martedì 23 dicembre 2014

Legge di Stabilità approvata. Tutte le novità sulle agevolazioni fiscali per l'edilizia.

Legge di Stabilità approvata. Tutte le novità sulle agevolazioni fiscali per l'edilizia.


Prolungate di 12 mesi le detrazioni per lavori di ristrutturazione edilizia. Confermato l'ecobonus per i lavori di efficientamento energetico. Si introducono agevolazioni anche l'installazione di schermature solari e generatori di calore a biomasse. Prorogato anche il bonus per interventi antisismici.
La legge di Stabilità. Dopo un travagliato iter parlamentare, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva, il disegno di legge recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (c.d. legge di stabilità 2015)". L'articolo unico, contenente 735 commi, entrerà in vigore l'1 gennaio 2015, ovvero dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Tra le novità del maxiemendamento,per gli interventi di recupero abitativo e di ristrutturazione edilizia verrebbe confermata la possibilità di detrarre la quota massima del 50% (detraibile in 10 anni) delle spese sostenute nel 2015.
Quando si sostengono spese per lavori di ristrutturazione edilizia è riconosciuta un'agevolazione fiscale consistente in detrazioni dall'Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall'Ires (Imposta sul reddito delle società).
Prevenzione antisismica. La Legge di Stabilità conferma dell'incentivo nel 2015 al 65% per i lavori di prevenzione antisismica che già godevano di questo beneficio lo scorso anno.
Lavori condominiali. Nel testo viene precisato che le detrazioni per la riqualificazione energetica degli edifici si applicano, nella misura del 65 per cento, anche alle spese sostenute per interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del codice civile, per l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari e per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili.
La sottostante scheda, descrive analiticamente la situazione attuale.




Dal 26.06.2012 al 31.12.2014
La detrazione Irpef è salita al 50%
con un limite massimo di 96.000€ per ciascuna unità immobiliare



La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 €.
Dal 01.01.2015 al 31.12.2015
la detrazione Irpef scende al 40%
con il limite massimo di 96.000 € per unità immobiliare

Dal 1° gennaio 2016
la detrazione Irpef è pari al 36%
con il limite di 48.000 € per unità immobiliare


L'agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute nell'anno, secondo il criterio di cassa, e va suddivisa fra tutti i soggetti che hanno sostenuto la spesa e che hanno diritto alla detrazione.
Il d.l. n. 63/2013 e la legge di stabilità per il 2014(Legge n. 147/2013, G.U. 27.12.2013)hanno riconosciuto una detrazione del 50% anche sulle ulteriori spese sostenute, dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014, per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione.
IVA.
Per le prestazioni di servizi relative agli interventi di recupero edilizio, di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzati sugli immobili a prevalente destinazione abitativa privata, si applica l'aliquota Iva agevolata del 10%.
Chi può usufruire della detrazione?
Ha diritto alla detrazione, e pertanto beneficiare dell'agevolazioni, il contribuente, che per gli immobili per i quali si eseguono i lavori, risulta essere:
  • il proprietario o il nudo proprietario;
  • il titolare di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
  • l'inquilino o il comodatario;
  • i soci di cooperative divise e indivise;
  • i soci delle società semplici;
  • gli imprenditori individuali, solo per gli immobili che non rientrano fra quelli strumentali o merce;
  • familiare (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado) convivente del possessore o detentore dell'immobile, purché sostenga le spese e le fatture e i bonifici risultino intestati a lui.
Per godere dell'agevolazione fiscale occorre:
- inviare, (quando prevista), all'ASL competente per territorio, prima di iniziare i lavori, una comunicazione (con raccomandata A.R.);
- pagare le spese detraibili per mezzo di bonifico bancario o postale (da cui devono risultare la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto che paga e il codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento);
- indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione.
- conservare ed esibire a richiesta degli uffici determinati documenti (le abilitazioni amministrative in relazione alla tipologia di lavori da realizzare, la domanda di accatastamento per gli immobili non ancora censiti, la ricevute di pagamento dell'Imu, la delibera assembleare di approvazione dell'esecuzione dei lavori e tabella millesimale di ripartizione delle spese per gli interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali; in caso di lavori effettuati dal detentore dell'immobile, se diverso dai familiari conviventi, dichiarazione di consenso del possessore all'esecuzione dei lavori; la comunicazione preventiva contenente la data di inizio dei lavori da inviare all'ASL, se obbligatoria secondo le disposizioni in materia di sicurezza dei cantieri, le fatture e ricevute fiscali relative alle spese effettivamente sostenute, le ricevute dei bonifici di pagamento).
Occorre ricordare che sui bonifici effettuati, al momento del pagamento, banche e poste devono operare una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta dovuta dall'impresa che effettua i lavori, pari al 4%.
È bene evidenziare, invece, che con il d.l. n.70/2011 è stato soppresso l'obbligo dell'invio della comunicazione di inizio lavori.
Per quali lavori è possibile usufruire delle agevolazioni?
Per comprendere quali sono i lavori ammessi per godere del bonus occorre chiarire quali sono gli obiettivi del Legislatore. Infatti, se da un lato si cerca di contenere il fenomeno,molto diffuso in edilizia,dell'evasione fiscale,e dall'altro lato si cerca di promuovere questo settore economico, trainante per la nostra economia, un altro fine è quello di riqualificare il patrimonio edilizio esistente.Motivo per cui i bonus fiscali riguardano interventi eseguiti proprio sull'edilizia esistente e non su quella di nuova costruzione.
I lavori ammessi a detrazione sono quelli elencati nell'art. 3 del T.U. dell'Edilizia (d.p.r. 380/01), rubricato come: "Definizioni degli interventi edilizi". Le agevolazioni fiscali sono riconosciute per i lavori effettuati sulle unità immobiliari residenziali e sugli edifici residenziali quando si eseguono lavori elencati alle lettere b), c) e d) dell'articolo 3 del T.U. dell'Edilizia succitato.
Ovvero sono:
  • spese sostenute per interventi di manutenzione straordinaria (ad es. installazione di ascensori e scale di sicurezza), per le opere di restauro e risanamento conservativo (ad es. apertura di finestre per esigenze di aerazione dei locali),
  • per i lavori di ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze;
  • individuati dalle lett. a), b), c) e d) dell'articolo 3 su richiamato, invero interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria (la sostituzione di pavimenti, infissi ecc.), restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia), effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;
  • necessari alla ricostruzione o al ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, anche se detti lavori non rientrano nelle categorie indicate nelle precedenti lettere A e B e a condizione che sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
  • relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali,anche a proprietà comune.
  • diretti all'eliminazione delle barriere architettoniche, aventi a oggetto ascensori e montacarichi;
  • per la realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia idoneo a favorire la mobilità interna ed esterna all'abitazione per le persone portatrici di handicap gravi, ai sensi dell'art. 3, comma 3, della L. n. 104/1992;
  • di bonifica dall'amianto e di esecuzione di opere volte a evitare gli infortuni domestici;
  • pertinenti all'adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi;
  • rivolti alla cablatura degli edifici, al contenimento dell'inquinamento acustico, al conseguimento di risparmi energetici, all'adozione di misure di sicurezza statica e antisismica degli edifici, all'esecuzione di opere interne.
Occorre, inoltre, ricordare che al conseguimento di lavori volti al risparmio energetico è equiparata la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Infatti, fa parte dei lavori agevolabili l'installazione di un impianto fotovoltaico perla produzione di energia elettrica, poiché basato sull'impiego della fonte solare e,quindi, sull'impiego di fonti rinnovabili di energia (sul punto vedasi la Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 22/E del02.04.2013).


