venerdì 9 agosto 2013

Locazione, morosità, pagamento in udienza e termine grazia: che cosa si può fare per evitare lo sfratto?

Locazione, morosità, pagamento in udienza e termine grazia: che cosa si può fare per evitare lo sfratto?

09/08/2013
di Alessandro Gallucci


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Il conduttore di un un’unità immobiliare ha tra i suoi principali obblighi quello di pagare i canoni pattuiti e gli oneri accessori (es. spese condominiali). Non farlo può voler dire esporsi ad un’azione giudiziaria che viene chiamata di sfratto per morosità.

La legge, tuttavia, pone dei rimedi per evitare una soluzione così drastica: in buona sostanza il legislatore ha previsto un meccanismo che consente di salvaguardare il rapporto contrattuale arrivato nelle aule di giustizia.

Il riferimento è all’art. 55 della legge n. 392/78 (la così detta legge sull’equo canone), rubricato Termine per il pagamento dei canoni scaduti,  che recita:

La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.

Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta.

In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato.

La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.

Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto.

In breve: il conduttore, alla prima udienza della procedura di sfratto, può pagare tutto quanto è dovuto (canoni, oneri accessori, interessi e spese liquidate dal giudice) oppure, se dimostra le difficoltà economiche può chiedere un differimento fino a 90 giorni per adempiere. 

Pagando subito o entro il così detto termine di grazia, il conduttore evita la risoluzione del contratto e quindi lo sfratto.

Sull’articolo in esame s’è creata, com’è normale che fosse, copiosissima giurisprudenza.

Sul quantum da pagare al momento della prima udienza se non viene richiesto e concesso il termine di grazia, la Cassazione non ha dubbi: il conduttore in quella data deve saldare tutto quanto il dovuto. 

In una recente pronuncia del Supremo Collegio, conforme ai numerosi precedenti in materia, si legge che “l'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 consente al conduttore di eliminare gli effetti dell'inadempimento da morosità e di estinguere il diritto alla risoluzione del contratto già sorto a favore del locatore pagando quanto dovuto per canoni scaduti, oneri accessori, interessi e spese. Da tale disposizione risulta dunque che il comportamento sanante del conduttore è predeterminato dal legislatore e consiste nel pagamento di quanto dovuto sino alla data della prima udienza e che solo le spese del giudizio sono determinate dalla liquidazione del giudice” (Cass. 29 luglio 2013, n. 18224).

Se si pagano, come ad esempio è avvenuto nel caso di specie, solamente i canoni, la norma non trova applicazione ed il giudice deve proseguire pronunciandosi sullo scioglimento del contratto ed il rilascio dell’immobile.

Fonte : condominioweb.com

Rumori, possono sentirli tutti ma se ne lamenta solo uno: è sufficiente per far scattare la condanna penale

Rumori, possono sentirli tutti ma se ne lamenta solo uno: è sufficiente per far scattare la condanna penale

09/08/2013
di Alessandro Gallucci


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Rumori in condominio e sanzioni penali: ovvero come un reato di pericolo possa costare caro.

Si tratta di fattispecie criminose nelle quali non c’è un danno ma solo il pericolo che certe condotte producono.

Nell’ambito di un diritto penale costituzionalmente orientato non sono ben visti

Dottrina e giurisprudenza distinguono tra pericolo concreto ed astratto

“Reati di pericolo concreto: sono reati di pericolo concreto quelli in cui il pericolo è elemento (esplicito od implicito) del fatto tipico. In questi casi il giudice deve accertare se nel singolo caso concreto il bene giuridico ha corso un effettivo pericolo”. 

L’incendio è un esempio tipico di reato di pericolo concreto.

“Reati di pericolo astratto (o presunto): sono invece reati di pericolo astratto quei reati nei quali il legislatore, sulla base di leggi di esperienza, ha presunto che una classe di comportamenti è, nella generalità dei casi, fonte di pericolo per uno o più beni giuridici: il pericolo è dunque la ratio dell’incriminazione, ma non è elemento del fatto tipico di reato; pertanto la sua sussistenza nel caso concreto non deve essere accertata dal giudice. Ciò che il giudice deve accertare è soltanto il verificarsi di quel comportamento che il legislatore ha ritenuto normalmente pericoloso”.

Tipico esempio di reato di pericolo astratto è quello del disturbo del riposo e delle occupazione delle persone. 

La norma di riferimento è l’art. 659 c.p. che recita:

Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.

Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità. 

Secondo la Cassazione "la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e dei riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicchè i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare". Anche ammesso, pertanto, che solo alcuni dei vicini - e in condizioni di particolare contiguità al locale del (…) - abbiano risentito dei rumori e schiamazzi molesti che questi produceva o (il che è lo stesso, avendo l'obbligo giuridico di impedirli) tollerava, nondimeno, per la diffusività manifesta delle dette emissioni di disturbo alla quiete pubblica, la condotta rimane penalmente (e non solo civilmente) rilevante” (Cass. pen. 4 aprile 2013 n. 20210).

