sabato 28 marzo 2015

Amianto sui capannoni, credito di imposta del 50% per la bonifica

Amianto sui capannoni, credito di imposta del 50% per la bonifica


Collegato Ambientale: il Governo propone anche un Fondo da 17,5 milioni per la progettazione degli interventi di risanamento




























26/03/2015 - Credito di imposta del 50% per la bonifica degli edifici e dei beni produttivi dall’amianto. È l’obiettivo di un emendamento presentato dal Governo al Collegato Ambientale, allo studio del Senato per l’approvazione definitiva.
Amianto sui capannoni, credito di imposta del 50% per la bonifica
Se la misura proposta dall’Esecutivo dovesse essere approvata, gli imprenditori che nel 2016 avviano interventi di bonifica dall’amianto avranno diritto ad un credito di imposta del 50% delle spese sostenute. Potranno accedere al beneficio gli interventi di importo superiore a 20 mila euro.

I bonus saranno finanziati con una spesa di più di 17 milioni di euro, precisamente 5,667 milioni all’anno dal 2017 al 2019. Anche se gli interventi saranno avviati nel 2016, si potrà usufruire del credito di imposta dal primo gennaio del periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli interventi di bonifica, quindi dal 2017.
Il credito d'imposta sarà ripartito e utilizzato in tre quote annuali di pari importo e non concorrerà alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Il Governo ha proposto inoltre la creazione di un Fondo per la progettazione degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto, con una dotazione finanziaria di circa 17,5 milioni, di cui 5,536 milioni di curo per l'anno 2015 e 6,018 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.

Il funzionamento del Fondo sarà regolato con un decreto del Ministero dell’Ambiente, che individuerà  anche i criteri di priorità per la selezione dei progetti ammessi a finanziamento.
FONTE : EDILPORTALE 

La variazione della rendita catastale va sempre motivata

La variazione della rendita catastale va sempre motivata

Cassazione: solo con una chiara indicazione delle cause si può decidere se accettare o ricorrere contro il nuovo classamento


27/03/2015 - Le variazioni della rendita catastale devono sempre essere motivate. Lo ha ribadito la Cassazione, che con la sentenza 3165/2015 è tornata su un argomento molto dibattuto, confermando le posizioni già espresse in passato.
La variazione della rendita catastale va sempre motivata


Nel caso preso in esame dalla Cassazione, il proprietario di un immobile aveva presentato una denuncia di variazione della rendita catastale all’Agenzia del territorio, poi confluita nell’Agenzia delle Entrate, e questa aveva quindi provveduto al cambiamento della rendita iscritta.

Il contribuente, però, aveva chiesto una riduzione della rendita e, sostenendo che l’Agenzia avesse commesso un errore, aveva effettuato una stima diretta del valore. L’Agenzia aveva quindi impugnato questa stima intraprendendo un’azione giudiziaria.

In ultima battuta, la Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate sostenendo che il provvedimento di riclassamento deve essere congruamente motivato, indicando in concreto gli elementi che hanno contribuito al diverso classamento.

La Cassazione ha aggiunto che l’indicazione delle cause deve essere chiara. Non si possono quindi indicare in modo generico degli interventi pubblici che, migliorando la zona, hanno prodotto un aumento della rendita catastale dell’immobile.

Solo in questo modo, hanno affermato i giudici, si può decidere se contestare l’atto.
FONTE : EDILPORTALE

Prestazioni energetiche degli edifici, in arrivo il decreto

Prestazioni energetiche degli edifici, in arrivo il decreto

Ok della Conferenza Unificata ai metodi di calcolo e ai requisiti minimi che entreranno in vigore a luglio 2015


27/03/2015 - Via libera della Conferenza Unificata al decreto che fissa i nuovi metodi di calcolo e i nuovi requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici, che entreranno in vigore il 1° luglio 2015.
Prestazioni energetiche degli edifici, in arrivo il decreto

Nella seduta del 25 marzo scorso, è stata infatti sancita l’intesa sullo schema di decreto che ridefinirà le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, e i requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici.

Con il nuovo decreto, inizierà di fatto l’attuazione del DL 63/2013, convertito nella Legge 90/2013, che ha recepito la Direttiva Edifici a Energia Quasi Zero (2010/31/UE) sostituendo il Dlgs 192/2005.

Nello specifico, l’emanando decreto aggiornerà il Dpr 59/2009 che oggi definisce le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici, in attuazione dell’articolo 4, comma 1, del Dlgs 192/2005.