Condominio e infiltrazioni d'acqua, cosa fare quando si scoprono?

Condominio e infiltrazioni d'acqua, cosa fare quando si scoprono?


Pioggia chiama infiltrazioni d'acqua e problemi in condominio: di chi sono le responsabilità? Che cosa fare per risolvere il problema nel più breve tempo possibile?
Partiamo dal dato certo: rispetto ai danni da infiltrazioni, il proprietario del bene dal quale provengono è responsabile in via oggettiva quale custode del bene.
La norma di riferimento è l'art. 2051 c.c. a mente del quale
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Per lunghi anni è stato incerto il titolo di assunzione di questa responsabilità. Si tratta di una presunzione di colpa o d'una forma di responsabilità obiettiva?
Ormai da qualche anno è pacifico in giurisprudenza che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia abbia “carattere oggettivo e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta” (così Cass. 25 luglio 2008 n. 20427).
Ciò vuol dire che se vedo una macchia sul muro (o peggio se mi piove in casa), eccezion fatta per un caso fortuito imprevisto ed imprevedibile, il proprietario del bene dal quale proviene il danno deve risarcirlo.
È evidente, allora, che l'individuazione del responsabile è il primo passo da farsi. Per quanto sgradevole e seccante possa essere la situazione, evitiamo di inasprire i toni, ma al contempo mettiamo un punto certo. Questo, in tale fase, è una lettera scritta:
a) al proprietario del bene dal quale proviene l'infiltrazione;
b) all'amministratore di condominio se il danno proviene da parti comuni, se la provenienza è incerta ed anche se l'infiltrazioni proviene dal terrazzo a livello o lastrico solare di uso e/o proprietà esclusiva.
Nella lettera da inviare, tramite raccomandata con avviso di ricevimento (che può essere anche anticipata verbalmente, se lo si ritiene opportuno), si deve chiedere all'interessato un sopralluogo in contraddittorio per verificare lo stato dei luoghi, meglio se alla presenza di tecnici per comprendere le cause ed il da farsi e di conseguenza l'eliminazione della causa del danno, riservandosi le più opportune valutazioni sul da farsi. Come dire: risolviamo il problema e poi vedremo di quantificare il danno.
Mettere tutto per iscritto è fondamentale al fine di fissare una data certa rispetto al danno lamentato, in modo che nessuno in futuro possa dire che l'avviso non è stato tempestivo. Inutile, almeno nel primo contatto formale, utilizzare toni ultimativi; bisogna essere fermi nel chiedere la risoluzione del problema, ma non esasperare i toni: l'obiettivo dev'essere risolvere il problema, non litigare con chi l'ha causato.
Chiaramente se questa prima fase non avrà avuto gli esiti sperati, inutile indulgere ulteriormente: a quel punto meglio rivolgersi ad un legale per valutare le più opportune azioni.
Si badi: sebbene per i danni all'immobile il danneggiato è il proprietario, se l'appartamento è concesso in locazione, il conduttore ha diritto a vedere ripristinata la situazione di normalità per vivere in pieno confort l'appartamento. I suoi referenti sono il proprietario e l'amministratore nel caso di danni provenienti da parti comuni ed assimilabili (vedasi terrazzo e lastrico di proprietà o uso esclusivo, salvo il caso di danno causato dal proprietario o utilizzatore).



lunedì 22 dicembre 2014

Prestiti personali, quali criteri di valutazione usano le banche?