In buona sostanza basta che ci sia un rumore che possa essere udito da un numero imprecisato di persone – indipendentemente dal fatto che possano averlo effettivamente udito una, due cento o nessuna persona – perché possa dirsi configurato il reato in esame.

Fonte : condominioweb.com

Riforma Catasto, Confedilizia: più tutele per il contribuente

Riforma Catasto, Confedilizia: più tutele per il contribuente

Chiesto confronto col Governo per poter intervenire nel merito dell’algoritmo e della determinazione delle rendite

06/08/2013 - “Il Governo continua a sottrarsi al confronto sulle implicazioni della riforma del Catasto”. Lo afferma Confedilizia, che nella struttura del testo non vede una adeguata tutela del contribuente.
Riforma Catasto, Confedilizia: più tutele per il contribuente



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Come sottolineato da Confedilizia, Tar e Consiglio di Stato intervengono solo in presenza dei vizi di legittimità, mentre le Commissioni tributarie giudicano anche nel merito. Per quanto attiene all’algoritmo giudicherebbero però solo sulla sua applicazione alla consistenza catastale per il calcolo della rendita.

Ciò significa, spiega Confedilizia, che l’algoritmo sarebbe impugnabile solo per vizi di legittimità e non per quanto attiene alla congruità.
Al contrario, per Confedilizia rendere impugnabile l’algoritmo risponderebbe ai principi costituzionali del giusto processo.

Per quanto riguarda le Commissioni censuarie e di autotutela, Confedilizia afferma che le prime, in cui sono presenti anche soggetti privati, funzionano solo per la validazione degli algoritmi, che non possono rientrare nei contenziosi,mentre le seconde possono intervenire solo verso l’Amministrazione che ha emesso il provvedimento.

Secondo Confedilizia bisogna invece trovare un sistema per salvaguardare il diritto del contribuente ad avere un rimedio giurisdizionale nel merito, ma anche evitare un eccesso di contenziosi.
Fonte : EdilPortale.com

giovedì 8 agosto 2013

Permessi di costruire in calo ma cresce la fiducia delle imprese

Permessi di costruire in calo ma cresce la fiducia delle imprese

Istat: a soffrire maggiormente è il settore dell’edilizia residenziale, buone le attese su ordini, piani di costruzione e occupazione

07/08/2013 - Calano i permessi di costruire sia nel settore residenziale che in quello degli edifici destinati ad uso diverso. Il dato, elaborato dall’Istat, Istituto nazionale di statistica, riassume la situazione del 2012, rapportandola anche col clima di fiducia in cui operano le imprese.
Permessi di costruire in calo ma cresce la fiducia delle imprese




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Come spiegato dall’Istat, i permessi di costruire relativi all'edilizia residenziale presentano una significativa contrazione rispetto allo stesso periodo del 2011, con una riduzione del 28,3% per le nuove abitazioni e del 26,4% per la superficie utile abitabile.

Più contenuta la diminuzione per i permessi di costruire relativi all’edilizia non residenziale, che si attesta al 17,9%.

Anche nel terzo trimestre del 2012 il numero di abitazioni dei nuovi fabbricati residenziali è sceso del 26,7% e nel quarto del 29,8%. Rispetto agli analoghi periodi del 2011, è calata anche la superficie utile del 24,7% e 27,8%.

Per l'edilizia non residenziale il calo è stato del 14,9% nel terzo trimestre e del 20,6% nel quarto.

Allo stesso tempo, secondo l’Istat sta migliorando il clima di fiducia delle imprese di costruzione. In particolare, a detta dell’Istituto nazionale di statistica a crescere sarebbero particolarmente i giudizi sugli ordini, sui o piani di costruzione e le attese sull’occupazione.








Fonte : EdilPortale.com

Sostituzione di delibera: istruzioni per l’uso per evitare un lavoro costoso ed inutile rispetto allo scopo

Sostituzione di delibera: istruzioni per l’uso per evitare un lavoro costoso ed inutile rispetto allo scopo

06/08/2013
di Alessandro Gallucci



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Il condominio Alfa si compone di 20 unità immobiliari in proprietà ad altrettante persone.

L’assemblea, come in tanti casi, viene convocata per l’esecuzione di lavori straordinari, esattamente per l’impermeabilizzazione del cortile e per il rifacimento della pavimentazione; essa, con il voto favorevole di 7 condomini e 480 millesimi delibera di l’esecuzione dei lavori e li affida all’impresa Alfa.