Oltre alle nuove metodologie di calcolo, il decreto rafforza gli standard energetici minimi per gli edifici nuovi e per quelli ristrutturati, ottimizzando il rapporto costi/beneficidegli interventi, per arrivare a realizzare gli Edifici a Energia Quasi Zero previsti dalla Direttiva.

Inoltre, il decreto punta ad una applicazione delle norme immediatamente operativa e omogenea in tutte le Regioni, per ovviare all’attuale frammentazione normativa dovuta all’ampia autonomia regionale nel recepire la precedente Direttiva 2002/91/UE.

Il provvedimento aggiornerà la metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici, tenendo conto dellenorme tecniche UNI/TS 11300-3 e UNI/TS 11300-4sulla climatizzazione estiva sull’uso delle rinnovabili, e della Raccomandazione 14 del CTI sul calcolo dell’energia primaria.

Per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, il rispetto dei requisiti minimi andrà verificato confrontando l’edificio con un edificio di riferimento (identico per geometria, orientamento, ubicazione, destinazione d’uso). Per gli edifici interessati da semplici riqualificazioni energetiche, relative all’involucro edilizio e agli impianti tecnici, sono indicati i requisiti minimi.

I nuovi requisiti minimi entreranno in vigore il 1° luglio 2015 e saranno resi più severi dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per gli altri edifici, per realizzare gli ‘edifici a energia quasi zero’.

FONTE : EDILPORTALE

IL NEGOZIO RICONSEGNATO IN CATTIVE CONDIZIONI

IL NEGOZIO RICONSEGNATO IN CATTIVE CONDIZIONI

L'inquilino lascia il negozio locato. Nel contratto è specificato, non solo che i locali vengono consegnati tinteggiati a nuovo, ma che lo stesso locale è nuovo e mai utilizzato prima d'ora. Adesso le pareti sono tutte tinteggiate con colori diversi dall'originale e presentanto i buchi delle viti che reggevano il mobilio. L'impianto elettrico è modificato e alcune suppellettili dei sanitari sono mancanti, così come anche alcune parti dell'impianto.Mancano parte dei battiscopa e sono presenti macchie di muffa. Nel pavimento c'è un buco utilizzato per uno scarico complementare. Per legge, che cosa si intende quando si dice che i locali sono riconsegnati come erano stati affidati, fatto salvo il "normale deperimento d'uso"?Quali sono i criteri per poter valutare se un locale è idoneo o meno ad essere restituito nollo stato in cui si trova? Se il locatario si rifiuta di sottoscrivere il verbale di riconsegna del locale con le chiavi, cosa accade?
Ove il locale sia stato affidato al conduttore in buone condizioni e sia, invece, stato riconsegnato con le pareti tinteggiate con colori diversi (rispetto a quelli originari), con fori nei muri, modifiche dell’impianto elettrico, privo del battiscopa, privo di alcuni sanitari, con presenza di macchie di muffa e di non meglio precisati buchi nel pavimento, il locatore può legittimamente rifiutare la riconsegna, con conseguente diritto al risarcimento dei danni (anche per il mancato utilizzo dell’immobile sino alla data del ripristino da parte dell’inquilino). E, infatti, per l’articolo 1590, comma 1, del Codice civile «il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta … ». Al conduttore – salvo diverso patto contrattuale – non sono consentite modifiche o innovazioni. In tema, la Suprema corte ha avuto modo di puntualizzare che «nell'ipotesi in cui l'immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all'inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, si trovi comunque in cattivo stato locativo, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all'obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, oppure per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni e/o innovazioni: nel primo caso, trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano l'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa, l'esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello status quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo, salvo diritto al risarcimento dei danni per violazione del disposto di cui all'articolo 1590 del Codice civile; nel secondo caso, invece, poichè l'esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un'attività straordinaria e gravosa, il locatore può legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta» (Cassazione 24 maggio 2013, numero 12977).Il « … deterioramento o il consumo … » cui fa riferimento l’articolo 1590, comma 1, del Codice civile è quello che consegue all’uso dell’immobile conforme al contratto (esemplificativamente: lo scolorimento del pavimento in legno, a causa del normale camminamento; lo scolorimento della tenda da esterno e delle persiane a causa del sole e degli agenti atmosferici; l’invecchiamento delle porte o degli infissi eccetera).Sia che rifiuti la riconsegna – anche perché il conduttore rifiuta di sottoscrivere il relativo verbale – sia che l’accetti, il locatore può agire giudizialmente per il risarcimento del danno, anche per il mancato uso dell’immobile nel tempo necessario al ripristino.
FONTE : CASA24PLUS

