giovedì 5 marzo 2015

L'acquisto per usucapione, chi decide e come Chi e come decide se si è usucapito un bene?

L'acquisto per usucapione, chi decide e come

Chi e come decide se si è usucapito un bene?

Il diritto di proprietà su un bene (mobile o immobile) può essere acquistato anche in ragione del possesso prolungato per un più o meno lungo periodo di tempo: si tratta del così detto acquisto per usucapione.
La dottrina, definendo l'usucapione, ha specificato che con questo termine si fa “riferimento ad un modo di acquisto a titolo originario della proprietà e dei diritti reali di godimento (escluse le servitù non apparenti), in virtù di un possesso non vizioso e continuato per un determinato periodo di tempo, che varia a seconda della natura del bene posseduto (Katia Mascia, L'usucapione. La casistica giurisprudenziale di acquisto della proprietà di beni mobili e immobili e di altri diritti reali attraverso il decorso del tempo, Halley Editrice, 2007).
Così, ad esempio, possedere un bene immobile per almeno vent'anni fa si che il possessore possa iniziare una causa per ottenere l'accertamento dell'usucapione.
Si badi: la sentenza che stabilisce l'intervenuta usucapione non costituisce nessun diritto, ma più semplicemente si limita ad accertare che il possessore di un determinato bene ha acquisito il diritto di proprietà sul medesimo. Come dire: il giudice, nell'ambito dei procedimenti di accertamento dell'usucapione, si limita a verificare la ricorrenza delle condizioni per l'acquisto della proprietà (o di altro diritto reale, es. servitù) in tal modo.
Il possesso – ossia il potere di fatto su un bene che si “manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale” (art. 1140, primo comma, c.c.) – dev'essere pacifico e non clandestino. Chi possiede deve farlo senza l'altrui tolleranza, o meglio se l'uso del bene viene fatto con l'altrui tolleranza non può parlarsi di possesso, ma più semplicemente di utilizzazione con il consenso del proprietario.
Un esempio aiuterà a chiarire questo passaggio: se abito una casa con il consenso espresso del suo proprietario, giuridicamente parlando non si potrà dire che la sto possedendo, ma al massimo che la detengo a titolo di comodato.
Secondo la Cassazione, infatti, “per la configurabilità del possesso "ad usucapionem", è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all'uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno ``ius in re aliena" ( "ex plurimis" Cass. 9 agosto 2001 n.11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436. Cass. 1 3 dicembre 1994 n. 10652)” (Cass. ord. 4 febbraio 2015 n. 2043).
In considerazione di ciò, pertanto, se entro in casa altrui senza il preventivo consenso e senza successivi accordi e in seguito la vivo e la sistemo a mio piacimento, comportandomi come se ne fossi il proprietario, allora si potrà intravedere in quel comportamento un possesso utile ai fini del computo dei termini per l'acquisto per usucapione.
Già in teoria, è evidente, si tratta di una distinzione tutt'altro che semplice: come fare a distinguere la mera tolleranza del proprietario dalla sua accettazione passiva del comportamento di chi possiede?
Questa valutazione, affermano gli ermellini nell'ordinanza succitata, è rimessa alla valutazione del giudice di merito (Tribunale prima e Corte d'appello poi) e se la decisione è adeguatamente motivata rispetto all'intero impianto probatorio non è contestabile nel successivo conclusivo giudizio di Cassazione.
Insomma: molto dipende da come si espongono e provano i fatti e quindi da come li valuta il giudice adito.
È utile ricordare che le cause riguardanti l'acquisto per usucapione devono essere precedute da un tentativo di conciliazione ai sensi del d.lgs n. 28/2010. Sulle problematiche connesse alla compatibilità tra queste due procedure rimandiamo a questo approfondimento del consiglio nazione del notariato:
 Cass. 4 febbraio 2015 n. 2043
Fonte : www.condominioweb.com 



Nessun commento:

Posta un commento

KIZOA Movie Maker q9x618jf