giovedì 4 settembre 2014

Compriamo casa ma l'abitazione non corrisponde alla descrizione? È truffa

Ecco cosa succede quando il venditore ci inganna.

Compriamo casa ma l'abitazione non corrisponde alla descrizione? È truffa

Commette reato il venditore che garantisce la presenza di qualità invece inesistenti
Gli artifizi e raggiri nella truffa contrattuale."Integra gli estremi della truffa contrattuale la condotta di chi ponga in essere artifizi o raggiri consistenti nel tacere o nel dissimulare fatti e circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l'altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto" (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 30886 del 14/07/2014): ribadendo questo principio di diritto la Seconda Sezione Penale della corte di Cassazione ha rigettato il 14 luglio scorso il ricorso di una persona che, assolta in primo grado, era poi stata condannata in appello con l'accusa di aver truffato l'acquirente di un'abitazione da lui vendutagli. All'imputato era stato addebitato infatti di aver indotto in errore l'acquirente assicurandoglil'abitabilità di un vano dell'immobile che invece era sprovvisto di tale requisito: i Giudici de Supremo Collegio, al pari dei colleghi della Corte d'Appello del capoluogo ligure, hanno ritenuto che tale condotta abbia integrato gli estremi degli "artifizi o raggiri", presupposto del reato di cui all'art. 640 cod. pen., i quali lo fanno sussistere quando sono sufficienti ad indurre in errore il loro destinatario, come avvenuto nel caso in esame.
L'induzione in errore e la conclusione del contratto-. Ove il compratore decida di acquistare perché convinto dalle false parole del venditore, la sua volontà sarà naturalmente viziata e falsata. Ciò nel caso in cui è dimostrato e provato che egli non avrebbe comprato ove avesse invece saputo della falsità delle informazioni ricevute dal venditore: in caso contrario, invece, non c'è nessuna induzione in errore e le fase attestazioni, non incidendo sulla volontà dell'ipotetico acquirente, non costituiscono alcun reato.
Ma i Giudici di Legittimità hanno nel caso di specie ritenuto che questi si sia convinto a comperare l'immobile proprio per l'esistenza di quella caratteristica tecnica (l'abitabilità di un suo vano) che invece non esisteva e che egli non avrebbe invece acquistato alcunché se avesse saputo la verità, tant'è vero che, scopertala, ha richiesto la risoluzione del contratto.
Pertanto non ogni bugia (o reticenza), pur potendo validamente rappresentare artifizio o raggiro, costituisce truffa: questa sussiste solo dove la falsità, inducendo in errore il soggetto cui è rivolta, lo convinca a stipulare un contratto che invece sottoscriverebbe se sapesse la verità.
Occhio alle false descrizioni: le pene sono severe. Nove mesi di carcere, 120 euro di multa, risarcimento del danno nei confronti della parte civile e pagamento delle spese legali per l'appello e la cassazione (pari, solo per quest'ultimo grado, ad oltre 3.000,00 euro): è questo il salatissimo conto che il proprietario ha dovuto pagare per una bugia. E non importa se tale menzogna sia stata voluta o il frutto magari di una sbadataggine: l'uso di una terminologia particolarmente tecnica prova, secondo il ragionamento seguito dai Giudici, la consapevolezza di quello che si garantiva e che si sapeva non sussistere, non potendosi quindi dubitare della volontarietà (cioè del dolo) della menzogna e quindi della sussistenza anche dell'elemento soggettivo del reato, al pari di quello oggettivo che, come detto, è rappresentato dalla presenza di una bugia capace di indurre in errore l'acquirente e convincerlo a comprare ciò che avrebbe evitato di acquistare se avesse saputo la realtà dei fatti.
In tema di compravendita immobiliare la descrizione dell'abitazione è essenziale e dev'essere veritiera. La truffa non si realizza però solo quando si venda un immobile dichiarandolo e garantendone l'abitabilità invece non esistente (ciò, inoltre, costituisce anche un illecito civile: "Deve ritenersi nullo, per contrarietà alla legge, il contratto preliminare di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico", Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 23591 del 17/10/2013): nel recente passato infatti la Cassazione ha chiarito come il reato in questione si realizzi anche quando l'immobile, pur sussistendo una regolare concessione edilizia, differisca nella sua consistenza da quello effettivamente autorizzato, dal momento che è "configurabile l'elemento materiale della truffa nel silenzio del costruttore in ordine alle difformità dell'immobile rispetto alla originaria concessione edilizia ed al progetto approvato" (Cass. Pen. Sez. II, sent. n. 28703 del 19/03/2013).
Nella stessa sentenza si chiarisce infine come oltre a quelle amministrative anche le caratteristiche tecniche devono essere descritte in maniera completa e veritiera poiché, al pari di quanto appena detto circa la non corrispondenza del realizzato rispetto all'autorizzato, anche il silenzio serbato rispetto ad alcuni difetti strutturali integra gli estremi del reato di truffa (Cass. Pen. Sez. II, sent. n. 28703 del 19/03/2013).
La corrispondenza al vero dell'immobile oggetto di vendita è quindi un elemento di fondamentale importanza non solo per l'acquirente, che investe con la speranza di comprare ciò che gli viene garantito, ma anche per il venditore, il quale è tenuto ad essere sincero nella descrizione dell'immobile e tenuto a garantirne la corrispondenza all'effettiva realtà dei fatti, sia da un punto di vista amministrativo che tecnico-strutturale, pena le severe conseguenze del codice penale, sempre in agguato.


Fonte : condominioweb.com

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