Uno dei condomini, che aveva proposto un’altra ditta, non ci sta e decide d’impugnare quella deliberazione. Motivazione? La mancanza dei quorum deliberativi. Se pur quei sette condomini rappresentassero la maggioranza degli intervenuti, mancavano comunque i 500 millesimi richiesti per la deliberazioni di lavori straordinari di notevole entità.

L’amministratore, una volta notificata la citazione, verificata la sostanziale fondatezza delle ragioni del condomino, decide di convocare l’assemblea.

Il motivo è semplice: sostituire la deliberazione contestata ed in questo modo “neutralizzare” gli effetti probabilmente negativi della causa sulle opere straordinarie per poi cercare di trovare un accordo.

Questo genere di soluzione è possibile e trova il proprio addentellato normativo nell’art. 2377, ottavo comma, c.c. che recita:

L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società, e sul risarcimento dell'eventuale danno.

Si tratta della così detta soccombenza virtuale per intervenuta cessazione della materia del contendere. In sostanza il giudice decide la causa solamente per valutare chi avrebbe avuto ragione o torto al fine di liquidare le spese processuali.

L’intento dell’amministratore, si diceva, è porre nel nulla l’impugnazione per poi proporre una transazione per le spese legali.

Così facendo il mandatario indice un’assemblea senza specificare granché sull’ordine del giorno se un accenno all’impugnazione. L’assemblea, preso atto, decide per l’esecuzione di nuovi lavori su altra parte del cortile questa volta con le maggioranza necessarie.

L’amministratore, convinto d’aver risolto la questione, presenta la delibera al proprio avvocato che però gli dice che la situazione non è cambiata.

La sostituzione della delibera, infatti, per quanto non prevede la necessità di utilizzare formule particolari che consacrino tale particolare adempimento, deve comunque avvenire in modo tale che sia chiaramente percepibile la volontà assembleare di porre nel nulla una precedente statuizione per sostituirla con l’ultima.

Importanti da questo punto di vista sono già gli ordini del giorno. In una sua recente pronuncia con la quale la Cassazione ha concluso per l’impossibilità di considerare una delibera sostitutiva di un’altra, ha fondato tale decisione proprio sugli ordini del giorno affermando che “se si confrontano i singoli punti del rispettivo "ordine del giorno” delle due assemblea (interamente trascritti nel ricorso, a pagg. 15 e 16) non si può dire che trattasi degli stessi argomenti, apparendo anzi del tutto diverse le questioni che si sarebbero dovuto discutere nelle rispettive assemblee” (Cass. 4 luglio 2013, n. 16774).

Insomma: tanta più chiarezza c’è (es. o.d.g. con scritto “sostituzione delibera del ____”) tanto meglio è.

Fonte : condominioweb.com

Se le parti stabiliscono che nel cortile si può solamente passare allora il parcheggio è vietato anche se non crea fastidio

Se le parti stabiliscono che nel cortile si può solamente passare allora il parcheggio è vietato anche se non crea fastidio

05/08/2013
di Alessandro Gallucci

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Come si usa il cortile comune?

Le norme primarie di riferimento sono quelle contenute nel regolamento condominiale assembleare: è a quest’atto, infatti, che la legge demanda la disciplina dell’uso delle cose comuni.

In mancanza o comunque pur nella sua presenza, per evitare che l’uso del singolo si trasformi in abuso e limitazione per gli altri, bisogna sempre ricordarsi che, ai sensi del primo comma dell’art. 1102 c.c., “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.

Esiste un atto, tuttavia, che supera tutti quelli fin’ora elencati: si tratta del titolo costitutivo di una servitù. Esso può essere contenuto in uno specifico contratto, negli atti d’acquisto o nel regolamento condominiale contrattuale. 

La servitù, per essere opponibili terzi e quindi senza necessità che debbano essere specificamente accettate ad ogni passaggio di proprietà dev’essere trascritta presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari (art. 2643 c.c.).

Esattamente che cos’è una servitù?

Ai sensi dell’art. 1027 c.c. “la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.

Un bene in comunione o in condominio dev’essere considerato fondo altrui ai fini della possibilità di costituire delle servitù su di esso ed a vantaggio delle singole unità immobiliari o di una proprietà appartenente ad uno dei suoi comproprietari (nel caso di comunione).

Ciò che è fondamentale è che l’utilità di cui parla la norma riguardi sempre direttamente il fondo e quindi solo indirettamente la persona del proprietario.

Il diritto di passaggio, ad esempio, riguarda si il proprietario che lo esercita ma prima di tutto il fondo che in quel modo potrà essere utilizzato o utilizzato più comodamente.

Ed il divieto di parcheggio? Può essere considerato parte di una servitù? Si, se nel titolo costituito si esplicitano i modi di esercizio di quel diritto, escludendo, chiaramente o implicitamente, questa modalità d’utilizzazione d’un bene.

