giovedì 12 marzo 2015

Nulla la vendita immobiliare per simulazione assoluta

Nulla la vendita immobiliare per simulazione assoluta

Le parti si mettono d'accordo per far apparire il pagamento del prezzo di vendita come effettivamente avvenuto», ma in realtà manca la volontà dei contraenti di concludere la compravendita. La vendita è, nulla per totale simulazione del contratto disponibilità.
Il caso. Le parti attrici, creditrici del convenuto, lamentavano che la vendita di un appartamento di proprietà del medesimo fosse avvenuta «nel quadro di un lucido programma di dismissione di tutto il suo patrimonio immobiliare», al fine appunto di sottrarre quello ed altri beni (di proprietà della società di cui il convenuto era amministratore) dalla garanzia patrimoniale dei creditori. Tra gli elementi presuntivi di detto intento simulatorio le attrici mettevano in rilievo, tra le altre circostanze, il fatto che il prezzo pattuito fosse stato pagato il giorno stesso del rogito notarile dall'acquirente, anch'essa convenuta, mediante assegni bancari non trasferibili di vario taglio: l'acquirente, persona giovane e lavoratrice dipendente, non era nelle condizioni economiche di far fronte al pagamento immediato di tutto il prezzo pattuito, senza accendere alcun mutuo bancario - invero, la convenuta aveva poi sul punto ammesso che la madre le aveva corrisposto le somme necessarie per l'acquisto dell'immobile. Inoltre tra il convenuto alienante e la convenuta acquirente era stato stipulato, un mese prima della compravendita, un contratto di locazione avente ad oggetto il medesimo appartamento, contratto che era stato poi registrato appena sei giorni prima della compravendita: argomentavano al riguardo le parti attrici che «il contratto di locazione […] doveva ritenersi essere stato stipulato dai contraenti in forza della comune intenzione di giustificare il prezzo del bene particolarmente contenuto che era stato indicato nel contratto di vendita, appunto in quanto appartamento locato e non libero». Dunque, ancora, un atto simulatorio.
La decisione. Il Tribunale, in accoglimento della domanda attorea, ha dichiarato nullo ed inefficace, in quanto affetto da simulazione assoluta, il contratto di compravendita in questione: il giudice muove infatti dalla contastazione che «sebbene sia più che credibile che la madre possa avere legittimamente aiutato la figlia nell'acquisto del bene immobile […] né in questa sede è rilevante accertare se tale operazione possa configurare una donazione indiretta (non essendo in questione la validità o meno di tale negozio di liberalità per poter decidere in merito alla domanda di simulazione e/o di revocatoria oggetto del processo), ciò che appare significativo, in quanto fortemente indiziante nel senso della simulazione del contratto di compravendita, appare il fatto che neppure la madre […] disponesse della provvista necessaria all'acquisto dell'immobile, avendola depositata sul proprio conto corrente solo nell'immediatezza dell'operazione immobiliare». Non appariva infatti verosimile la circostanza che una somma così ingente, giustificata nelle ricostruzioni difensive della convenuta come frutto di regali ricevuti dagli uomini cui la madre era stata legata sentimentalmente - fosse stata custodita in casa per lungo tempo, considerando peraltro che il deposito sul conto corrente della madre era avvenuto mediante il successivo versamento di varie tranche di denaro contante. Il Tribunale ha dunque ritenuto che il prezzo della compravendita fosse stato in realtà messo a disposizione del convenuto-alienante, conclusione confermata dall'ulteriore circostanza che i vari assegni di piccolo taglio consegnati in pagamento all'atto del rogito erano stati riscossi dal convenuto «non tutti insieme ma in varie occasioni, ed ogni volta subito dopo che sul conto della convenuta-acquirente si era creata la provvista necessaria a coprire ogni assegno». Tale circostanza avrebbe quindi confermato gli stretti legami esistenti tra la parte acquirente e la parte venditrice, che, evidentemente, veniva di volta in volta informata dei pagamenti. Il Tribunale ne ha quindi inferito che «il meccanismo sopra illustrato, evidentemente orchestrato dalle parti per far apparire il pagamento del prezzo di vendita come effettivamente