mercoledì 3 dicembre 2014

Impianto di riscaldamento mal funzionante, distacco e risarcimenti

Impianto di riscaldamento mal funzionante, distacco e risarcimenti

Vi siete mai domandati se è possibile chiedere ilrisarcimento del danno per il cattivo funzionamento dell'impianto di riscaldamento?
Vi è mai capitato, proprio a causa di quel mal funzionamento, di distaccarvi dall'impianto condominiale e di chiedere i danni subiti in precedenza, ossia il rimborso delle spese pagate per il combustibile?
Ad un condomino è accaduto e la Cassazione, con la sentenza n. 24209 del 13 novembre 2014, ha dato una risposta (per così dire) un po' originale.
Vediamo perché; per farlo è utile evidenziare alcuni aspetti.
Temperatura degli ambienti
Recita l'art. 3, primo comma, d.p.r. n. 74/2014.
Durante il funzionamento dell'impianto di climatizzazione invernale, la media ponderata delle temperature dell'aria, misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare:
a) 18°C + 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili;
b) 20°C + 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici.
Chiaramente una temperatura sensibilmente più bassa, che sia riconducibile ad un cattivo funzionamento dell'impianto, fa si che lo stesso debba essere sottoposto ad interventi manutentivi per correggerne il funzionamento.
Logicamente, verrebbe da dire, se il servizio non è erogato nel modo in cui dovrebbe e per responsabilità dell'erogatore, il fruitore dovrebbe avere il diritto d'ottenere il rimborso della quota parte di servizio non goduta.
Nel caso risolto dalla Cassazione con la sentenza n. 24209, il condomino piuttosto che chiedere la sistemazione aveva deciso di distaccarsi e poi chiedere il risarcimento.
Il distacco (meglio, la rinuncia all'uso) è bene ricordarlo, con l'entrata in vigore della legge n. 220/2012 (la così detta riforma del condominio), è sempre possibile qualora da esso "non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma" (art. 1118, quarto comma, c.c.).
La situazione era grosso modo la stessa prima del 18 giugno 2013 (cfr. Cass. n. 5974/04), ossia nella vigenza della vecchia normativa che è stata quella in base alla quale è stata risolta la causa in esame.
Nel caso di specie la Cassazione, davanti ad un caso di distacco con richiesta di risarcimento, ha specificato che "il diritto a chiedere il distacco, a determinate condizioni, non potendo la rinunzia del singolo condomino, comportare un maggiore aggravio per gli altri, non può non valere per il futuro e non comporta la possibilità di chiedere restituzioni o danni. L'operatività della rinuncia, quale atto abdicativo unilaterale, è limitata dal divieto di sottrarsi all'obbligo di concorrere alle spese necessarie alla conservazione della cosa comune con aggravio degli altri partecipanti (Cass. 30.6.2006 n. 15079, 30.3.2006 n. 7518, 25.3.2004 n. 5974, ma già in precedenza Cass. 29.5.1995 n. 6036, 6.7.1968 n. 2316)" (Cass. 13 novembre 2014 n. 24209).
E' evidente che la richiesta di risarcimento del danno può avere ad oggetto il cattivo funzionamento e non la scelta di rinunciare all'uso in conseguenza di esso: così fosse ben avrebbe fatto la Cassazione a respingere la domanda risarcitoria, ma il testo della sentenza non sembra poter fare concludere in tal senso.
Ad avviso di chi scrive, se un servizio non è erogato nel modo in cui dovrebbe, il fruitore deve poter essere sempre in grado di ottenere il ristoro del pregiudizio subito con azione verso il responsabile.
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