In un caso risolto dalla Cassazione si discuteva in merito alla possibilità di parcheggiare in un cortile, sul quale esisteva servitù di passaggio. Secondo gli ermellini, che hanno bocciato la decisione del giudice di appello, il “divieto attiene pur sempre all'estensione ed alle modalità di esercizio di tale diritto, stabilendosi che la servitù medesima deve essere esercitata senza occupare in modo stabile o permanente il cortile stesso con veicoli, intendendosi così delimitare il contenuto del peso gravante sul fondo servente; tale rilievo spiega anche la ragione per cui deve escludersi che l'utilizzazione del cortile comune a parcheggio dei veicoli sia consentita ai sensi dell'art. 1102 c.c.; infatti proprio la costituzione di una servitù di passaggio su di una parte ben delimitata dello stesso impedisce un simile uso, in quanto tale titolo negoziale prevede le modalità secondo le quali i proprietari della particella (…) devono esercitare il passaggio per il cortile comune per accedere al proprio cortile; sotto tale profilo la sentenza impugnata non ha espresso argomentazioni persuasive in ordine alla compatibilità di un uso del cortile comune per parcheggio di autoveicoli con le modalità di esercizio della servitù di passaggio su parte dello stesso cortile in base al titolo costitutivo di cui al verbale di conciliazione giudiziale sopra richiamato” (Cass. 24 giugno 2013, n. 15787).

fonte : condominioweb.com

Cambio di destinazione d’uso delle parti comuni: alcune semplici indicazioni per comprendere quali norme applicare

Cambio di destinazione d’uso delle parti comuni: alcune semplici indicazioni per comprendere quali norme applicare

08/08/2013
di Alessandro Gallucci


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Ricordare il concetto d’innovazioni? No? Allora rinfreschiamolo.

“Per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).

Mutamento dell’originaria destinazione. L’evidenziazione non è casuale.

Prendiamo un altro elemento.

Art. 1117-ter c.c., ovvero disciplina del cambio delle destinazioni d’uso delle cose comuni. Il primo comma recita:

Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni.
I commi successivi, ovvero quelli dal secondo al quinto, chiariscono le modalità operative di tale deliberazione. Eccoli qui:

La convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.

La convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso.

La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi.

Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.

Una domanda, come si suole dire, sorge spontanea: se le innovazioni si sostanziano anche in mutamenti delle destinazioni d’uso, con l’entrata in vigore della riforma (vale a dire dal 18 giugno 2013) deve ritenersi che questo genere di innovazioni debba essere regolato dal succitato art. 1117-ter c.c.?

Ad avviso di chi scrive no. Spiego perché. Tutto ruota attorno alla diversa funzione delle norme.

Le innovazioni, a dirlo è al’art. 1120 c.c., mirano al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Ciò, però, non deve mai rendere che le parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Così fosse le innovazioni dovrebbero essere considerate vietate.

Per il cambio di destinazione d’uso la situazione è differente. Innanzitutto lo scopo è quello di soddisfare esigenze di interesse condominiale (es. mutare il vecchio locale lavanderia in sala riunioni). Si tratta, già così a prima vista, di qualcosa di diverso dall’interesse dei condomini  a godere al meglio delle cose comuni.

In secondo luogo non è previsto alcun divieto nel caso in cui dal cambio di destinazione d’uso derivi l’inservibilità per il singolo.

Ed allora? Ad avviso di chi scrive le innovazioni che comportano mutamento di destinazione d’uso di una parte comune ma che non mirano a soddisfare esigenze di interesse condominiale continueranno ad essere regolate dall’art. 1120 c.c.

fonte : condominioweb.com

venerdì 2 agosto 2013

Imu, tutte le ipotesi in campo per la revisione

Imu, tutte le ipotesi in campo per la revisione

Governo al lavoro su esenzione per le prime case, rimodulazione delle detrazioni e deducibilità per le imprese


02/08/2013 - Rimodulazione dell’Imu o sospensione definitiva della prima rata 2013. Sono diverse lesoluzioni allo studio del Governo per rendere più equa l’Imposta municipale unica in attesa che la delega fiscale aggiorni le rendite fiscali.
Imu, tutte le ipotesi in campo per la revisione