PER IMMOBILI IN COMODATO NON SI PAGA L'IRPEF

PER IMMOBILI IN COMODATO NON SI PAGA L'IRPEF

Il genitore, proprietario di un immobile classificato C/3 (laboratori per arti e mestieri), lo concede in comodato gratuito alla figlia per lo svolgimento dell'attività di artigiana. Si chiede se, ai fini delle imposte sui redditi, è corretto che l'immobile venga dichiarato nel modello Unico del proprietario, quale codice di utilizzo dev'essere indicato e qual è il valore imponibile.
Per effetto del criterio di alternanza, previsto dagli articoli 8 e 9 del Dlgs 23/2011, se l’immobile è soggetto a Imu e non è ceduto in locazione, non ricorre l’obbligo di assolvimento dell’Irpef in relazione alla sua rendita catastale (a questa regola soggiace anche l’immobile ceduto in comodato). Inoltre, qualora il contribuente sia titolare soltanto di redditi derivanti da un rapporto di lavoro dipendente (o pensione), dall’abitazione principale (con relative pertinenze) e da altri fabbricati non locati (o ceduti in comodato), egli è esonerato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione. Nella diversa ipotesi in cui questa debba essere presentata, nel quadro RB di Unico si indicano alla colonna 1 la rendita catastale (senza la rivalutazione del 5 per cento), e alla successiva colonna 2 il codice utilizzo "9", residuale rispetto a tutti gli altri codici. Infine, va valorizzata la colonna 10, dedicata all’Imu, versata in relazione al periodo d’imposta precedente. In ogni caso, la rendita catastale dell’immobile non concorrerà alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef.
FONTE : CASA24PLUS

È DI 4MILA EURO LA SOGLIA PER SCALARE IL MUTUO CASA

È DI 4MILA EURO LA SOGLIA PER SCALARE IL MUTUO CASA

Moglie e marito, in separazione legale di beni, hanno la residenza in luoghi diversi. Il marito fa parte dell'arma dei carabinieri. Ognuno dei coniugi, in anni diversi, ha comprato un'abitazione principale accendendo due diversi mutui: la moglie per l'abitazione principale A di cui solo lei è proprietaria, il marito per l'abitazione principale B di cui solo lui è proprietario.In sede di controllo della dichiarazione dei redditi per l'anno di imposta 2011, l'agenzia delle Entrate ha contestato che la somma degli interessi passivi (e delle spese accessorie detraibili) supera i 4mila euro, affermando che tale somma costituisce il limite non superabile.La somma di 4mila euro si applica anche al caso in esame o è possibile far valere qualche norma particolare?
Sembra di capire che il disconoscimento della detrazione venga contestato ad uno o ad entrambi i coniugi dal locale ufficio dell’agenzia delle Entrate, in quanto il limite di 4mila (lettera b, articolo 15, Tuir) è superato dalla somma degli interessi passivi derivanti dai due mutui. Fatta valida questa premessa, si evidenzia che ciascun coniuge ha diritto a conseguire la detrazione degli interessi passivi nella misura piena di 4mila euro. Questo limite infatti non va suddiviso fra gli stessi (2mila euro), poiché i mutui ipotecari sono finalizzati a finanziare l’acquisto di due distinti immobili, destinati, in modo indipendente, ad abitazione principale di ognuno. Il rapporto coniugale che intercorre fra loro non costituisce una preclusione a queste scelte, sia sul piano della legislazione civilistica che fiscale. Più in dettaglio, per quanto qui interessa, la circolare 39/E/2010 paragrafo 1.2 ha espressamente riconosciuto tale evenienza ammettendo ciascun coniuge a fruire della detraibilità degli interessi passivi nel limite di 4mila euro, in modo del tutto autonomo e non cumulativo.
FONTE : CASA24PLUS

CHI SUBENTRA NEL CONTRATTO ALLA MORTE DEL CONDUTTORE


CHI SUBENTRA NEL CONTRATTO ALLA MORTE DEL CONDUTTORE

Nell'85 mia madre ha stipulato un contratto di affitto con il Comune per un alloggio comunale, poi passato in gestione Aler nel 2010. Alla morte di mia madre, come bisogna fare per il subentro? Valgono le regole in vigore alla stipula del contratto (4+4 tacitamente rinnovato) oppure valgono tutte le modifiche fatte da Aler negli anni successivi?
Ai sensi dell'articolo 6 della legge 392 del 1978 (equo canone), in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi e i parenti e affini con lui abitualmente conviventi. Se nel contratto concluso con il Comune, o nelle successive modifiche apportate da Aler, non vi sono clausole diverse, gli eredi conviventi con la madre del lettore hanno pertanto diritto a proseguire nel rapporto con i termini e le condizioni del contratto originario. Ciò anche per quanto riguarda la durata o il rinnovo del contratto in quanto la sostituzione, stabilita per legge, del titolare al subentro rispetto all'originario conduttore non incide sulla durata del rapporto stesso.
FONTE : CASA24PLUS

