mercoledì 6 novembre 2013

L’amministratore di condominio ed il rapporto con il fondo condominiale. Alcune conseguenze in caso di non corretta gestione.

L’amministratore di condominio ed il rapporto con il fondo condominiale. Alcune conseguenze in caso di non corretta gestione.


05/11/2013
Avv. Mauro Blonda

La regolarità nella tenuta contabile della cassa. La gestione del fondo condominiale, ossia dei soldi che periodicamente i condòmini versano per il pagamento degli oneri condominiali, è una delle attività peculiari dell’amministratore di condominio e rientra tra quelle che sicuramente vanno affrontate con maggior attenzione e rigore, per evitare di ritrovarsi nei guai, anche seri: oggi, a seguito della modifica dell’art. 1129 del codice civile operata dalla L. n. 220 del 11/02/2012 (cd. Riforma del condominio), l’amministratore, essendo “obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio”, è quindi tenuto ad accendere un conto corrente intestato al condominio
 
In considerazione della specificità della finalità di tale fondo (l’amministrazione economica del condominio) è importante che tale deposito sia esclusivo, cioè dedicato soltanto alla raccolta dei fondi condominiali, e che non vi sia quindi confusione tra soldi del condominio e soldi dell’amministratore (Trib. Salerno, Sez. I, 3 maggio 2011): l’accensione di un conto corrente esclusivo ha così il duplice vantaggio, da una parte, di garantire maggior trasparenza e chiarezza all’attività contabile dell’amministratore e, dall’altra, di fornirgli un aiuto nella corretta gestione del danaro condominiale.
All’apertura del conto corrente condominiale (ed al suo utilizzo) deve corrispondere poi una regolare tenuta della contabilità fiscale del fondo condominiale: in pratica le operazioni in entrata e soprattutto quelle in uscita devono avere delle giustificazioni chiare e documentabili. Ciò non corrisponde però soltanto ad una forma di tutela della cassa ma anche dell’amministratore stesso, il quale non potrà che trarre giovamento da una regolare e trasparente gestione contabile. Si badi, infatti, che gestendo egli del danaro altrui ne risponderà in prima persona: quanto più veritiera e corretta sarà la tenuta della cassa, tanto più semplice per lui sarà giustificarne le singole operazioni e gli eventuali ammanchi.
 
Le conseguenze degli ammanchi di cassa. Con particolare riferimento a questi, poi, è importante notare come la responsabilità dell’amministratore per eventuali ammanchi di cassa non si limita ai casi più gravi, rischiando egli conseguenze gravi anche ove le cifre in rosso siano esigue rispetto, magari, all’ammontare complessivamente gestito.
 
Va a tal fine premesso che l’appropriazione da parte dell’amministratore del danaro condominiale, sia in parte (ammanchi di cassa) che totale (furto della cassa) configura il reato di cui all’art. 646 cod. pen. (Appropriazione indebita), peraltro nella forma più grave, quella prevista dal 2° comma, in quanto le somme così sottratte sarebbero prelevate da depositi “necessari”. Inoltre il reato così compiuto è poi aggravato poiché, ai sensi dell’art. 61 n. 11 cod. pen., commesso con l’abuso di prestazione d’opera.
 
Tale delitto, punito quindi con una pena nel massimo non inferiore a 4 anni di reclusione, si configura come detto indipendentemente dall’entità della somma di cui l’amministratore si sia appropriato e quindi anche in caso di ammanchi di modesto importo, come chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione: “Il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p. è configurabile nei confronti dell'amministratore condominiale, anche nel caso in cui si sia accertata una piccola differenza di cassa” (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 36022 del 12/07/2011). Nel caso sottoposto al vaglio del Supremo Collegio, in particolare, all’amministratore era imputato un ammanco di poco più di 500,00 euro, a fronte di una cassa del valore complessivo di 12.000,00 euro: per i Giudici di Piazza Cavour la modestia delle somme sottratte alla cassa non esclude il reato in quanto “l’esiguità dell’importo potrebbe valere ad escludere il reato solo ove si dimostri che la minima differenza di cassa è riconducibile a cause diverse"; in caso contrario “non può certo escludersi che anche un minimo importo possa configurare un’ipotesi appropriativa” (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 36022/2011).
 
La sottrazione del fondo condominiale. Ancor più grave, poi, è naturalmente il caso in cui l’amministratore sottragga interamente il fondo condominiale: è il classico caso della fuga con la cassa, purtroppo non infrequente nella quotidianità, che si verifica quando l’amministratore preleva l’intero ammontare del fondo e si rende irreperibile.
 
Tale comportamento, banalmente inquadrabile come furto, dal punto di vista tecnico-giuridico indica, come accennato, il più specifico reato di appropriazione indebita, aggravata per essere commessa da soggetto che per compierlo si avvantaggia della prestazione d’opera in esecuzione della quale aveva la disponibilità del danaro sottratto.
 
Nonostante il reato sia perseguibile di ufficio (non occorre, cioè, la presentazione della querela e quindi, tra le altre, non si corre il pericolo di lasciar scadere il tempo che la legge impone per presentarla), essendo sufficiente quindi una denuncia dell’accaduto fatta da chiunque perché si avviino le indagini ed eventualmente il processo a carico dell’amministratore, esso è più lievemente punito rispetto al furto: mentre per questo la pena minima va da uno a sei anni di carcere, per l’appropriazione indebita aggravata come quella in parola la pena, aumentata come indicato nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 646 cod. pen., non supera in linea di massima i 5 anni e 4 mesi di reclusione (e una multa di € 1.835,00).
 
Al di là della sottile differenza nell’entità della pena massima irrogabile, quel che non cambia sono le conseguenze anche pratiche della condotta delittuosa in parola: l’indagato potrà essere arrestato ed, in caso di condanna, interdetto per uno più anni dall’esercizio di cariche simili. Oltre, naturalmente, all’obbligo di restituzione delle somme indebitamente sottratte.


Fonte : condominioweb.com

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