giovedì 15 dicembre 2016

La detrazione fiscale della provvigione pagata all'agenzia immobiliare


La detrazione fiscale della

provvigione pagata all'agenzia

immobiliare


Provvigione agenzia immobiliare. Facciamo chiartezza





Nel caso di acquisto di un'abitazione per il tramite di agenzia immobiliare è possibile fruire di detrazioni fiscali per la provvigione riconosciuta all'agenzia?
Se sì, qual è la misura della detrazione alla quale si è ammessi a godere?
La risposta ai quesiti va ricercata nel così detto TUIR, testo unico delle imposte sui redditi, altrimenti noto come d.p.r. n. 917 del 1986.
Prima di entrare nel merito della questione è utile rammentare che cosa s'intende per detrazione.
Detrazione fiscale
Siamo abituati a sentire parlare, ad esempio con riferimento alle ristrutturazioni edilizie, di detrazioni fiscali. Ma che cosa vuol dire, esattamente, detrazione?
La detrazione fiscale è quella somma che il contribuente ha diritto a scorporare dall'imposta lorda dovuta allo Stato.
Esempio: Tizio deve allo Stato, a titolo di Irpef, un'imposta lorda pari ad € 1.000,00, considerate varie spese effettuate, tuttavia, egli avrà diritto di detrarre da quella imposta la somma di € 180,00. Di conseguenza l'imposta netta che Tizio è tenuto a versare sarà pari ad € 820,00 (€ 1000,00 - € 180,00).
La misura delle detrazioni è stabilita dalla legge e può essere prevista:
a) in misura secca (es. detrazione fino ad € 100,00);
b) in percentuale sulla spesa sostenuta (es. detrazione del 19% della spesa);
c) in misura percentuale con un tetto (es. 50% fino ad un massimo di € 96.000,00, così come indicato per le detrazioni riguardanti ristrutturazioni).
La detrazione, poi, può essere fruita in un'unica soluzione oppure in più annualità (si vedano detrazioni fiscali per interventi edilizi).
Detrazioni per provvigioni degli agenti immobiliari
Rispetto ai compensi (provvigioni) corrisposte agli agenti immobiliari in ragione dell'acquisto di un immobile, l'art. 15 del d.p.r. n. 917 del 1986 stabilisce che:
Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:
[…]
b-bis) dal 1° gennaio 2007 i compensi comunque denominati pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza dell'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale per un importo non superiore ad euro 1.000 per ciascuna annualità” (art. 15, primo comma lett. b-bis, d.p.r. n. 917/86).
Nella propria guida su acquisto e vendita della casa l'agenzia delle entrate specifica che “la detrazione spetta a condizione che l‘acquisto dell'immobile sia effettivamente concluso. In caso di stipula del contratto preliminare, per poter usufruire della detrazione è necessario aver regolarmente registrato il compromesso” (Fonte: Guida Agenzia entrate).
Lo stesso ente, nel medesimo documento, specifica che se l'appartamento è acquistato da più persone, della detrazione beneficiano tutti i comproprietari che hanno concorso alla spesa sul massimo detraibile (cioè € 1000,00) e nella misura della rispettiva quota di comproprietà.


Fonte http://www.condominioweb.com/detrazioni-provvigioni-degli-agenti-immobiliari.13275#ixzz4SuDVCCbi
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La casa si può acquistare anche con un assegno scoperto?


La casa si può acquistare anche 

con un assegno scoperto?


L'assegno scoperto per la caparra non annulla il preliminare di vendita di un immobile





Ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo
dell'obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l'avvenuta emissione e la consegna del titolo. "Il preliminare di compravendita di un immobile è da ritenersi comunque valido anche in presenza di una caparra concordata emessa dal promissario acquirente che è risultata priva di provvista al momento della sua emissione".
Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24747 del 5 dicembre 2016 n. 24747 in materia di validità del contratto preliminare.
I fatti di causa. Caio (promissario acquirente) veniva citato in giudizio davanti al Tribunale da Tizio (promittente venditore) per la condanna in via principale al pagamento del doppio della caparra ex art. 1385 c.c., previo accertamento del legittimo esercizio di recesso dal contratto preliminare avente ad oggetto la promessa di vendita di un immobile di civile abitazione disatteso dal promittente alienante.
Chiedeva inoltre la condanna al risarcimento del danno, in accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento, ex art. 1453 c.c.
In primo grado, il Tribunale adito accoglieva la richiesta di Caio e condannava Tizio al pagamento del doppio della caparra.
In secondo grado, la corte territoriale riformava la sentenza impugnata e dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente in quanto, a parere della Corte d'Appello, il mancato adempimento (della caparra) era causa legittima di risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente. Avverso tale sentenza Caio ha proposto ricorso in Cassazione.
La caparra. È la somma di denaro o di altre cose fungibili che una parte versa all'altra come anticipo della prestazione finale (caparra confirmatoria) o come corrispettivo del diritto di recesso (caparra penitenziale).
I due tipi di caparra, seppure simili, sono molto diverse tra loro per presupposti ed effetti. La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) rappresenta una garanzia tramite la quale, in caso di inadempimento di una delle due parti (acquirente o venditore) se è inadempiente la parte che ha dato la caparra l'altra parte può: trattenerla e chiedere l'esecuzione del contratto o il risarcimento del danno subito; oppure, recedere dal contratto ritenendo la caparra.
Invece, se è inadempiente la parte che ha ricevuto la caparra l'altra parte può: chiedere l'esecuzione del contratto o il risarcimento del danno subito; oppure recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Quanto alla caparra penitenziale (1386 c.c.), la garanzia della possibilità del mancato adempimento è preventiva: quando una delle parti interessate, per esempio acquirente e venditore di un immobile, non intenda concludere un contratto la caparra ha la funzione di risarcimento al danno subito da una delle due parti.
Quindi se recede la parte che ha dato la caparra, l'altra parte può trattenere la caparra senza poter chiedere altro; se recede la parte che ha ricevuto la caparra, l'altra parte può esigere il doppio della caparra versata senza poter chiedere altro.
Il ragionamento della Corte di Cassazione. Secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che nel caso in esame, la caparra aveva perduto la funzione di rafforzamento del vincolo contrattuale dato che l'assegno con il quale si intendeva corrispondere la caparra concordata al momento della sua emissione era privo di provvista, perché la funzione della caparra era stata assolta dalla messa a disposizione della somma e non anche dall'immissione della stessa, nella disponibilità del destinatario.
Difatti secondo un orientamento giurisprudenziale di legittimità la caparra ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario anche se l'effetto proprio della caparra si perfeziona al momento della riscossione della somma recata dall'assegno, e quindi salvo buon fine (Cass. n. 17127/11).
Ed ancora,in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l'effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata; tuttavia, poiché l'assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell'obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l'avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo, invece, al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento (Cass. 17749/09).
Conformemente al citato orientamento giurisprudenziale, a parere della corte di legittimità, nel caso si specie il contratto di caparra, quale contratto reale, si era perfezionato.
Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha accolto il ricorso di Caio (promissario acquirente) e per l'effetto ha confermato la validità del preliminare di vendita.
Corte di Cassazione, del 5 dicembre 2016, n. 24747


Fonte http://www.condominioweb.com/assegno-scoperto-per-la-caparra-non-annulla-il-preliminare-di.13281#ixzz4SuAQpIjt
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sabato 10 dicembre 2016

Riduzione spese condominiali appartamento vuoto


Riduzione spese condominiali

appartamento vuoto


Appartamento vuoto e spese condominiali. Ecco perchè quasi sempre non è possibile pagare di meno







È possibile ottenere la riduzione delle spese condominiali di un appartamento vuoto?
È questa la domanda di un nostro lettore che specifica: "Da ormai due anni l'appartamento che prima utilizzavo come abitazione è vuoto perché mi sono trasferito in un'altra città. Dapprima ho pensato di affittarlo, ma poi ho preferito evitare perché a breve vorrei provare a venderlo.
Giacché è vuoto (anche di arredi) ho staccato tutte le utenze dirette (luce, gas e telefono) e così facendo ho ottenuto una riduzione della tassa sulla spazzatura. Mi sono quindi domandato se tale procedura mi può fare accedere automaticamente ad una riduzione delle spese condominiali. Mi potete aiutare?"
La risposta al nostro lettore è che, salvo particolari accordi con tutti i suoi vicini e/o clausole contenute in un regolamento condominiale contrattuale, egli dovrà continuare a pagare le spese condominiali nella misura piena.
Vediamo perché. Esiste una norma del codice civile, esattamente il secondo comma dell'art. 1123, la quale specifica che ogni condomino deve pagare le spese condominiali in base all'uso che può fare dei servizi e delle cose comuni.
Sovente questa norma viene utilizzata per sviluppare un ragionamento che è pressappoco questo: "Siccome il mio appartamento non è utilizzato da nessuno, allora lo utilizzo meno anzi non lo utilizzo proprio e quindi non devo pagare nulla o almeno devo pagare meno". Non è così.
La Cassazione ha chiarito che non si paga per l'uso effettivo, ma per quello potenziale. In una sentenza datata 1991 si legge che il secondo comma dell'art. 1123 c.c. "stabilisce una ripartizione delle spese in questione in misura proporzionale non già al valore della proprietà di ciascun condomino ma all'uso che ciascun condomino può fare di una determinata cosa comune - riguarda il caso in cui la cosa comune (più esattamente il servizio comune) sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa (inferiore o superiore al loro diritto di comproprietà sulle parti comuni); e, a tal fine, si deve avere riguardo all'uso che ciascun partecipante può farne, cioè al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all'uso che effettivamente ne faccia o non ne faccia"(Cass. n. 13161/91).
Così, ad esempio, mentre per quel che riguarda il servizio idricoevidentemente vi sarà una riduzione delle spese dovuto al fatto che non si consuma acqua, per l'ascensore, il portierato, oppure per il compenso dell'amministratore non si potrà, in via generale, addivenire ad alcuna riduzione poiché il condomino potrà sempre entrare nella propria abitazione, interagire con l'amministratore, ecc. al di là del fatto che questa sia abitata effettivamente.
La regola generale, tuttavia, soffre un'eccezione: un differente intercorrente tra tutti i condòmini che può essere contenuto in un regolamento di origine contrattuale oppure in un successivo atto siglato dagli stessi.
Questo accordo può prevedere modalità e termine della riduzione e/o dell'esenzione, stante il fatto che la materia della ripartizione delle spese condominiale rientra tra quelle disciplinabili da un accordo tra tutti i condòmini (art. 1123, primo comma, c.c.).