Allarme mutui: in arrivo regole più stringenti per l'erogazione dei prestiti per la casa

Allarme mutui: in arrivo regole più stringenti per l'erogazione dei prestiti per la casa


Il comitato di Basilea sta discutendo un documento che inasprisce le condizioni per la concessione dei prestiti. 

a cura di Redazione
25 marzo 2015 
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A preoccupare il sistema bancario sono le nuove regole internazionali sui mutui. Secondo quanto riporta Milanofinanza, il comitato di Basilea sta discutendo un documento che inasprisce le condizioni per la concessione dei prestiti, penalizzando chi chiede un finanziamento per l'acquisto di una casa con un “loan to value” (proporzione tra prestito e valore dell'immobile) superiore al 50-60%.

RISCHIO MUTUI - Al centro dell’esame un nuovo sistema d ponderazione del rischio dei mutui. L’obiettivo è quello di evitare una situazione analoga a quella accaduta con i mutui subprime negli Usa, concedendo prestiti a chi è poi incapace di restituirli. Per fare ciò il comitato ha pensato di introdurre di inasprire i criteri basati sulla proporzione fra prestito e valore dell'immobile e quello tra rate e reddito disponibile (Debt service coverage o Dsc). L'idea è quella di prevedere Dsc più stretti per chi richiedere un mutuo con un Ltvs superiore al 50-60% (che al momento arriva fino al 35%)

CHI PENALIZZA - Penalizzati sarebbero soprattutto i richiedenti di fascia media, che non hanno a disposizione un capitale iniziale tale da coprire il 40-50% del valore dell'immobile da acquistare. Questi dovranno dimostrare di poter disporre di un reddito elevato, capace di coprire più di tre volte le rate del mutuo.

LE ALTRE NOVITA’ - Quelle previste dal Comitato di Basilea sono solo alcune delle novità previste per il mercato dei mutui. È già stata approvata in sede europea e sarà recepita a marzo entro il 2016, la nuova direttiva, che rende più omogenee in Europa le procedure e la documentazione per i mutui, al fine di favorire la trasparenza tra banche e clienti.
FONTE : SOLDIWEB

venerdì 27 marzo 2015

Che cosa fare se l'ex inquilino non cambia residenza?

Che cosa fare se l'ex inquilino non cambia residenza?

Che cosa fare se l'ex inquilino non cambia residenza?
Buongiorno amici di Condominioweb; mi trovo in una situazione un po' paradossale.
Vi spiego: qualche mese fa il conduttore di un appartamento di mia proprietà ha cambiato casa. Tutto bene per la consegna delle chiavi e della caparra, ma dopo è avvenuto qualcosa di inaspettato. Facendo delle ricerche presso il Comune ho scoperto che l'ex inquilino non aveva ancora cambiato residenza.


Insomma non abita li ma risulta ufficialmente residente. L'ho chiamato ed ha glissato seccato con un vago: “Me ne occuperò quanto prima!” Che cosa posso fare per ottenere il cambio di residenza d'ufficio?
La questione non è di poco conto e spesso può portare con sé conseguenze sgradevoli. Si pensi aitentativi di pignoramento (presso la residenza), ma anche semplicemente alle seccature che ne discendono per la consegna della corrispondenza.
Partiamo dal dato certo che impone ad ogni persona di segnalare al Comune competente il cambio di residenza. Si tratta dell'art. 2, primo comma, legge n. 1228 del 1954 che recita:
È fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell'art. 44 del Codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del Comune di precedente residenza.
Il d.p.r. n. 223 del 1989 – che della legge n. 1128 rappresenta regolamento di attuazione – specifica che tra le dichiarazioni che le persone sono tenute ad effettuare all'ufficiale dello stato civile v'è anche quella inerente il cambiamento di abitazione (cfr. art. 13 d.p.r. n. 223/89).
Questi gli obblighi della parte interessata, nel nostro caso l'ex inquilino. Che cosa accade se esso non adempie a quanto prescritto dalla legge? =>Ecco quali sono le regole da seguire per trovare un inquilino affidabile.
Come si suole dire in casi simili, al proprietario dell'appartamento non resta che rivolgersi alle autorità competenti, nel caso di specie il Comune e più nello specifico l'ufficio anagrafe.
L'Ufficiale di Stato civile, lo ricorda l'art. 4, secondo e terzo comma, l. n. 1128/54 “può disporre le indagini per accertare le contravvenzioni alle disposizioni della presente legge e del regolamento per la sua esecuzione” ed può invitare “le persone aventi obblighi anagrafici a presentarsi all'ufficio per fornire le notizie ed i chiarimenti necessari alla regolare tenuta dell'anagrafe. Può interpellare, allo stesso fine, gli enti, amministrazioni ed uffici pubblici e privati”.
Al termine di queste indagini l'Ufficiale di Stato civile comunica agli interessati le loro risultanze (cfr. art. 15 d.p.r. n. 228/89) e commina le dovute contravvenzioni.
Contravvenzioni? Il termine riguarda la vecchia formulazione che prevedeva delle sanzione penali pecuniarie. Ad oggi, comunque, risultare inadempimenti rispetto ai propri obblighi anagrafici comporta, se il fatto non costituisce reato più grave, la sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 250.000 (cfr. art. 11 l. n. 1128/1954).


