martedì 26 novembre 2013

Il diritto di veduta va sempre tutelato. Quella siepe va potata.

Il diritto di veduta va sempre tutelato. Quella siepe va potata.

26/11/2013
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo (Tribunale di Lecce, sentenza n. 2226 del 15 luglio 2013)
 
Il Tribunale di Lecce con sentenza n. 2226 del 2013, che ha condannato il condomino a mantenere la siepe ad altezza non superiore alla ringhiera del balcone del proprio appartamento, a tutela del diritto di veduta, di aria e di luce del vicino.
 
Il Giudice salentino ha accertato la natura emulativa delle modalità di manutenzione della siepe, da un lato, non corrispondenti ad alcun apprezzabile interesse del proprietario, dall’altro, recanti pregiudizio ai diritti del dirimpettaio.
 
Il caso di specie. Il condomino chiede al giudice l’accertamento della irregolarità della siepe di proprietà del vicino, tenuta ad un altezza superiore alla ringhiera perimetrale del balcone in violazione delle norme di legge, con conseguente limitazione del diritto dell’attore ad una piena veduta e ad un completo godimento di aria e di luce. Il comportamento del vicino, a detta dell’attore, configura un abuso di diritto, atteso che non risulta alcuna utilità concreta a mantenere l’arbusto a quell’altezza, mentre risultano evidenti i pregiudizio subiti dalla proprietà vicina.
 
Il divieto di atti emulativi. La decisione in commento ruota intorno al divieto degli atti emulativi, la cui disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 833 del codice civile. 
 
Secondo la definizione ricavabile dalla disposizione predetta, si considerano “emulativi” gli atti o comportamenti posti in essere dal proprietario“senza altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”.
 
Il divieto in esame rientra nell’ambito dei limiti della proprietà previsti nell’interesse privato. Esso rappresenta una sanzione a fronte di un abuso del diritto, che giustifica la limitazione della proprietà per soddisfare interessi di altri privati, generalmente proprietari di fondi vicini. 
 
Requisiti richiesti per l’applicazione del divieto. Per ricadere nel divieto occorre che:
 
l’atto rechi danno o disturbo a un altro soggetto;
l’atto non corrisponda a nessun apprezzabile interesse del proprietario che lo compie;
l’atto sia sorretto dall’intento esclusivo di recare danno o disturbo ad altri.

 
Si tratta di una norma che, eccezionalmente, limita l’insieme delle facoltà del proprietario. Ciò spiega perché i giudici tendano ad interpretare il divieto in esame in maniera molto rigorosa, al punto che le applicazioni pratiche risultano essere abbastanza rare.
Ad esempio, con riferimento all’ “apprezzabile interesse del proprietario”, l’atto si considera lecito anche se l’utilità che esso procura al proprietario è minore del danno o del disturbo che esso reca ad altri (cfr. Cass. civ. n. 11852/1997 e n. 5421/2001). In altri termini il Giudice deve limitarsi a verificare l’esistenza di un qualsiasi interesse, anche tenue o solo potenziale, del proprietario, senza procedere a comparazioni con i contrapposti interessi di soggetti terzi. In caso affermativo, il comportamento è sempre lecito.
 
La soluzione adottata dal Tribunale di Lecce – In tale prospettiva, la sentenza in commento assume particolare interesse.
 
Il giudice fa riferimento al diritto di godimento della veduta, dell’aria e della luce quale presupposto per l’accertamento della natura emulativa delle modalità di coltivazione della siepe, circostanza desumibile dalle risultanze probatoria, in cui appare evidente l’impedimento visivo che si oppone a chi si affacci dal balcone della proprietà vicina.
 
Secondo il Tribunale di Lecce, in particolare,risulta evidente nel caso di specie il pregiudizio patito dall’attore dalla presenza della siepe, a cui non corrisponde alcuna utilità concreta del vicino di mantenere l’arbusto ad un’altezza superiore alla ringhiera del balcone.
Un interesse in tal senso potrebbe essere legato a legittime esigenze di tutela della proprietà (e della privacy) da atti di “inspicere” di persone terze dall’esterno del perimetro condominiale, evenienza per evitare alla quale, tuttavia, non risulta necessario lasciare che la siepe cresca fino al punto lamentato dall’attore.
 
Accolta la domanda principale, il tribunale ha respinto quella per il risarcimento danni del comportamento emulativo, “trattandosi di questione bagattellare riconducibile ad una deprecabile lite di vicinato, sprovvista di contenuti pregiudizievoli di indole non patrimoniale”.


fonte : condominioweb.com

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