Fonte http://www.condominioweb.com/le-spese-condominiali-di-un-appartamento-vuoto.13264#ixzz4SQxTiHMo
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Certificazione energetica : un documento obbligatorio e utile se redatto opportunamente al miglioramento dell'efficienza energetica.

Certificazione energetica : 

un documento obbligatorio e 

utile se redatto opportunamente 

al miglioramento dell'efficienza 

energetica.


Attestato di Prestazione Energetica. Facciamo chiarezza.

Tra le varie considerazioni che bisogna tenere conto nell'acquisto di una abitazione, c'è la classe energetica.
Da qualche anno infatti sono molte le novità che riguardano un parametro fondamentale nella vendita ed acquisto di un immobile. Mentre prima era di secondaria importanza, ora è fondamentale che venga stabilita la classe energetica dell' edificio.
Ci sono diversi motivi per cui è importante la classe energetica, sia ambientali che economici. Una classe energetica di tipo "G", può indicare un'elevata età della struttura (ad esempio pareti non coibentate), degli impianti, dei materiali utilizzati e dunque i consumi che vengono generati sono maggiori.
Più consumo, più inquinamento, più spese.
E' per questo motivo che fare una riqualificazione energetica installando nuovi dispositivi (ad esempio sostituzione degli infissi oppure di una caldaia a condensazione a più alto rendimento) per portare un appartamento ad una classe energetica migliore è un'idea da considerare con molta importanza.
Una spesa iniziale può portare ad un forte risparmio di energia, meno inquinamento ed una struttura che acquista valore per una futura vendita.
Migliorare l'efficienza energetica del sistema edificio/impianto è quindi estremamente importante e una certificazione energetica mette in evidenza oltre alla classe energetica attuale dell'immobile anche gli interventi migliorativi che si potrebbero attuare per migliorare l'isolamento termico.
Per avere una certificazione energetica, è necessario rivolgersi a dei professionisti (in Regione Lombardia ad esempio accreditati presso CENED), che abbiamo l'abilitazione per potere certificare un' immobile; in particolare, sempre in Regione Lombardia, la recente normativa a seguito del D.G.R.
X/3868 attuata Decreto n. 6480 del 30 luglio 2015 pone in evidenza come devono essere fatti uno o più sopralluoghi presso l'immobile da certificare, questo fa quindi comprendere come le offerte online che con poche decine di euro consentono il rilascio di un attestato di prestazione energetica possano presentare delle insidie ed è consigliabile evitarle.
Non fatevi quindi abbagliare da un risparmio immediato, che vi comporterà poi a dovervi comunque rivolgere ad un professionista certificato e a spendere ancora soldi. Quello che viene rilasciato dall'incaricato si chiama APE, ovvero Attestato di Prestazione Energetica e questo avverrà sulle nuove norme UNI.
Ad esempio diventa obbligatorio stimare anche i consumi derivanti da ascensori, scale mobili e marciapiedi mobili. Tra i vari servizi affidabili ci permettiamo di menzionare quello offerto da ACE Consulting Certificazione energetica per la zona di Milano Monza Varese e Bergamo, oltre al rilascio di attestati di prestazione energetica possono supportarvi anche per le diagnosi energetiche.
Con le ultime normative, esiste una classificazione che va dall'ottimale "A4", fino alla peggiore "G". Bisogna poi ricordare al proprietario dell'immobile che vuole acquistare o affittare lo spazio, che l'APE ha una validità di dieci anni a meno di modifiche sostanziali che possano modificare l'efficienza energetica.


Fonte http://www.condominioweb.com/attestato-di-prestazione-energetica.13269#ixzz4SQu5PzYr
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