venerdì 12 dicembre 2014

Incinta occupa con la famiglia un'abitazione dello IACP.

Quando lo stato di necessità giustifica il reato?

Incinta occupa con la famiglia un'abitazione dello IACP.

L'abusiva occupazione di immobili. Condannata a 600 euro di multa (beneficiando dello sconto di pena determinato dalla scelta del rito abbreviato), una donna incinta che, priva di una propria dimora, si era rifugiata con la propria famiglia all'interno di un alloggio dello IACP.
La pena è stata determinata dal riconoscimento della responsabilità per la commissione del reato di cui all'art. 633 cod. pen. (invasione di edifici), chepunisce appunto con la reclusione fino a 2 anni e con la multa fino a 1032,00 euro chiunque invada arbitrariamente immobili altrui al fine di occuparli.
La condanna veniva confermata in appello poiché anche il Tribunale, come il G.I.P. che l'aveva emessa, ha ritenuto che il reato fosse stato commesso inassenza di una causa di necessità, la speciale causa di esclusione di punibilità prevista dall'art. 54 del codice penale.
Lo stato di necessità. Recita infatti l'art. 54 del cod. pen.: “Non è unibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta”.
Il codice, quindi, prevede un'ipotesi di “scusabilità” applicabile in via generale a tutti i reati, a condizione che questi vengano commessi in una situazione di assoluta necessità.
Non ogni necessità però giustifica la commissione di un reato, ma solo quella di tutelare un diritto.
L'imputata fa leva proprio sull'esistenza dello stato di necessità di salvaguardare la propria salute e quella del nascituro, che l'avrebbero condotta a compiere il reato di occupare abusivamente un immobile destinato ad altre persone.
Ma anche la Cassazione la pensa diversamente da lei e la condanna viene confermata.
L'attualità del pericolo è elemento fondamentale per la sussistenza dell'esimente. Con sentenza del 15 ottobre scorso la Suprema Corte rigetta però il ricorso dell'imputata ritenendo non sussistenti nel caso di specie gli estremi per l'applicabilità dello stato di necessità. Gli Ermellini, ricordando come “la scriminante dello stato di necessità non coincide con l'esigenza dell'agente di reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi” (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 4292 del 01/02/2012), conferma la giustezza della sentenza e condanna l'imputata anche alle spese processuali del giudizio di Cassazione.
Sostiene infatti il Supremo Collegio che “Lo stato di necessità di cui all'art. 54 cod. pen. ricorre solo in presenza di un pericolo attuale di un danno grave alla persona” ed a sua volta “l'attualità del pericolo presuppone che, nel momento in cui l'agente agisce contra ius - al fine di evitare "un danno grave alla persona" - il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio” (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 43078 del 15/10/2014).
L'attualità del pericolo contrasta con la cronicità della mancanza di un alloggio.Richiedere che il pericolo sia imminente e circoscritto nel tempo significa impedire l'applicazione della scriminante dello stato di necessità in quei casi in cui il motivo per cui si delinque non sia di natura eccezionale e temporaneo. La stessa Cassazione è chiara nel sostenere che “L'attualità del pericolo esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti caratterizzate da una sorta di cronicità essendo datate e destinate a protrarsi nel tempo” (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 43078 del 15/10/2014).
In caso contrario, ove si giustificasse un reato anche in presenza di situazioni non contingenziali ma croniche (come quello appunto dell'assenza di un alloggio), “si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell'attualità del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio della norma. Pertanto lo stato di necessità, nella specifica e limitata ipotesi dell'occupazione di beni altrui, può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio non certo per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via definitiva, la propria esigenza abitativa” (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 43078 del 15/10/2014).
Occupare un alloggio è quindi sempre reato? Non esistono eccezioni? In linea di massima si può affermare che introdursi e permanere abusivamente in un immobile altrui (o ad altri destinato, come nel caso delle abitazioni dello IACP) costituisca un reato difficilmente scusabile, “anche nell'ipotesi di occupazione di un alloggio da parte di donna in gravidanza con rischio di aborto” (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 28115 del 13/07/2012).
L'unica possibilità di salvezza è data dalla dimostrazione che il pericolo da cui si fugge, rifugiandosi in un alloggio altrui, sia di natura transitoria ed eccezionale, temporanea ed imprevista, accompagnata sempre dalla dimostrazione dell'esistenza di quella “assoluta necessità della condotta ed inevitabilità del pericolo” (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 8724 dell'11/02/2011).
Diversamente l'eccezione diventerebbe ordinarietà e si finirebbe col rendere lecito l'illecito in via pressoché generale.
 Corte di Cassazione, sez. II Penale, 15 ottobre 2014, n. 43078



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