Tinteggiatura della casa: a chi spetta alla fine del contratto di locazione?

Tinteggiatura della casa: a chi spetta alla fine del contratto di locazione?

Ho abitato per otto anni (contratto quattro più quattro) in una casa che adesso ho lasciato perché è scaduto il contratto.
È sorto un problema con il proprietario: lui dice che avrei dovuto lasciare l'immobile pitturato a nuovo. Io, però, ricordo che al momento in cui sono entrato lui non me l'ha lasciato in quella condizione, tant'è che fui io a provvedervi.
Chi ha ragione?
La questione della tinteggiatura dell'appartamento non trova una specifica disciplina nelle norme legislative: insomma per dare risposta al quesito dobbiamo guardare alle norme generali, al contenuto del contratto ed alla prassi sull'argomento.
Quali sono gli obblighi del proprietario?
L'art. 1575 c.c. specifica che il locatore deve consegnare la cosa in buono stato manutentivo, mantenerla idonea all'uso convenuto e garantirne il pacifico godimento.
Sicuramente lo stato di tinteggiatura dei muri rientra nel concetto di buono stato manutentivo se gli stessi sono molto sporchi o comunque rovinati. Il normale uso precedente non comporta obbligo di tinteggiatura. Conguaglio condominiale di fine anno cosa paga l'inquilino?
In questo contesto, sul conduttore grava l'obbligo di mantenerla in buono stato e riconsegnarla nel medesimo stato in cui l'ha ricevuta, “salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto” (art. 1590 c.c.).
Il fatto che i muri, nel corso del tempo, si sporchino è cosa che riguarda il deterioramento dovuto al normale uso, tuttavia questa valutazione dev'essere fatta anche alla luce del contenuto del contratto e della prassi, fermo restando che al normale deterioramento non può mai corrispondere la sporcizia eccessiva dovuta a trascuratezza. (A chi spetta pagare la tinteggiatura delle scale?)
La prassi, in molti contesti, prevede che se la casa viene consegnata con le pareti tinteggiate, il conduttore, al momento della riconsegna, deve fare lo stesso. Viceversa nessun obbligo incorre sull'inquilino se egli l'ha ricevuta con le pareti non “tinteggiate a nuovo”, salvo il caso di deterioramento eccedente il normale uso, o il caso di tinteggiatura con colori differenti non concordati. Rispetto alla prassi può essere utile considerare quanto prescritto nelle raccolte degli usi e consuetudini tenute presso le Camere di Commercio.
Prima delle prassi, tuttavia, viene il contenuto del contratto. Molto spesso, infatti, le parti disciplinano anche questo aspetto della locazione (es. pareti tinteggiate dal proprietario al momento dell'inizio della locazione che devono essere lasciate dal conduttore nel medesimo stato al suo termine, ossia tinteggiatura finale a carico di quest'ultimo).
Nella tabella della ripartizione degli oneri accessori (e delle spese riguardanti l'unità immobiliare) allegata all'accordo tra le principali associazione tra proprietari ed inquilini (che possono avere forza vincolante solamente se richiamate negli accordi individuali) è stabilito specificamente la spesa per la tinteggiatura delle pareti è a carico del conduttore (http://www.condominioweb.com/img_art/Tabella-oneri-registrata_aggiornata.pdf).
Si badi: questa disposizione non sancisce l'obbligo di riconsegna dell'appartamento con le pareti ri-pitturate. Ciò vuol dire che nel caso in cui il conduttore le abbia tinteggiate all'inizio del contratto, egli non avrà lo stesso obbligo al suo termine, se il deterioramento è dovuto al normale uso.