Prestiti personali, quali criteri di valutazione usano le banche?

I prestiti personali sono una forma di credito rischiosa per le banche, le quali prima di concederli effettuano una serie di valutazioni sul richiedente

a cura di Andrea Manfredi
22 dicembre 2014
 
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Quando arriva una spesa improvvisa o semplicemente si sta vivendo un momento di difficoltà economica, rivolgersi alle banche è spesso l’unica via percorribile. Ecco quindi che si sceglie di richiedere un finanziamento finalizzato, oppure, nel caso in cui si necessiti semplicemente di un po’ di liquidità, di informarsi sui prestiti personali offerti dagli istituti di credito alla ricerca di quello che presenti le condizioni più vantaggiose. Questa tipologia di credito è però molto rischiosa per le banche stesse, le quali applicano criteri di valutazione piuttosto severi.

I RISCHI PER LA BANCA - Questo perché, per ridurre il rischio di insolvenza la minimo, l’istituto deve verificare la presenza dei requisiti necessari per poter rimborsare il prestito senza troppe difficoltà. Innanzitutto l’affidabilità creditizia: se per caso ci è già capitato di aver avuto difficoltà nel pagamento di prestiti personali e di aver saltato delle rate, saremo con ogni probabilità statisegnalati alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. In questo caso è difficile che una banca si assuma il rischio di farci credito nuovamente.

I PARAMETRI PER VALUTARE - La politica di rischio che le banche adottano per capire quanto convenga loro fare credito ad un determinato soggetto contempla però anche altri parametri. Prima di erogare prestiti personali, infatti, gli istituti si informano anche sul reddito del richiedente e sulla consistenza delle sue entrate, così da capire se potrebbe avere difficoltà nel rimborso delle rate. In questi casi, la presenza di un’entrata mensile, stipendio o pensione che sia, è senz’altro un punto a favore, mentre la questione diventa più complessa per i lavoratori precari o con contratti atipici.

LE ALTRE GARANZIE - Se poi l’importo richiesto inizia a diventare di una certa importanza, allora è probabile che le banche richiederanno anche altre garanzie. Tra queste la più diffusa è la fideiussione, tramite la quale una terza persona si impegna a fare da garante al richiedente del finanziamento. Ricordiamo infine che tali criteri possono variare da una banca all’altra, motivo per cui potremmo vederci un finanziamento negato da un istituto e approvato da un altro.
FONTE : SOLDIWEB

L'Abi: nel prossimo biennio i prestiti risaliranno, ma la redditività bancaria resterà deludente

L'Abi: nel prossimo biennio i prestiti risaliranno, ma la redditività bancaria resterà deludente

L'Abi: nel prossimo biennio i prestiti risaliranno, ma la redditività bancaria resterà deludente

Nel prossimo biennio tornerà la crescita e continuerà il miglioramento del quadro dei prestiti bancari che risaliranno a partire dal 2015, mentre la redditività bancaria sarà molto contenuta fino a tutto il 2016.
E' quanto è emerso dalle indicazioni del Rapporto Afo, redatto dall'Abi insieme agli uffici studi delle principali banche operanti in Italia. Nel dettaglio, si stanno manifestando alcuni segnali di inversione delle tendenze che dovrebbero consolidarsi nel corso del 2015, con una crescita media annua del pil dello 0,6% che potrebbe poi quasi raddoppiare nel 2016 (+1,1%).
Nel prossimo biennio gli impieghi a famiglie e imprese dovrebbero tornare a crescere, pur in un contesto in cui rilevante rimane il rischio di credito: nel 2015 gli impieghi sono stimati in aumento dello 0,6%, per poi aumentare al +1,9% l'anno successivo. La redditività bancaria continuerà a essere però deludente: il Roe, sostanzialmente nullo nel 2014 (+0,1%), dovrebbe risalire all’1,1% nel 2015 e all'1,7% nel 2016. L'utile netto dell'aggregato del sistema salirà a 4,4 miliardi l'anno prossimo dai 0,2 del 2014. Pesa sia il rallentamento dei ricavi sia il costo del rischio con cui le banche saranno costrette a fare i conti lungo tutto l'orizzonte previsionale: il complesso delle rettifiche infatti assorbirà l'80% del risultato netto della gestione operativa.
Il rapporto, infine, ritiene che i rischi deflazionistici non si materializzeranno: si prevede per il nostro paese un tasso di inflazione un po' sotto il punto percentuale nel 2014 e 2015 e poco sopra il punto percentuale nel 2016.
FONTE :ITALIOGGI 