avvenuto, sta a dimostrare, viceversa, la mancanza di volontà dei contraenti di concludere la compravendita e, quindi, la totale simulazione del contratto». Ulteriore indizio nel senso dell'avvenuta simulazione è infine la circostanza che l'acquirente occupasse già da tempo l'immobile e che solo poco tempo prima della compravendita le parti si fossero risolte a stipulare e registrare un contratto di locazione: ora, dal momento che «almeno di norma, la vendita di un immobile non viene programmata e decisa in tutta fretta», osserva il Tribunale, da un lato si è indotti a ritenere che la precedente occupazione fosse avvenuta in virtù di rapporti amichevoli tra le parti, dall'altro lato che «anche il contratto di locazione sia sostanzialmente simulato, ossia formalmente stipulato dai contraenti solo allo scopo di giustificare il prezzo particolarmente contenuto che era stato indicato nel contratto di vendita, appunto in quanto appartamento locato e non libero».
Atti simulati e atti fraudolenti. Si rammenta rapidamente che la simulazione può presentarsi nella forma della simulazione assoluta, quando le parti non intendono che l'atto apparentemente posto in essere produca effetti, e nella forma della simulazione relativa, quando le parti vogliono effetti diversi da quelli prodotti dall'atto apparentemente posto in essere. Tratto comune di entrambe le fattispecie è che gli effetti prodotti dall'atto non sono quelli realmente voluti dai contraenti. In materia di atti fraudolenti, invece, si ricorda che l'art. 1344 c.c. sanziona come illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa (contratto in frode alla legge), mentre l'art. 2901 c.c. prevede l'azione revocatoria a garanzia della tutela del credito contro atti posti in essere allo scopo di pregiudicare le ragioni creditorie di terzi e, principalmente, a tutela della conservazione della generica garanzia patrimoniale sui beni del debitore. Deve però chiarirsi, come affermato da Cass. civ., 20 marzo 2008, n. 7485, che la rilevanza civilistica dell'atto fraudolento è limitata alle ipotesi espressamente previste: «nell'ordinamento vigente non esiste alcuna norma che sancisca la nullità del contratto in frode ai terzi, essendo prevista espressamente la sola nullità del contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.). Qualora, pertanto, debba escludersi che il contratto costituisca un mezzo per eludere una norma imperativa, i diritti dei terzi sono tutelati da specifiche norme in relazione a specifiche situazioni, le quali consentono loro di reagire contro l'apparenza contrattuale e farne valere la nullità (per simulazione o contrasto con norme imperative) o di far dichiarare l'inefficacia del negozio a loro danno (azioni revocatorie o pauliane) (conf. Cass. 16 giugno 1981, n. 3905)». E, conformemente alla costante giurisprudenza, più di recente una sentenza di merito ribadisce che «Il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullità del contratto si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento perché contraria a norma imperativa, ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere una norma imperativa. Pertanto, l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri - quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un'aspettativa giuridica tutelata o di impedire l'esercizio di un diritto - non è illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie», non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l'invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale» (Trib. Savona, 1° ottobre 2013). Pertanto, si può affermare che mentre con gli atti fraudolenti le parti intendono effettivamente conseguire gli effetti prodotti dall'atto stesso, perseguendo finalità contrarie alla legge o pregiudizievoli per i terzi, nell'ipotesi della simulazione le parti dichiarano qualcosa di diverso da ciò che vogliono, non perseguendo necessariamente finalità illecite. Peraltro, differenti sono gli strumenti che l'ordinamento appresta a favore del terzo danneggiato da un atto simulato o da un atto fraudolento (azione diretta all'accertamento della simulazione, azione revocatoria, azione di nullità per contrarietà alla legge).

 Tribunale Firenze, 8 settembre 2014 n. 2613


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