mercoledì 9 ottobre 2013

Danni da infiltrazioni. Il fatto colposo del danneggiato esclude la responsabilità del condominio.

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Danni da infiltrazioni. Il fatto colposo del danneggiato esclude la responsabilità del condominio.

08/10/2013

Avv. Giuseppe Donato Nuzzo (Corte di Appello Firenze, sentenza del 28 febbraio 2013)

Il condominio è responsabile ex art. 2051 c.c. dei danni causati dalle cose comuni alla porzione di proprietà esclusiva. La responsabilità è esclusa laddove il condominio dimostri l'esistenza di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità, che può anche identificarsi con il fatto dello stesso proprietario danneggiato.

La sentenza della Corte di appello di Firenze in commento applica il principio di diritto anzidetto per risolvere la problematica del riparto di responsabilità tra il proprietario di una singola unità immobiliare e il condominio, con particolare riferimento ai danni subiti dall’immobile di proprietà esclusiva a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti da parti comuni del condominio stesso.

Secondo costante tradizione giurisprudenziale il condominio è il custode dei beni e dei servizi comuni e, come tale, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno. In difetto, il condominio risponde dei danni dalla parti comuni alla proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile (ex multis, Cass. civ. 12/07/2011, n. 15291).

Quanto innanzi in forza dell’art. 2051 c.c., ai sensi del quale “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Si tratta di un’ipotesi di responsabilità “senza colpa” o oggettiva, per la cui configurabilità è sufficiente la prova della sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, indipendentemente dal comportamento doloso o colposo. 

La responsabilità è esclusa solo in presenza del caso fortuito, “fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno” (cfr. Cass. civ. 06/04/2004, n. 6753). Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il caso fortuito “può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno” (Cass. civ. n. 2881/2008).

La norma in esame presuppone l'esistenza di un potere/dovere di custodia sulla cosa, ossia di vigilare e di mantenere il controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi, potere che la giurisprudenza di legittimità ha declinato in tre punti essenziali: a) il potere di controllo della cosa; b) il potere di modificare la situazione di pericolo creatasi; c) il potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa nel momento di produzione del danno (Cass. civ. 08/03/2007, n. 5308).

Dalla struttura dell’illecito civile in esame deriva che al soggetto danneggiato compete la prova dell’esistenza del nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento lesivo, mentre grava sul custode/responsabile l’onere della prova dell’esistenza del caso fortuito, cioè dell’intervento di un fattore assolutamente imprevedibile ed eccezionale, estraneo alla sua sfera soggettiva di controllo e, dunque, idoneo ad interrompere quel nesso causale tra cosa e danno. Evento che può anche consistere nel fatto di un terzo o dello stesso soggetto danneggiato.

Nella sentenza in commento la Corte fiorentina, affermata l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., ha tuttavia escluso la responsabilità del condominio, avendo il soggetto danneggiato posto in essere un comportamento avente le caratteristiche della imprevedibilità e della eccezionalità e, dunque, tale da configurare il “caso fortuito” idoneo a interrompere il rapporto di causalità tra danno lamentato e cosa oggetto di custodia.

Nel caso di specie, in particolare, il Giudice ha ritenuto che la responsabilità delle muffe e dell’umidità deve farsi risalire alla condotta del proprietario dell'appartamento, che, trasformando i locali della soffitta in civile abitazione, ha causato "fenomeni di condensa dovuti alla mancanza di isolamento termico della copertura, di idoneo isolamento termico delle pareti nonché alla mancanza di areazione dei locali", locali che, nella loro pregressa destinazione non richiedevano "gli stessi accorgimenti di un locale abitato". La responsabilità delle infiltrazioni, dunque, è da imputare totalmente al proprietario o comunque a chi ha effettuato il cambio di destinazione d'uso senza apportare tutte le misure necessarie a consentire l'abitabilità dei locali.

La soluzione adottata dalla Corte di Appello si configura come espressione del principio di autoresponsabilità, desumibile non solo dall’art. 1227 c.c., ma anche dal dovere di solidarietà sociale sancito dall’art. 2 della Costituzione, che si risolve in uno strumento per indurre anche gli eventuali danneggiati a contribuire affinché un pregiudizio non si verifichi ed è finalizzato ad ottenere una migliore ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra danneggiante e danneggiato.

Fonte : condominioweb.com

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