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Se da una parte si discute sulla rimodulazione delle detrazioni a favore delle abitazioni principali, sembra quasi certo un intervento a favore dei capannoni industriali, che dovrebbero vedere ridotta la pressione fiscale a loro carico.
Queste in sintesi le ipotesi presentate dal Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.
Esenzione totale dall’IMU per la prima casa e le pertinenze
Della proposta, che esclude gli immobili di lusso, beneficerebbero circa 17,8 milioni di contribuenti, ma ci sarebbe un effetto regressivo. I contribuenti con redditi tra i 75 mila euro e i 120 mila euro risparmierebbero 455 euro e quelli con redditi superiori a 120 mila euro 629 euro. Al contrario, il beneficio per i contribuenti più poveri sarebbe inferiore: per i contribuenti con reddito fino a 10 mila euro il risparmio sarebbe di soli 187 euro. Per evitare                                                                                                 tali distorsioni si dovrebbe prevedere quindi una nuova leva                                                                                             fiscale.
Incremento non selettivo della detrazione Imu per la prima casa
Al momento l’IMU sull’abitazione principale prevede una detrazione di base di 200 euro, maggiorata di 50 euro per ogni figlio convivente di età non superiore a 26 anni fino ad un massimo di 400 euro. La detrazione, compresa la maggiorazione, può, quindi, arrivare a un importo massimo complessivo di 600 euro. L’attuale meccanismo di detrazioni rende già esente dall’imposizione IMU sull’abitazione principale circa il 25% degli immobili.
L’incremento della detrazione di base fino a 500 euro consentirebbe di incrementare la platea dei soggetti totalmente esenti dall’IMU per l’abitazione principale. La perdita di gettito derivante da questa misura sarebbe di circa2,7 miliardi di euro. Di questa soluzione, si legge nel report presentato da Saccomanni, beneficerebbe in misura maggiore i proprietari di abitazioni con rendita catastale più elevata.
Su base territoriale l’ipotesi comporta inoltre una maggiore progressività, ma evidenti criticità per i Comuni di piccole dimensioni, nei quali mediamente la rendita delle abitazioni è di circa 298 euro, che vedrebbero quasi azzerato il gettito derivante dall’imposta.
Esenzione selettiva dall’IMU per la prima casa in funzione del valore
L’intervento prevede l’aumento a 437, 508 e 618 euro della detrazione per l’abitazione principale graduata in base alla rendita catastale. Nonostante gli effetti redistributivi positivi, la misura potrebbe incidere in particolare sui Comuni di minore ampiezza demografica dove sono concentrati immobili con rendite mediamente più basse della media nazionale. Le minori entrate dovrebbero quindi essere compensate con trasferimenti dal livello centrale di governo.
Incremento selettivo della detrazione IMU per la prima casa in funzione della condizione economica del proprietario
La misura ipotizza diverse modalità di intervento:
1. Esenzione per le abitazioni principali diverse dalle abitazioni di lusso con rendita catastale fino a 418 euro e incremento della detrazione da 200 a 280 euro per le altre abitazioni principali di cui sono titolari soggetti che dichiarano un reddito complessivo fino a 55 mila euro.
2. Esenzione per le abitazioni principali diverse dalle abitazioni di lusso con rendita catastale fino a 490 euro e incremento della detrazione da 200 a 330 euro per le altre abitazioni principali di cui sono titolari soggetti che dichiarano un reddito complessivo fino a 55 mila euro.
3. Esenzione per le abitazioni principali diverse dalle abitazioni di lusso con rendita catastale fino a 589 euro e incremento della detrazione da 200 a 400 euro per le altre abitazioni principali di cui sono titolari soggetti che dichiarano un reddito complessivo fino a 55 mila euro.
L’intervento comporterebbe effetti redistributivi positivi migliorando la progressività dell’imposta ma problemi per i piccoli Comuni, che vedrebbero ridursi la loro principale fonte di gettito. A beneficiare della misura sarebbero anche i potenziali evasori.
Incremento della detrazione per la prima casa decrescente in funzione della condizione economica del nucleo familiare
La misura propone di adattare l’accesso alla detrazione alla situazione reddituale del beneficiario facendo riferimento all’Isee. Secondo il report di Saccomanni, si potrebbe prevedere una detrazione aggiuntiva fino a 600 euro decrescente al crescere dell’indicatore Isee.  La detrazione aggiuntiva potrebbe essere sostitutiva a quella collegata al numero dei figli.
In questo modo si genererebbe una riduzione complessiva di gettito annuo pari a circa 2 miliardi. Le maggiori riduzioni di imposta sarebbero inoltre localizzate nei Comuni ad alta densità abitativa e con valori catastali mediamente più elevati. Il collegamento dell’Imu all’Isee giova anche per superare un problema sociale e redistributivo, legato alla situazione di pensionato solo o in coppia senza figli.
Esenzione selettiva dall’Imu per la prima casa a favore dei soggetti in condizione di disagio economico
La proposta cerca si risolvere la situazione dei soggetti che posseggono case di valore rilevante, ma percepiscono un reddito basso. Questo tipo di intervento affronterebbe la sostenibilità dell’imposta patrimoniale per i proprietari con redditi molto bassi.
Applicazione dei valori OMI per la determinazione della base imponibile Imu
Dal punto di vista redistributivo l’impatto principale del ricorso ai valori OMI per le abitazioni potrebbe ridurre la sperequazione esistente tra i valori di mercato e i valori catastali. Il ricorso ai valori OMI avrebbe inoltre un carattere temporaneo fino alla revisione organica degli estimi catastali. Ci sono però dei limiti perché i valori in questione sono riferiti allʹordinarietà degli immobili e allo stato conservativo prevalente nella zona omogenea. Si possono quindi ottenere solo valori di massima, che non rispecchiano i casi concreti.
Interventi contestuali ad altri tributi
Correlando l’Imu all’Irpef si risolverebbe l’asimmetria di trattamento tra abitazioni tenute a disposizione e abitazioni locate. Al momento, infatti, i possessori di immobili locati sono soggetti a due forme di prelievo, una sul reddito, l’Irpef o in alternativa e su opzione la cedolare secca, e una sul patrimonio, mentre i possessori di abitazioni a disposizione sono soggetti solo all’IMU. L’attuazione di questa misura comporterebbe però un aggravio della pressione fiscale a meno che non si proceda ad una rivisitazione complessiva delle aliquote delle imposte coinvolte.
Rimborso dell’Imu attraverso l’attribuzione di un credito di imposta o una detrazione Irpef e Esenzione dall’Imu per l’abitazione principale e contestuale rimodulazione della TARES
In questi modi, spiega la relazione del Ministro Saccomanni, si verificherebbe un incentivo perverso per gli amministratori, che aumenterebbero il prelievo sulle abitazioni principali ai livelli massimi, considerato che il diritto al rimborso dell’Imu sarebbe interamente a carico dello Stato. Con l’introduzione di una service tax, il presupposto del tributo si sposterebbe dal possesso all’uso dell’immobile. Nel caso di immobili locati l’imposta, a carico dell’inquilino, potrebbe necessitare di correttivi.
Deducibilità dell’Imu per le imprese
Come previsto dal DL 54/2013, deve essere predisposta la deducibilità dal reddito di impresa dellʹImu relativa agli immobili utilizzati per attività produttive. La perdita di gettito stimata in questo caso si attesta in circa 1,25 miliardi di euro. Secondo alcuni operatori, anche se la misura la costituisce da sempre una richiesta avanzata dal settore interessato semplice deducibilità dell’Imu ai fini Irpef e Ires non darebbe alcun beneficio alle imprese in maggiore stato di sofferenza o già in perdita.
 
