venerdì 26 settembre 2014

Di chi è il sottotetto? Se il contratto è chiaro non si può dire che è condominiale

Di chi è il sottotetto? Se il contratto è chiaro non si può dire che è condominiale

In tema di condominio negli edifici, al fine di individuare la natura condominiale o la proprietà esclusiva del sottotetto è fondamentale leggere il contenuti degli atti d'acquisto delle unità immobiliari.
Se i titoli parlano chiaro, non c'è funzione che tenga: il sottotetto è da ritenersi di proprietà di chi è indicato nel contratto. Parola di Cassazione, sentenza n. 19094 depositata in cancelleria il 10 settembre 2014.
Che cos'è il sottotetto?
Una asciutta definizione fornita da autorevole dottrina rammenta che il sottotetto “è lo spazio compreso tra il tetto e il solaio che copre l'ultimo piano; si chiama anche soffitta o mansarda o con altri nomi: non serve di copertura, poiché di copertura serve il tetto sovrastante […]” (Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
Di chi è il sottotetto?
Se sulla definizione non sorgono contrasti, il vero punctum dolens è rappresentato dalla individuazione del titolare di questa parte d'edificio: parte comune, proprietà esclusiva dei titolari delle sottostanti unità immobiliari o ancora bene di altra persona?
A leggere le sentenze della Cassazione, in seno alla quale non sempre c'è stata univocità di vedute, “l'appartenenza del sottotetto (non indicato nell'art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell'edificio) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi” (Cass. 19 dicembre 2002, n. 18091 contra – orientamento più datato e superato – cfr. Cass. 15 giugno 1993, n. 6640).
La legge di riforma del condominio ha sposato l'orientamento più recente, introducendo nell'art. 1117 c.c. un riferimento al sottotetto. Esso, dice il novellato art. 1117 n. 2 c.c., è da considerarsi condominiale se destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune.
Sia la sentenza del 2002 (quella che rappresenta nel contenzioso pre-riforma l'orientamento maggioritario) sia in quella del 1993, sia, infine, nel nuovo art. 1117 c.c. un ruolo primario è accordato al titolo (leggasi contratto d'acquisto e/o regolamento condominiale contrattuale).
Il contenuto del contratto determina la proprietà del sottotetto
È questo in sostanza il cuore della sentenza n. 19094; nel caso di specie alcuni condomini, che al momento dell'acquisto dell'abitazione dal costruttore avevano rinunciato alla proprietà del sottotetto, facevano causa al venditore per sentire dichiarata la natura condominiale di quella parte d'edificio.
Le loro domande hanno trovato accoglimento tanto in primo quanto in secondo grado; in particolare la Corte d'appello riconosceva valore prevalente alla funzione di quella parte dell'edificio rispetto a delle pattuizioni contrattuali a suo modo di vedere insignificanti. La Cassazione, però, con una pronuncia perentoria ha annullato la sentenza impugnata e di fatto delineato l'esito del giudizio di rinvio.
Secondo gli ermellini, infatti, il contratto parlava chiaro, cioè leggendo attentamente il titolo era palese la riserva di proprietà del sottotetto in capo all'originario costruttore-venditore.
In buona sostanza gli accordi scritti – il famoso titolo di cui parla l'art. 1117 c.c. – hanno precedenza assoluta sulla conformazione dello stabile.

Cass. 10 settembre 2014 n. 19094


Fonte : condominioweb.com

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