venerdì 19 dicembre 2014

Detrazioni: sì agli immobili ristrutturati

Detrazioni: sì agli immobili ristrutturati

 in “MutuiOnline informa
ristrutturazione
Al fine di incentivare la ristrutturazione degli immobili, il Governo ha prorogato l’aliquota di detrazione al 50% per il 2015, mantenendo il tetto di spesa dei lavori a 96.000 euro. L’incremento permette di detrarre dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) l’importo massimo di 9600 euro/annui per 120 mesi.
Il bonus è relativo a spese effettuate per restaurare abitazioni e parti comuni di edifici residenziali, mentre non è ammesso per altre destinazioni d’uso come negozi o edifici industriali.
Il soggetto legittimato a farne richiesta è la persona che effettua il pagamento dei lavori: ci sono però delle eccezioni di cui tener conto. In particolare la disciplina dell’articolo 16-bis comma 3 del TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi – prevede la possibilità di operare una detrazione “anche nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro sei mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile”. L’agevolazione spetta in questo caso al successivo acquirente dell’immobile in misura pari al 25% del prezzo dell'unità immobiliare risultante nell'atto pubblico di compravendita e, comunque, entro un importo massimo di 96.000 euro.
Facciamo un esempio: se il prezzo dell’immobile ristrutturato è di 200.000 euro, il futuro proprietario potrà usufruire di un bonus di 25.000 euro in 10 anni (25% di 200.000 = 50.000 euro, base imponibile su cui calcolare la detrazione;  50% di 50.000 = 25.000 euro)
La legislazione stabilisce i tempi massimi riguardanti sia l’ultimazione dei lavori da parte dell’impresa edile, che deve avvenire entro il 31 dicembre 2014, sia la sottoscrizione dell’atto notarile per la cessione dell’appartamento facente parte dello stabile ristrutturato, stabilita entro il 30 giugno 2015.
In caso di acconti, il futuro proprietario può avvalersi della detrazione a condizione che venga redatto un atto preliminare di vendita (o di assegnazione) dell’immobile e che la registrazione sia eseguita presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente. Nel caso in cui l’acconto sia stato versato in un anno differente da quello in cui viene effettuato il rogito, il contribuente può decidere di far valere la detrazione secondo due termini: nel periodo di imposta in cui sono stati pagati o nel periodo di imposta in cui viene stipulato l’atto del notaio.
Nell’eventualità in cui la casa nella quale sono stati realizzati gli interventi venga venduta anche dall’acquirente, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte può essere trasferita per i rimanenti periodi di imposta al successivo proprietario dell'immobile.
La documentazione utile che deve essere conservata ed eventualmente esibita dal contribuente è l’atto di compravendita o il preliminare di vendita registrato, dal quale risultino quanto stabilito dalla normativa. Può succedere che il preliminare o l’atto di acquisto non includano le indicazioni riguardanti la data di ultimazione della ristrutturazione e che l'immobile faccia parte di un edificio interamente ristrutturato: in questo caso, il contribuente deve essere in possesso di una dichiarazione rilasciata dall’impresa di costruzioni che dimostri tali condizioni.
A cura di 


FONTE : MUTUIONLINE                                                                                         
A cura di 

Mutui a tasso fisso o variabile, i consigli per risparmiare


Mutui a tasso fisso o variabile, i consigli per risparmiare

Oltre al fisso e al variabile, esistono soluzioni intermedie che vale la pena di tenere in considerazione

a cura di Redazione
18 dicembre 2014 
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IL VARIABILE RESTA IL PREFERITO - Si ferma il calo dei tassi sui finanziamenti per la casa registrato dall'Abi. Nell'ultimo bollettino mensile relativo al mese di novembre, come riporta il Sole24Ore, i tassi sui mutui concessi dalle banche italiane risultano essere rimasti stabili al 2,9%. Il dato sintetizzal'andamento dei tassi variabili e fissi, con questi ultimi che guadagnano posizioni. "Nell'ultimo mese, la quota del flusso di finanziamenti a tasso fisso è risultata pari al 28,1%, mentre era al 28,3% il mese precedente e al 23,9% a settembre". In termini di nuove erogazioni per l'acquisto di immobili, nei primi dieci mesi dell'anno si è registrato un incremento annuo del 30%. Complessivamente, i tassi sul totale dei prestiti sono scesi al 3,6% dal 3,7% di ottobre: si tratta del valore minimo dal dicembre 2010 (3,65%). E, soprattutto, si ferma dopo 30 mesi il calo dei prestiti concessi dalle banche italiane a famiglie e società non finanziarie. In novembre il dato registra infatti una variazione nulla, mentre l'ultimo rialzo si è registrato nell'aprile 2012.

FISSO O VARIABILE? - Cogliamo l'occasione per ricordare in che modo scegliere tra fisso e variabile. Come spiega Facile.it, il tasso fisso è calcolato sulla base dell’Eurirs (Euro Interest Rate Swap) e il variabile sulla base dell’Euribor (Euro Interbank Offered Rate), i due parametri di riferimento a cui le banche aggiungono lo spread, ossia la loro percentuale di guadagno reale sul costo del denaro per il calcolo del tasso vero e proprio. Il mutuo a tasso fisso consente di mantenere la stessa rata per tutta la durata del finanziamento. Il tasso viene stabilito al momento della stipula del contratto e da quel momento non può più variare. Il costo di base è più alto rispetto a quello del mutuo a tasso variabile, perché in questo modo (e con l’aggiunta dello spread) la banca si tutela da eventuali rialzi futuri del tasso di riferimento (l’Eurirs) che però, come detto, non inciderebbero sulla rata del mutuo.

VANTAGGI E SVANTAGGI - Riproponiamo i principali vantaggi e svantaggi del mutuo a tasso fisso e di quello a tasso variabile segnalati da Facile.it.

Vantaggi del tasso fisso
  • Il tasso non cambia e la rata resta sempre uguale
  • Conoscendo l’importo della rata è possibile pianificare in tutta tranquillità le proprie spese
Svantaggi del tasso fisso
  • Se non si verificano particolari condizioni di mercato, il tasso fisso è meno conveniente del variabile
Il tasso fisso è adatto a chi non vuole assumersi il rischio di spese impreviste e prevede di mantenere un reddito costante. È consigliato quando le previsioni di mercato annunciano un aumento del costo del denaro, quindi la crescita dei tassi.