Fonte : Edilportale.com

BUONE VACANZE DA PROSPETTIVECASA


L’appartamento in comunione ed il pastrocchio contenuto nella “riforma del condominio”: il rischio di empasse è molto alto

L’appartamento in comunione ed il pastrocchio contenuto nella “riforma del condominio”: il rischio di empasse è molto alto

02/08/2013
di Alessandro Gallucci 


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Prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio con riferimento agli appartamenti in comunione tra più persone, l’art. 67, secondo comma, disp. att. c.c. recitava:

Qualora un piano o porzione di piano dell`edificio appartenga in proprieta` indivisa a piu` persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nella assemblea, che e` designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.

L’attuale secondo comma della medesima norma, quello che si applica a far data dallo scorso 18 giugno, recita:

Qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'articolo 1106 del codice.

L’unica somiglianza è data dal fatto che si ribadisce che per quegli appartamenti in comunione può partecipare all’assemblea una sola persona.

L’unità immobiliare appartiene a marito e moglie in comunione dei beni? Solo uno può partecipare e votare all’assemblea (anche se il voto è unico sappiamo che per prassi nessuno invitava uno dei due coniugi ad andarsene).

L’appartamento è in proprietà a dieci persone (es. perché caduto in eredità)? Stesso discorso di cui sopra.

Il problema sta tutto nelle modalità di selezione dei partecipanti. Con la vecchia disciplina le parti dovevano mettersi d’accordo sul rappresentante in senso all’assemblea condominiale ed in mancanza di tale accordo decideva con sorteggio il presidente della riunione.

Con la nuova legge, invece, il rappresentante in senso al consesso condominiale dev’essere scelto dall’assemblea della comunione. E’ questo il senso del riferimento all’art. 1106 c.c. che recita:

Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente (maggioranza delle quote n.d.A.), può essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune.

Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore.

Il problema è che soprattutto nelle comunioni con molti partecipanti, arrivare alla costituzione dell’assemblea e ad una deliberazione non è cosa semplice. Bisogna convocare tutti quanti (per carità senza le formalità previste per il condominio, eccezion fatta per l’ordine del giorno); poi bisogna mettere d’accordo la maggioranza, e chi ha una quota in una comunione sa che questa non è cosa semplice. Teoricamente l’assemblea può tenersi anche il giorno stesso della convocazione se tutti sanno dove e su che argomenti si discuterà.