giovedì 19 marzo 2015

Mercato immobiliare, più liquidità e maggiore fiducia per il 2015

Mercato immobiliare, più liquidità e maggiore fiducia per il 2015


 in “MutuiOnline informa

mercato immobiliare italiano
Un’inversione di tendenza ha caratterizzato il mercato immobiliare nel 2014, mutando anche le percezioni e le aspettative degli stakeholders.
Il cambiamento del settore rispetto agli ultimi anni di crisi è dipeso principalmente dalle riforme strutturali operate dagli ultimi due governi e dal ritorno di fiamma da parte degliinvestitori internazionali. Tuttavia, la strada per una totale ripresa è ancora lunga: lo dimostra la natura degli investimenti e l’eccessiva prudenza e selettività nell’erogazione dei mutui, anche se per questi ultimi i dati del primo bimestre sono più che incoraggianti.
Nonostante il livello di tassazione italiano sugli immobili sia cresciuto negli ultimi anni – quasi raddoppiato rispetto al 2010 –, sono state adottate alcune politiche che hanno avuto come obiettivo principale quello di ridare liquidità al sistema. Tra queste c’è sicuramente la riforma delle SIIQ,Società di Investimento Immobiliare Quotate, che in passato non hanno avuto il successo sperato. Sono state infatti eliminate una serie di peculiarità che le rendevano differenti rispetto alle altre del resto d’Europa, soprattutto di quelle francesi, inglesi e spagnole, superando gli ostacoli collegati all’afflusso di capitali esteri.
La novità più importante riguarda la possibilità di poter investire sui fondi immobiliari: la disposizione prevede che almeno l’80% del patrimonio immobiliare delle SIIQ sia messo a reddito. Con l’aumento del numero di società (in Italia ce ne sono solo 2), si spera di poter incrementare la domanda di acquirenti del patrimonio immobiliare che gli enti pubblici hanno collocato sul mercato.
Nel quadro delle riforme rientra anche la liberalizzazione dei contratti delle grandi locazioni non abitative. La disciplina era caratterizzata da elementi poco flessibili e predeterminati dalla legge, quale la durata della locazione, le ipotesi di recesso del locatore, i limiti a prevedere una revisione del canone, lasciando poco spazio agli operatori economici di variare il contenuto del rapporto.
Tramite la previsione di una deroga al regime ordinario, i soggetti potranno stabilire un termine di durata più breve rispetto a quello minimo dei sei anni; sarà anche prevista la rinuncia da parte del conduttore alla rinnovazione del contratto alla prima scadenza. Allo stesso modo, si dovrebbe consentire la possibilità di ridefinire le ipotesi di recesso e la facoltà di adeguare il canone nel corso del rapporto.
In Italia è ancora modesto l’apporto degli investitori internazionali, anche se in crescita rispetto a tre anni fa a seguito dell’aumento di liquidità disponibile, dell’espansione monetaria e dei minimi tassi di interesse. “Stiamo registrando un’intensa attività di analisi delle opportunità sul nostro mercato da parte di un numero crescente di investitori”, commenta Paolo Bellacosa, head of capital markets CBRE Italia, “non solo americani ma anche provenienti dall’Est Asiatico e dal Middle East. Purtroppo il tasso di mortalità delle transazioni è ancora molto elevato”.
Nella classifica delle prime 10 città dove investire in Europa, rientra Milano: a stabilirlo un’indagine della CBRE, che piazza il capoluogo lombardo al quinto posto, dietro Londra, Madrid, Parigi e Berlino. La ricerca ha evidenziato che il settore preferito dagli investitori è quello degli uffici (con il 44% delle preferenze), seguito dalla logistica (17%) e dai centri commerciali (12%): tra i principali ostacoli a investire, con un dato superiore al 90%, la mancanza di un prodotto adatto e il prezzo degli stessi asset.