Vantaggi del tasso variabile
  • Il tasso variabile all’inizio è più conveniente del fisso, a meno che l’Euribor cresca sensibilmente nel corso del tempo
  • In particolari condizioni di mercato è possibile che il tasso diminuisca ulteriormente
Svantaggi del tasso variabile
  • Il tasso variabile è “rischioso”: la rata può crescere e annullare la convenienza iniziale
È adatto ai mutuatari più propensi al rischio, dotati di un reddito medio-alto che può sopperire agli eventuali rincari della rata. È consigliato quando le previsioni di mercato annunciano un calo del costo del denaro (quindi la diminuzione dei tassi) o una sua probabile stabilità lungo un arco temporale medio-lungo, com'è in questo periodo nell'area euro, che poi è quella che ci interessa.

LE SOLUZIONI DI MEZZO - Oltre al fisso e al variabile, esistono soluzioni intermedie che vale la pena di tenere in considerazione.
  • Il tasso misto, per esempio, consente di passare dal fisso al variabile - e viceversa - una o più volte nel corso del mutuo (come sottolinea Facile.it, è bene leggere con attenzione le condizioni contrattuali della banca per conoscere esattamente le opzioni a disposizione). Certamente, la possibilità di cambiare il tipo di tasso ha un costo per il cliente, che dovrà sostenere uno spread leggermente più elevato per pagare l'opzione di cambio.
  • Il tasso a rata costante è di fatto un tasso variabile, che però applica gli effetti della variabilità sulla durata del mutuo e non sulla rata: se l’Euribor cala, la durata diminuisce, mentre se aumenta, la durata cresce di conseguenza, ma l’importo rateale resta invariato.
  • Il tasso variabile con cap pone un tetto massimo al tasso variabile, per scongiurare gli effetti di eventuali aumenti eccessivi del tasso di riferimento, al costo di uno spread più elevato applicato dalla banca. Si tenga presente, in ogni caso, che la scelta iniziale del tasso d'interesse non è più vincolante come un tempo. La possibilità di surrogare il mutuo consente infatti al cliente di "slegarsi" dalle condizioni di rimborso di una determinata banca, per cercare opportunità più convenienti modificando eventualmente anche il tipo di tasso.
  • FONTE : SOLDIWEB

Scatta l’obbligo delle valvole termostatiche: ma è un salasso

Scatta l’obbligo delle valvole termostatiche: ma è un salasso

Entro il 31 dicembre 2016 scatterà l’obbligo di installare su ciascun termosifone del proprio appartamento le valvole termostatiche con i contabilizzatori di calore.                                           Share on email


a cura di Redazione
19 dicembre 2014
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Secondo le direttive europee, entro il 31 dicembre del 2016 per tutti gli italiani che risiedono in condomini con riscaldamento centralizzato scatterà l’obbligo di installare su ciascun termosifone del proprio appartamento le valvole termostatiche con i contabilizzatori di calore.
 
RISPARMIO ENERGETICO - Il Fatto Quotidiano chirisce lo scopo della nuova norma, già entrata in vigore dalla fine di questa estate in Lombardia e in Piemonte. Si tratta, cioè, del cosiddetto‘Protocollo 20-20-20’ che prevede per il 2020 di diminuire del 20% le emissioni di Co2, incrementando nella stessa percentuale le fonti rinnovabili di energia. E, con questo ennesimo intervento di risparmio energetico, si dovrebbe anche consentire un risparmio medio annuale tra il 10% e il 30% del totale del combustibile utilizzato da ogni condominio. 
 
SPESE DI INSTALLAZIONE – Occhio però ai costi per l’installazione. Secondo una simulazione del Sole 24 Ore, per un appartamento di 80 mq dotato di 6 caloriferi servono 1.055 euro di spesa per installare le valvole termostatiche (in media si tratta di un’operazione che costa 120 euro a calorifero), compresi i costi per adeguare le pompe di circolazione dell’impianto condominiale da portata fissa a variabile. Importo che sfrutta già il maxi sconto fiscale del 65% (l’ecobonus – prorogato fino al 31 dicembre 2015 – si spalma su 10 anni sulla dichiarazione dei redditi).
 
SANZIONI - I condomini che non osserveranno la legge saranno soggetti ad una sanzione amministrativa compresa tra i 500 e i 2500 euro, a seconda delle disposizioni adottate dalle singole Regioni.

FONTE :SOLDIWEB

Ok se il mediatore comunica i vincoli gravanti sull'immobile verbalmente.

Ok se il mediatore comunica i vincoli gravanti sull'immobile verbalmente.