Il lato positivo è che, stante il silenzio della legge, non pare debba intendersi che bisogna fare così per ogni assemblea ma basta che il rappresentante venga nominato una sola volta così che la sua “investitura” durerà fino alla successiva revoca.

I comunisti, poi, potrebbero sempre delegare qualcuno senza assemblea purché siano tutti d’accordo.

E se non si riesce a fare tutto ciò? Il presidente può nominare per sorteggio un rappresentante? Sparito il riferimento dalla legge, la risposta sembra dover essere negativa? E nel caso si presenti solamente uno dei comunisti affermando d’essere stato delegato dagli altri, il presidente deve verificare la verità di tale affermazione? Si potrebbe rispondere no, perché il presidente non ha poteri d’indagine ma solo di verifica della regolare convocazione e costituzione e la parola di uno dei comunisti è da ritenersi sufficiente in base al generale principio dell’affidamento. Si tratta, però, è bene dirlo di domande “a risposta aperta” nel senso che il rischio di contrasti giurisprudenziali è molto elevato.

Fonte : condominioweb.com

Le opere su parti di proprietà esclusiva, il distacco dall’impianto di riscaldamento ed i poteri dell’assemblea

Le opere su parti di proprietà esclusiva, il distacco dall’impianto di riscaldamento ed i poteri dell’assemblea

02/08/2013
di Alessandro Gallucci



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 Che cosa deve fare il condomino che intende distaccarsi dall’impianto di riscaldamento condominiale?

Per anni la giurisprudenza ha specificato che ciò era possibile senza preventivo parere affermativo dell’assemblea, salvo diversa indicazione del regolamento contrattuale, purché dall’operazione non derivasse notevole squilibrio termico nel funzionamento né aggravio di spese per i condomini (cfr., tra le tante, Cass. n. 5974/04).

La legge di riforma modificando l’art. 1118 c.c. ha sostanzialmente recepito questo orientamento.

Il primo periodo del quarto ed ultimo comma dell’art. 1118 c.c. (in vigore dal 18 giugno 2013) recita:

Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. 

In sostanza, il condomino che vuole distaccarsi dovrà essere in grado di dimostrare che dalla sua azione non derivi danno per l’impianto e quindi per i suoi vicini. In tal senso può considerarsi risolutiva una relazione tecnica (preferibilmente una così detta perizia giurata).

Ottenuta questa certificazione, che cosa bisogna fare?

Al riguardo, ad avviso di chi scrive, al di là delle eventuali disposizioni contenute nei vari regolamenti di condominio, è necessario darne comunicazione all’amministratore.

I motivi sono sostanzialmente due:

poiché si va ad intervenire su cose comuni è bene che il legale rappresentante sappia di quanto si sta andando a fare;
poiché l’intervento riguarderà anche parti di proprietà esclusiva (l’impianto a servizio dell’unità immobiliare), troverà applicazione l’art. 1122 c.c. che recita:


Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.
In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea.

In pratica il condomino che intende distaccare il proprio impianto da quello centralizzato deve comunicarlo all’amministratore anche perché quest’ultimo possa riferirne all’assemblea.

Il secondo comma dell’art. 1122 c.c. non specifica entro quanto tempo debba temersi l’assemblea condominiale e di conseguenza se nelle more il condomino debba attendere. Ad avviso di chi scrive, il condomino può iniziare subito i lavori. Chiaramente, se l’amministratore ha il fondato sospetto che l’opera possa essere lesiva dell’impianto condominiale (es. perché ci sono stati già altri distacchi) dovrà convocare quanto prima l’assemblea per la deliberazioni delle decisioni in merito.

Ad ogni buon conto, in casi simili l’amministratore, senza preventiva autorizzazione assembleare, può ricorrere al giudice con un’azione così detta di denuncia di nuova opera per ottenere la sospensione dei lavori.

In nessun caso l’assemblea può vietare l’esecuzione dei lavori, non essendo previsto un potere assembleare in tal senso. Deliberazioni del genere dovrebbero essere considerate nulle per lesione del diritto dei singoli sulle cose comuni.

Fonte : condominioweb.com

giovedì 1 agosto 2013

Il test dei mutui sul mattone Usa: il rialzo dei tassi può frenare la ripresa?

