevata prevista dall'articolo 1120 comma 2 del codice civile.
Vero è, però, che se da indagini anche successive, dovesse emergere che il contenimento dei consumi non è stato raggiunto effettivamente, la delibera sarebbe contraria a legge e, quindi, nulla (in quanto tale impugnabile anche da chi aveva votato a favore ed oltre i soliti 30 giorni per le impugnazioni).
Ne conseguirebbe la condanna al ripristino dell'impianto centralizzato con i conseguenti costi.
Se la lettura qui sopra data fosse corretta, sarebbe in ogni caso opportuno far precedere l'intervento da una diagnosi energetica o da un attestato di prestazione energetica al fine di avere la certezza del contenimento dei consumi.
Qualche ulteriore problema, però, potrebbe sorgere per quelle leggi regionali che, in forza dell'articolo 117 della Costituzione, abbiano recepito le direttive europee in materia di contenimento dei consumi energetici, arrivando a vietare interventi quali quelli citati. In questi casi, dovrà essere la Corte Costituzionale a risolvere il dubbio.
Fonte : Casa24Plus

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