Una recentissima sentenza specifica che l'onere informativo, gravante sul mediatore, di rendere noto alle parti contraenti l'esistenza di circostanze note o conoscibili si intende adempiuto anche quando la comunicazione relativa all'esistenza di oneri gravanti sull'immobile sia stata effettuata solo verbalmente.
Il fatto. Un'agenzia immobiliare matura crediti nei confronti delle parti che concludono un affare (acquisto di un immobile), ma l'acquirente si rifiuta di pagare la provvigione spettante al mediatore.
L'agenzia immobiliare dopo aver maturato il suo diritto alla provvigione, poiché ha contribuito alla conclusione di un affare consistente nella compravendita di un immobile, chiede ed ottiene un decreto ingiuntivo che notifica all'acquirente recalcitrante al pagamento del compenso.
L'acquirente, convinto che il mediatore non abbia mai maturato il suo diritto alla provvigione poiché non gli ha specificatamente indicato nella proposta di acquisto alla quale ha aderito l'esistenza di trascrizioni pregiudizievoli sull'immobile in questione, si oppone al decreto ingiuntivo.
La sentenza di primo grado, però, non gli dà ragione e conferma il decreto ingiuntivo ritenendo pienamente legittime le pretese dell'agenzia immobiliare che richiede il pagamento della provvigione maturata per aver contribuito alla conclusione dell'affare.
L'acquirente, però, non demorde ed impugna dinanzi alla Corte d'appello tale sentenza, che però viene confermata dal giudice di secondo grado che ribadisce nuovamente il diritto del mediatore a pretendere la provvigione, poiché ha correttamente adempiuto all'obbligo informativo che la legge pone a suo a carico nel momento in cui ha informato verbalmente l'acquirente dell'esistenza divincoli gravanti sull'immobile oggetto dell'affare concluso.
Il ricorso in Cassazione. Nei due motivi posti a fondamento del ricorso l'acquirente sostiene che la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto sussistente il diritto alla provvigione del mediatore malgrado questi nel modulo contenente la proposta di acquisto non abbia fatto menzione dell'esistenza di oneri gravanti sull'immobile violando, in tal modo, quanto stabilito dagliarticoli 1755, primo comma, 1759 e 1175 e 1176 del codice civile.
La sentenza in commento non accoglie il ricorso smontando la tesi del ricorrente, e confermando in pieno il ragionamento seguito dai giudici nella sentenza di secondo grado; ritenendo che l'obbligo del mediatore di portare a conoscenza dei contraenti circostanze a lui note è adempiuto anche quando tali circostanze sono state comunicate alle parti solo verbalmente, poiché anche in tal modo l'obbligo di informazione è stato pienamente rispettato dal professionista
A tal riguardo la Cassazione nella sentenza in commento pur confermando l'orientamento giurisprudenziale già consolidatosi in materia (Cass. 16009/2003; Cass. 6926/2002) ne ha preso le distanze ritenendo che l'obbligo informativo che le norme del codice pongono a carico del mediatore, al quale la legge richiede l'osservanza di una media diligenza professionale, deve intendersi pienamente adempiuto anche nel caso in cui tale professionista si limita ad informaresolo verbalmente una delle parti contraenti dell'esistenza di vincoli giuridici gravanti sull'immobile (consistenti nel caso di specie in pesi e trascrizioni pregiudizievoli).
Dunque la Cassazione ha ritenuto che l'agenzia immobiliare dopo aver comunicato verbalmente all'acquirente la condizione giuridica dell'immobile, ha perfettamente rispettato il dovere informativo che la legge pone a suo carico, non essendo necessario ricorrere ad una comunicazione scritta per ritenere soddisfatto il medesimo obbligo.
A tale conclusione la sentenza appena commentata approda, come già detto, interpretando un orientamento costante della giurisprudenza di legittimità mantenendo, tuttavia, un atteggiamento critico ritenendo che comunque, quando il mediatore abbia comunicato anche se solo verbalmente l'esistenza di oneri gravanti sul bene oggetto dell'affare, egli ha adempiuto gli obblighi informativi che la legge pone a suo carico e pertanto ha pienamente diritto a percepire la sua provvigione.
Resta pertanto priva di pregio la tesi sostenuta dal ricorrente (acquirente dell'immobile oggetto dell'affare concluso a causa dell'intervento del mediatore), secondo il quale il mediatore non avrebbe diritto al suo compenso per non averlo informato per iscritto (e cioè attraverso la proposta di acquisto) dell'esistenza di oneri gravanti sull'immobile.
Giusto dunque ritenere che i contraenti devono essere informati dal mediatore dell' esistenza di circostanze note al professionista che possono influire sulla effettiva conclusione dell'affare, ma è altrettanto giusto imporre alla parte contraente che abbia beneficiato dell'affare concluso per effetto dell'intervento del mediatore il pagamento della provvigione poiché quest'ultima ha deciso di concludere l'affare (compravendita di un immobile) pur essendo stata già informata verbalmente dal professionista dell'esistenza di vincoli gravanti sull'immobile.
Corte di Cassazione del 5 dicembre 2014, n. 25800


Incendio in casa: i danni li paga il proprietario o il conduttore?

Incendio in casa: i danni li paga il proprietario o il conduttore?