Il test dei mutui sul mattone Usa: il rialzo dei tassi può frenare la ripresa?


di Michela Finizio 
23 luglio 2013



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Houston (Corbis)
Houston (Corbis)
Negli Stati Uniti la ripresa del mercato immobiliare residenziale sta per affrontare il primo vero test: nell'arco di soli due mesi, i tassi di interesse sui mutui sono balzati di un punto percentuale. Un movimento simile é successo solo due volte dal 1994 ad oggi e potrebbe scoraggiare i consumatori intenzionati a comprare una casa. Tanto che gli operatori iniziano a guardare con preoccupazione agli ultimi dati diffusi dalla National Association of Realtors (l'associazione degli agenti immobiliari) che, contro le attese, segnano un rallentamento della ripresa delle compravendite.
Gli acquisti di case sono calati dell'1,2% a giugno rispetto al mese precedente, arrivando a quota 5,08 milioni di unità, mentre gli analisti si aspettavano un rialzo dell'1,9% fino a 5,28 milioni di unità. Ma il caro-mutui può frenare ancora la ripresa del mattone Usa? E perché stanno tornando a salire i tassi di interesse? Secondo la Mortgage Bankers Association, i tassi su mutui 30ennali sono passati dal 3,59% dell'inizio di maggio al 4,68% delle prime due settimane di luglio. Si tratta del massimo da due anni. In pratica, per ogni 100mila dollari presi in prestito, l'incremento di un punto percentuale dei tassi significa 83 dollari al mese in più nella rata mensile.
I tassi sono aumentati in scia al rialzo a giugno dei rendimenti dei Treasury e dei bond
ipotecari
, registrato in conseguenza del forte sell-off dovuto ai timori di un rallentamento negli acquisti di obbligazioni da parte della Federal Reserve. Il piano di quantitative easing della banca centrale, da quando é stato lanciato l'anno scorso, ha spinto al ribasso i tassi di interesse. Gli acquisti di case hanno così registato un brillante incremento nell'ultimo anno, che altrimenti non sarebbe avvenuto. Ora però, nonostante le caute parole del presidente della Fed, Ben Bernanke, gli economisti non hanno cambiato le attese sulle prossime mosse della banca centrale americana: la Fed inizierà a ridurre gli acquisti di titoli di Stato e obbligazioni varie, riducendo di conseguenza le iniezioni di liquidità tanto benefiche per le Borse, a partire da settembre.
La settimana scorsa Ben Bernanke, ha detto al Congresso che se i rialzi dei tassi di interesse sui mutui avessero minacciato i recenti risultati del mercato residenziale, la Fed avrebbe intrapreso «misure supplementari». Di recente ha anche aggiunto che «le vendite di case hanno contribuito in modo significativo alla recente ripresa dell'attività economica nazionale. Le vendite di case, i prezzi delle case e le nuove costuzioni residenziali sono aumentati, sostenuti da tassi ipotecari bassi e da una maggiore fiducia dei consumatori. Il mercato immobiliare sembra destinato a continuare la sua ripresa, nonostante i recenti aumenti dei tassi ipotecari, ma sarà importante monitorare attentamente gli sviluppi in questo settore».
L'impennata dei tassi, infatti, potrebbe mettere alla prova gli appetiti dei potenziali acquirentinell'accettare i prezzi richiesti, forse tornando a frenare la ripresa delle quotazioni a cui abbiamo assistito nel real estate Usa nei primi sei mesi 2013. Questo significa che la ripresa del mercato immobiliare Usa è destinata ad arrestarsi? No, secondo gli esperti, se l'incremento dei tassi è una conseguenza di un più generale miglioramento dell'economica e non ad altri fattori speculativi. Basterà contenere il rialzo dei prezzi delle abitazioni. Nel frattempo, però, altre ragioni fanno pensare che questo aumento dei tassi sia più accentuato di quelli passati. Gli istituti di credito hanno allentato troppo lentamente gli standard del credito che avevano inasprito cinque anni fa, in seguito allo scoppio della bolla dei mutui subprime. Molti potenziali acquirenti hanno ancora livelli di debito troppo pesanti rispetto ai redditi, che al contrario non crescono altrettanto.
Inoltre, mentre i tassi dei mutui sono ai livelli più alti degli ultimi due anni, i costi correlati ai finanziamenti per la casa secondo la Federal Housing Administration sono ancora più elevati perché sono state introdotte e aumentate le tariffe assicurative. Lo squilibrio, infine, tra domanda e offerta (ancora carente rispetto al fabbisogno) continuerà a favorire i venditori, con prezzi che resteranno elevati, a fronte di un reddito medio che continua a diminuire, impoverendo gli americani. Ecco perché, secondo gli analisti, finché la situazione economica generale non tornerà in equilibrio, il settore immobiliare dovrà affrontare un percorso poco prevedibile.
Secondo gli economisti sentiti dal Wall Street Journal, tassi dell'ordine tra il 4,5 e il 5% sono ancora convenienti rispetto agli standard storici. E i tassi posso salire fino al 6%, così come i prezzi degli immobili possono aumentare di un ulteriore 20%, prima che l'investimento nel mattone non risulti più conveniente rispetto alle medie storiche. Eppure, secondo un sondaggio condotto dal sito internet specializzato in annunci immobiliari di vendita Trulia, il 41% dei potenziali acquirenti considera il rialzo dei tassi la preoccupazione principale, legata all'investimento nel mattone.
Fonte : Casa24Plus

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