FONTE : MUTUIONLINE
A cura di 

Mercato dei mutui: incremento record nel mese di febbraio

Mercato dei mutui: incremento record nel mese di febbraio


 in “MutuiOnline informa

mercato mutui
Aumentano le richieste di mutuo da parte delle famiglie, registrando a febbraio un +38,7% rispetto allo stesso mese del 2014.
A stabilirlo, un’indagine del CRIF, il Centro Ricerche Istituti Finanziari, che ha evidenziato come l’incremento sia il più consistente dal 2008.
“Le politiche di erogazione da parte delle banche si sono mantenute nel complesso ancora caute e selettive”, spiega Simone Capecchi, Direttore Sales & Marketing di CRIF. “Questo atteggiamento di prudenza e di attesa di un recupero di migliori condizioni economiche ha avuto un impatto importante sulla propensione all’indebitamento delle famiglie. Al contempo, però, le condizioni dell’offerta sono risultate complessivamente migliorativerispetto al recente passato anche grazie a un’abbondante liquidità a disposizione degli istituti di credito”.
La cifra rilevata a febbraio fa tornare le domande di mutuo ai volumi del primo semestre 2011: dalla fine di quell’anno si registrò un crollo a doppia cifra del mercato. Considerando lo storico fornito dall’EURISC – il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF che archivia i dati relativi a oltre 77 milioni di posizioni creditizie –, si nota come le perdite maggiori sia siano verificate nel 2011 e nel 2012, rispettivamente con -19,4% e -41,8%. Da gennaio 2014, il settore è tornato a crescere non solo grazie ai tassi di interesse sempre più bassi, ma anche all’effetto delle surroghe: secondo le stime, quasi la metà delle stipule sono relative a questo prodotto.
La variazione percentuale delle richieste di mutuo del primo bimestre 2015 rispetto agli stessi mesi del 2014 è stata pari al 31%: confrontandolo con lo stesso periodo del 2013 l’incremento sale al 43,3%, mentre si ferma al 26,6% su gennaio-febbraio 2012.
Scende anche l’importo medio richiesto, attestatosi nel mese di febbraio a 124.175 euro, sostanzialmente in linea con i 124.088 euro dello stesso mese dello scorso anno, ma ancora distante dai 140.877 euro del 2010.
Considerando le varie fasce di importo, si nota che in quella compresa tra i 100 e i 150 mila euro si concentra la maggior richiesta da parte dei clienti: corrisponde al 29,8% del totale, mentre il 26,6% ha scelto di richiedere una somma inferiore ai 75 mila euro. Questa riduzione si può spiegare con il calo dei prezzi degli immobili e con la propensione delle famiglie a far incidere meno la rata del finanziamento sul reddito disponibile.
Analizzando, infine, la durata del prestito si evidenzia come le classi comprese tra i 15 e i 20 annie tra i 25 e i 30 anni abbiano concentrato il maggior numero di richieste dei mutuatari, rispettivamente con il 23,5% e il 23,6% del totale, quest’ultima comunque in calo rispetto al 28,2% registrato a febbraio del 2014.
Dunque, la tendenza generale delle famiglie è quella di preferire soluzioni di indebitamento più brevi e per importi più contenuti, a causa dell’incertezza dei tempi di uscita dalla crisi e del conseguente timore di non riuscire a tener fede agli impegni economici assunti.