In tema di danni da cose in custodia, nella specie di danni conseguenti ad un incendio sviluppatosi in un'unità immobiliare condotta in locazione, chi risponde del danno tra il proprietario ed il conduttore?
Alla domanda è stata fornita risposta dalla sentenza n. 25503 della Corte di Cassazione depositata in cancelleria il 27 novembre 2014.
Qual è la risposta? Questa: entrambi, in solido, se non è provato che la causa dell'incendio sia dovuta all'obbligo di custodia specificamente gravante su uno dei due interessati. Vediamo perché.
Danni da cose in custodia
Ai sensi dell'art. 2051 c.c. ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. (Da non perdere =>Nessuna responsabilità del condominio se prende fuoco il motorino di un condomino
La giurisprudenza, di merito e di legittimità, è ormai da anni orientata nell'affermare che la norma appena citata configuri un'ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del custode del bene (cfr. Cass. 25 luglio 2008 n. 20427).
Chi è il custode? Il custode è quel soggetto che esercita sul bene un potere di controllo e vigilanza.
È custode, quindi, a titolo esemplificativo:
a) il proprietario;
b) il conduttore;
c) l'usufruttuario;
d) chi ha sul bene un diritto d'uso;
e) il comodatario;
f) il possessore.
Se un'unità immobiliare, ad esempio, è concessa in locazione, il custode è solamente il conduttore o residua in capo al proprietario un'ipotesi di responsabilità?
Per rispondere alla domanda è utile guardare cos'ha detto la Cassazione in materia di spese di manutenzione nell'ambito del contratto di locazione.
Secondo gli ermellini, non rientrano tra le riparazioni a carico dell'inquilino a norma dell'art. 1609 c.c. quelle relative agli impianti interni della struttura del fabbricato (elettrico, idrico, termico) per l'erogazione dei servizi indispensabili al godimento dell'immobile, atteso che, mancando un contatto diretto del conduttore con detti impianti, gli eventuali guasti manifestatisi improvvisamente e non dipendenti da colpa dell'inquilino per un uso anormale della cosa locata, devono essere imputati a caso fortuito o vetustà, e pertanto le spese delle relative riparazioni gravano sul locatore che, ai sensi dell'art. 1575 c.c., comma 2 deve tenere costantemente l'immobile in stato da servire all'uso convenuto (Cass. n. 271/89) (Cass. 28 novembre 2007 n. 24737).
Come dire: le cose sulle quali il conduttore non ha diretto potere di signoria (e quindi di controllo) restano nella custodia del proprietario.
Quindi, per dirla con un esempio concreto, nel caso di danni da infiltrazione provenienti dalle tubature dell'appartamento, se la condotta danneggiata e incassata nei muri, il danneggiato avrà diritto al risarcimento da parte del proprietario.
E se non si riesce a comprendere da dove provenga il danno e quindi di chi sia la responsabilità? In questo caso, afferma il terzo comma dell'art. 2055 c.c., cioè in caso di dubbio le singole colpe si presumono uguali.
Lo stesso discorso vale nel caso d'incendio. Chiamata a decidere sulla responsabilità per i danni da incendio provenienti da un appartamento concesso in locazione, la Cassazione ha avuto modo di affermare che “in caso di danni derivanti a terzi dall'incendio sviluppatosi in un immobile condotto in locazione, la responsabilità per danno cagionato da cose in custodia si configura a carico sia del proprietario che del conduttore allorché nessuno dei due sia stato in grado di dimostrare che la causa autonoma del danno subito dal terzo è da ravvisare nella violazione, da parte dell'altro, dello specifico dovere di vigilanza ad esso incombente” (Cass. 27 novembre 2014 n. 25503).
Cass. 27 novembre 2014 n. 25503


Fonte : www.condominioweb.com


Nulli gli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica.

Nulli gli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica.


Secondo la Cassazione l'articolo 40 della legge n. 47/1985 sancisce un principio generale di nullità per quegli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica ed anche un principio di nullità formale.
Il fatto. Dopo aver acquistato un immobile l'acquirente cita in giudizio il venditore chiedendo l'accertamento della nullità del contratto a causa delle irregolarità edilizie che presentava l'edificio ormai non più sanabili. Il giudizio di primo grado giudizio si conclude con il rigetto della domanda.
Ma l'acquirente decide di impugnare tale sentenza dinanzi alla Corte d'appello ritenendo che, dal mancato adempimento dei tempi prescritti dalla legge n. 47 del 1985 per la regolarizzazione delle opere abusive realizzate su tale immobile, discenda la nullità del contratto avente ad aggetto la compravendita dello stesso.
La Corte d'appello smentisce ancora una volta la tesi dell'acquirente osservando che l'articolo 40 della legge n. 47/1985, al secondo comma, fa discendere la nullità degli atti di trasferimento di diritti reali di edifici esclusivamente dall'omessa menzione degli estremi della licenza edilizia da parte dell'alienante ovvero dalla mancata allegazione della relativa domanda di sanatoria.
A parere dei giudici di secondo grado, rilevato che nel caso di specie tali adempimenti erano stati compiutamente assolti dall'alienante, e prova dell'osservanza di tali adempimenti è fornita dall'aver allegato al rogito di compravendita gli estremi della licenza urbanistica e l'istanza della concessione in sanatoria corredata dalle prime due rate della tassa di oblazione. Pertanto, i giudici di secondo grado dopo aver preso atto di tali circostanze hanno ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, ribadendo che non sussistono le condizioni per dichiarare nullo l'atto di compravendita. =>L'immobile non si può vendere, il notaio non ha effettuato le dovute verifiche!
Ma l'acquirente non si arrende e decide di impugnare in Cassazione la sentenza stessa dalla Corte di Appello di Roma.
Il giudizio in Cassazione. Con il primo motivo il ricorrente, deduce infatti che la Corte di appello nell'ambito della decisione impugnata non è entrata nel merito della domanda di sanatoria, che avrebbe permesso al giudicante di valutare le inesattezze e le false attestazioni della stessa domanda ( peraltro accertate da una dettagliata CTU). Infatti, il ricorrente ha puntualizzato che la domanda di sanatoria non faceva alcun riferimento al fatto che gli abusi realizzati dall'originario proprietario dell'immobile ( parte venditrice nel contratto di compravendita) avevano dato vita ad una autonoma costruzione assolutamente diversa da quella progettata e con riferimento alla quale era stata rilasciata la licenza edilizia.
Pertanto gli abusi edilizi successivamente realizzati, che avevano consentito al venditore di realizzare nuova costruzione adiacente alla precedente, sarebbero rimasti tali e non poteva più essere sanati facendo ricorso alla possibilità di regolarizzazione prevista dalla legge n. 47/1985 in modo da rendere commerciabile l'immobile risultato degli abusi commessi.
Attraverso la sentenza dello scorso 5 dicembre la Cassazione, discostandosi da un suo precedente orientamento (Cass. Civ. 17.10.2013 n. 23591), torna sul tema della commerciabilità di immobili irregolari sotto il profilo urbanistico, rilevando che pur tenendo conto della non chiara formulazione del secondo comma dell'articolo 40 della legge n. 47/1985, da tale norma è possibile trarre “un principio generale di nullità degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica alla quale si aggiunge anche la nullità di carattere formale degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica o per i quali non è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli stessi”.
Secondo i giudici della Suprema Corte la Corte d'appello non si è attenuta a tale principio ragione per cui il primo motivo posto a fondamento del ricorso del ricorrente ( acquirente dell'immobile irregolare) deve essere accolto.
Accogliendo pienamente le richieste del ricorrente, quindi, la sentenza in commento della Corte di Cassazione si conclude con l'individuazione di un principio di nullità generale, di carattere sostanziale, degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica; al quale va ad aggiungersi una nullità formale per gli atti di trasferimento non in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, nel momento in cui tali circostanze non risultino dagli stessi.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, 5 dicembre 2014, n. 25811



