giovedì 6 febbraio 2014

L'accertamento della proprietà esclusiva del sottotetto. Il ruolo dell'amministratore

L'accertamento della proprietà esclusiva del sottotetto. Il ruolo dell'amministratore

04/02/2014
di Alessandro Gallucci


L’amministratore di condominio, a mente dell’art. 1131, primo comma c.c., può agire in giudizio, contro i condomini e contro terzi (ossia estranei al condominio) in tutte le ipotesi ricadenti nell’ambito dell’art. 1130 c.c.
 
Un condomino non rispetta il regolamento di condominio? L’amministratore può agire in giudizio senza necessità di autorizzazione assembleare.
 
Un condomino non paga le quote condominiali? Idem.
 
E così via.
 
E per le cause nelle quali il condominio è chiamato in causa?
 
A mente del secondo comma dell’art. 1131 c.c. l’amministratore “può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto”.
 
La norma è stata oggetto di un acceso scontro dottrinario e giurisprudenziale rispetto asl quale, si sperava, fosse stata messa la parola fine dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18331 del 2010.
 
Che cosa dissero gli ermellini in quell’occasione?
 
Innanzitutto circostanziarono l’ambito applicativo della loro pronuncia specificando che l’amministratore è, sicuramente, legittimato a resistere nelle controversie rientranti nell’ambito delle sue competenze ex art. 1130-1131, primo comma, c.c.
 
Per quelle esulanti da queste competenze, dissero da piazza Cavour, l’amministratore può stare in giudizio (sia resistendo sia proponendo ricorso avverso le sentenze sfavorevoli al condominio) solo previa delibera autorizzativa o comunque grazie ad una ratifica della propria azione.
In una sentenza (la n. 28141) resa il 17 dicembre del 2013, le parti litigavano in merito alla natura condominiale, o meno, del sottotetto.
 
Nella sostanza il condominio chiedeva la cessazione dell’utilizzazione abusiva del sottotetto da parte di alcuni condomini che, di contro, proponevano domanda riconvenzionale per l’accertamento della (loro) proprietà esclusiva di quel bene.
La Cassazione, inizialmente, aveva disposto l’integrazione del contraddittorio a tutti i condomini (cosa peraltro già avvenuta nei giudizi di merito) trattandosi di materia esulante dalla competenza dell’amministratore.
 
La sentenza, però, ha cambiato le carte in tavola: quell’integrazione non era necessaria. Si legge nella pronuncia che "il problema dell'integrità del contraddittorio si pone con riferimento alla domanda con la quale in via riconvenzionale i convenuti hanno chiesto l'accertamento della proprietà esclusiva del sottotetto. Ed invero, se non si dubita che, dal lato attivo, non occorre la partecipazione di tutti i condomini nei giudizi promossi a tutela dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni (art. 1130 c.c., n. 4), non diversamente deve ritenersi per quanto concerne la legittimazione passiva dell'amministratore, che è prevista dall'art. 1131 c.c., comma 2, con specifica disposizione dettata in materia di condominio: peraltro, tale legittimazione ha portata generale in quanto estesa a ogni interesse condominiale, essendo la ratio della norma diretta a evitare il gravoso onere a carico del terzo o del condomino, che intenda agire nei confronti del condominio, di evocare in giudizio tutti i condomini; naturalmente, per le cause aventi a oggetto materie che eccedono le attribuzioni dell'amministratore, ai sensi del citato art. 1131 c.c., comma 3, il potere di rappresentanza in giudizio dell'amministratore è subordinato alla autorizzazione a resistere (o anche alla ratifica) da parte dell'assemblea, alla quale l'amministratore è tenuto senza indugio a riferire  (S.U. 18331/2010; 22294/2004)" (Cass. 17 dicembre 2013 n. 28141).
 
Insomma a dire della Cassazione, se un condomino promuove una causa perché vuole che sia accertata la proprietà esclusiva di una parte dell’edificio, non serve citare in causa tutti i condomini ma basta chiamare in causa l’amministratore che, poi, deve farsi autorizzare a stare in giudizio, pena la declaratoria di contumacia della compagine.
 
Resta un dubbio: è noto che, spesso, da piazza Cavour su cause simili si sia concluso in tal modo ma, ci domandiamo: le azioni reali, ossia quelle volte tra le altre cose a dirimere la controversia sulla proprietà, non esulano da quelle riguardanti la gestione del condominio, al di là delle competenze dell’amministratore?
 
La questione del litisconsorzio in materia spesso genera confusione e sarebbe stato utile un bene se la riforma del condominio vi avesse posto un correttivo (anche nella forma di semplice chiarimento sulla reale estensione della legittimazione passiva dell’amministratore condominiale).

Condominio Web
Fonte : condominioweb.com

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