FONTE : MUTUIONLINE
A cura di 

Compravendite immobiliari, positivo il quarto trimestre 2014

Compravendite immobiliari, positivo il quarto trimestre 2014


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compravendite immobiliari
L’Agenzia delle Entrate ha diffuso i dati relativi alle compravendite immobiliari avvenute nel 2014, evidenziando un mercato finalmente in crescita dopo sette anni: in media, +1,8%su base annua. Complessivamente tutti i settori sono cresciuti, a eccezione del terziario, che chiude con una perdita di scambi del 4,6% (+0,3%, invece, negli ultimi 3 mesi del 2014).
Secondo l’Osservatorio, nell’ultimo trimestre dello scorso anno le transazioni sono aumentate del 5,5% rispetto allo stesso periodo del 2013, chiudendo l’intero anno con un totale di 920.849 unità compravendute contro le 904.960. 
In particolare, il settore residenziale con 116.543 NTN (Numero Transazioni Normalizzate)guadagna il 7,1% rispetto al quarto trimestre del 2013. Anche negli altri comparti la variazione percentuale è positiva: le compravendite di pertinenze – cantine, box e posti auto – risultano in crescita del 4,1%, con 95.502 NTN; nel mercato non residenziale, le compravendite di immobili commerciali registrano un rialzo significativo del 14,1%, con 7.991 NTN: in crescita anche il settore produttivo, +3,1%.
Analizzando il mercato residenziale in base alle varie aree geografiche del Paese, si scopre che tutti i territori hanno beneficiato di incrementi importanti: le compravendite sono cresciute del 9,3% al Centro, del 7,5% al Nord e del 4,7% al Sud (dati del quarto trimestre 2014 rispetto allo stesso periodo 2013).
Nei capoluoghi – nel complesso circa 39 mila NTN – si nota un deciso rialzo, pari al 12,2%rispetto al quarto trimestre 2013, ribadendo gli andamenti positivi già evidenziati negli altri trimestri dell’anno: il dato migliore lo realizza il Centro, +14,6%.
Si rilevano numeri positivi, confrontando gli stessi periodi precedenti, anche negli scambi delle abitazioni dei comuni minori con 77.583 NTN  e un incremento del 4,7%: in questo caso il migliore risultato si registra al Nord dove il rialzo è del 5,5%.
Considerando gli otto maggiori capoluoghi d’Italia il trend non cambia, con una media di +13,5%: spicca il dato della Capitaledove il tasso di crescita raggiunge quasi il 20%, e dei mercati di Bologna, Torino e Napoli con rialzi intorno al 18%; Firenze e Genova hanno una variazione positiva di oltre il 10%, mentre Milano e Palermo registrano incrementi più moderati, rispettivamente con +3,2% e +1,5%.
Le abitazioni compravendute nei comuni dell’hinterland delle otto città registrano un incremento del 5,3%. I migliori risultati si presentano nelle province di Firenze (+19,7%) e Genova (+13,2%), mentre Roma, Napoli, Bologna e Torino realizzano tassi tra il +7% e il +9%.
Su base annua, il mercato residenziale fa segnare un +7,4% nei capoluoghi e un +1,7% nei non capoluoghi: nelle otto principali metropoli la media, rispetto al 2013, è +9,2%: l’unico segno negativo si registra nella città di Napoli, -3,7%.
Nel settore terziario, comprendente le unità censite come uffici e istituti di credito, il quarto trimestre 2014 si chiude con 2.805 NTN, da cui scaturisce una moderata crescita dello 0,3% che inverte il trend dei precedenti dodici trimestri in perdita. L’andamento si differenzia a seconda delle diverse aree geografiche, con il Sud in forte recupero (+16,8% rispetto al quarto trimestre 2013) e il Nord che rimane stabile: in calo il Centro Italia, con un -12,5%; stessa tendenza al ribasso nelle otto maggiori province, con un -1,3%. Su base annua, il 2014 si chiude in positivo solo al Sud (+4%) con un numero di scambi maggiore, per la prima volta dal 2004, rispetto al Centro (1862 contro 1.746 NTN).
Le compravendite nel settore commerciale mostrano variazioni positive su base trimestrale abbastanza uniformi in tutte le regioni. Il quarto trimestre 2014 si conclude rispetto alo stesso intervallo del 2013 con un +15,6% al Nord, +14,6% al Centro e +11,2% al Sud. Nelle otto principali province la crescita è pari al 16,2%: variazioni elevate per Torino (+34%), Genova(+23,9%) e Milano (+21,5%), che compensano le perdite di Palermo e Bologna (rispettivamente -13,9% e -2,9%).
Infine, il settore produttivo presenta una crescita media del 3,1% (quarto trimestre 2014) e una discrepanza di dati a seconda delle macro aree considerate: positivo al Nord con volumi cresciuti del 9,1%, negativo al Centro, con un -15% e al Sud, -2,4%.
FONTE : Mutuionline                                                                                              A cura di 

Conto chiuso e assegno emesso, quando in torto sono sia il cliente che la banca

Conto chiuso e assegno emesso, quando in torto sono sia il cliente che la banca

Un lettore fa acquisti con un assegno dopo che il conto corrente è stato chiuso. Sacrosanta la sanzione della Prefettura per emissione di assegno senza autorizzazione. Ma anche la banca ha le sue colpe

a cura di Redazione
18 marzo 2015
 
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Qualche mese fa ho pagato per distrazione un acquisto in una catena di elettrodomestici usando un assegno non più valido perché il conto era stato chiuso da pochi giorni. Ora mi vedo arrivare una sanzione economica dalla Prefettura per aver emesso l'assegno senza autorizzazione. Posso impugnarla?
G.C., Roma

Non c'è modo di contestare la sanzione perché questa è coerente alle norme e anche perché il lettore doveva per forza di cose sapere che il conto era stato estinto. E', invece, possibile contestare alla banca una mancanza al momento della chiusura del rapporto di conto corrente perché avrebbe dovuto esigere la restituzione degli assegni non ancora utilizzati e il cliente, a sua volta, avrebbe dovuto chiedere alla banca l'annullamento degli assegni di cui era ancora in possesso. La sanzione, quindi, va pagata ma il lettore potrà rivalersi sulla banca per il comportamento poco diligente presentando reclamo e in caso di risposta negativa o assente dopo sessanta giorni dalla ricezione potrà rivolgersi all'Arbitro Bancario Finanziario (www.arbitrobancariofinanziario.it).
FONTE : SOLDIWEB

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