Preliminare di vendita. Recesso è illegittimo se la controparte ha già versato quasi tutto il prezzo pattuito

Preliminare di vendita, per esercitare il recesso, l'inadempimento deve essere “di non scarsa importanza”

Preliminare di vendita. Recesso è illegittimo se la controparte ha già versato quasi tutto il prezzo pattuito

Il recesso del contraente non inadempiente previsto nell' art. 1385, comma 2, c.c. può essere esercitato solo se l'inadempimento della controparte è “di non scarsa importanza”. Per contro, il soggetto inadempiente può legittimamente richiedere la restituzione della somma senza avere esercitato l'azione di risoluzione del contratto.


Il caso – Il vicenda al vaglio del Tribunale di Foggia trae origine dalla stipula di un contratto preliminare di compravendita, avente ad oggetto un immobile il cui prezzo era stato pattuito in euro 83.000,00. La promissaria acquirente versava la somma di 77.000 euro; tuttavia, le parti non addivenivano alla stipula del contratto definitivo nei tempi concordati, sicché il promittente venditore contestava l'inadempimento della promissaria acquirente (non avendo questa pagato per intero il prezzo pattuito) ed esercitava il recesso per inadempimento ex art. 1385 comma 2 c.c., trattenendo i 77.000 euro a titolo di caparra confirmatoria.
Gli eredi della promissaria acquirente, allora, agivano per la restituzione della somma versata. Nell'ambito di tale giudizio, proponevano domanda di sequestro conservativo degli immobili del promittente venditore, a garanzia del credito. Il promittente venditore si opponeva al sequestro eccependo, tra l'altro, la non ammissibilità della richiesta di restituzione delle somme, atteso che la controparte avrebbe dovuto esercitare l'azione di risoluzione del preliminare.
Diritto di recesso e restituzione delle somme versate. Limitando il commento al merito della controversia, la questione ruota intorno alla corretta interpretazione ed applicazione dell'art. 1385 comma 2 c.c., ai sensi del quale “se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra”.
La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che, ai fini della legittimità del recesso di cui all'art. 1385 comma 2 c.c., come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente l'inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza prevista dall'art. 1455 c.c., dovendo il giudice tenere conto dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sul rapporto contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l'utilità del contratto alla stregua dell'economia complessava del medesimo. (Cass. civ. 13.1.2012, n. 409; Cass. civ. 23.1.1988, n. 398). =>Legittimo il recesso dal preliminare se manca il certificato di abitabilità.
In altri termini la Cassazione ci dice che il recesso ex art. 1385 c.c. non può essere esercitato a fronte di un qualsiasi inadempimento della controparte, ma solo se questo assume i contorni della “colpevolezza” e “non scarsa importanza”. Tale ragionamento si fonda su un esercizio non discrezionale del recesso, che, diversamente, porterebbe a situazioni di "ingiustizia sostanziale".
Per esercitare il recesso, l'inadempimento deve essere “di non scarsa importanza”.L'indagine da compiersi al fine di vagliare il corretto utilizzo del diritto al recesso va affettuata in base agli stessi criteri adottati nel caso di risoluzione per inadempimento ex art. 1455 c.c.: occorre una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l'interesse dell'altro al mantenimento del contratto.
Nel caso di specie, a fronte del prezzo concordato di euro 83.000, la parte promissaria acquirente aveva versato la somma di 77.000 euro. Il che porta a qualificare il suo inadempimento di “scarsa importanza”, avendo la stessa versato quasi per intero la somma pattuita. Di conseguenza, in Tribunale di Foggia, in punto di fumus boni iuris, ha ritenuto fondata l'esistenza del diritto invocato a sostegno della domanda di sequestro, attesa la probabile illegittimità del recesso esercitato dal promissario venditore, a fronte dell'inadempimento di scarsa importanza della controparte.
Quanto alla questione relativa alla domanda di restituzione della somma versata, tale domanda non rappresenta una mutatio libelli. Secondo il giudice, infatti, essendo stato venduto il bene oggetto del contratto preliminare ad un terzo, è ben possibile per il promissario acquirente optare per la reintegrazione del patrimonio in forma specifica, mediante la restituzione dell'eadem res debita. A mente dell'art. 1453 c.c., a fronte dell'inadempimento di una parte, l'altro contraente può chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. Nel caso di specie, dunque, il promissario acquirente non era tenuto a formulare domanda di risoluzione del preliminare, al fine di ottenere la restituzione delle somme corrisposte, atteso che il bene oggetto del preliminare è stato alienato ad un terzo. Di conseguenza, la richiesta di restituzione delle somme corrisposte vale come risarcimento del danno.

Ordinanza del Tribunale di Foggia, Sezione I civile, del 1.12.2014


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