venerdì 28 giugno 2013

Locazione di immobile a cittadini clandestini: quando l’affitto diventa reato.

Locazione di immobile a cittadini clandestini: quando l’affitto diventa reato.

27/06/201
3Avv. Mauro Blonda




Non sempre cedere in locazione un immobile a cittadini stranieri privi del titolo (permesso) di soggiorno integra la fattispecie delittuosa prevista dall’art. 12 comma 5 bis del D. L.vo 25/07/1998 n. 286 (T. U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
 
Un particolare tipo di affitto: la locazione a stranieri irregolari.
L’affitto di un immobile, tanto per fini abitativi quanto per usi commerciali, richiede attenzione da parte dei proprietari ed impone loro l’osservanza di una serie di norme la cui violazione può comportare anche risvolti penalistici.
 
Tra queste, particolare rilevanza assume, specie in contesti sociali in cui forte è l’insediamento di cittadini extracomunitari, il D. L.vo 286 del 1998 (meglio noto come T.U. sull’immigrazione, ovvero Legge Turco- Napolitano) il cui art. 12 comma 5 bis, per quel che ci interessa, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni “chiunque dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione”. Di non poco conto è poi la sanzione accessoria della confisca dell’immobile (ossia della privazione della proprietà, che passa così allo Stato), la quale consegue alla condanna per il reato in questione, anche se eventualmente applicata in seguito a richiesta di patteggiamento.
 
Quando l’affitto integra gli estremi del reato secondo la Corte di Cassazione.
Come si vede la questione è di non poco rilievo, ben potendo le conseguenze della violazione della norma in questione assumere connotati anche molto gravi. Ma quando la locazione ad extracomunitari irregolari diventa reato?
 
Non sempre l’affitto di un immobile a soggetto straniero privo di permesso di soggiorno costituisce violazione della norma in oggetto, ferma tuttavia restando la configurabilità di altre ipotesi delittuose, ragion per cui, pur non essendo imposto da alcuna norma, è buona prassi per il proprietario accertarsi del possesso da parte del futuro inquilino di regolare documentazione abilitativa alla permanenza nel territorio italiano. Affinché si configuri il reato in questione occorre che il proprietario tragga dall’affitto un “profitto ingiusto, avvantaggiandosi della condizione di illegalità dello straniero clandestino”, come confermato da una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (Sez. I Penale, sent. n. 26457 del 18/06/2013).
 
Il supremo Collegio, infatti, richiamando alcune precedenti pronunce sul tema e confermando quindi principi giuridici ormai consolidati nel tempo, ha ricordato come il reato in questione si configuri solo in presenza del dolo specifico richiesto dalla norma, ossia soltanto quando il locatore si sia prefissato di trarre un ingiusto profitto dalla locazione dell’immobile al cittadino extracomunitario.
 
Questo significa quindi che non ogni cessione di fabbricato a stranieri irregolari costituisce violazione dell’art. 12 comma 5 bis del T.U. sull’immigrazione (diversamente saremmo di fronte ad un reato cd. “a dolo generico”, ossia un reato che si configura indipendentemente dalla finalità con cui l’azione delittuosa viene compiuta) ma solo quella attraverso la quale il proprietario consegua un ingiusto profitto.
 
L’ingiusto profitto richiesto dalla norma incriminatrice.
È facile comprendere poi in cosa consista l’ingiusto profitto in presenza del quale l’affitto concesso ad extracomunitari irregolari costituisce violazione della norma in discussione: esso è principalmente e genericamente il frutto dell’imposizione di condizioni onerose non eque tra i contraenti, esorbitanti o comunque decisamente non in linea rispetto ai valori medi di mercato, tali da consentire al locatore un vantaggio che diviene così ingiusto perché conseguente alla prevaricazione dello straniero ed all’approfittamento della sua condizione (Cass. Penale, Sez. I, Sent. n. 20475 del 13/05/2013).
 
In pratica, affinché il profitto (ovvero il prezzo, il canone locativo) della locazione possa considerarsi ingiusto devono coesistere due elementi specifici e distinti:
 
il canone deve essere eccessivo, in relazione all’immobile locato ed ai prezzi correnti di mercato.
Prezzi non in linea con quelli usuali per immobili simili nella stessa zona o comunque eccessivi rispetto alle caratteristiche e condizioni dell’immobile locato sono gli esempi classici di condizioni inique.
il canone così determinato non sarebbe accettato da uno straniero non irregolare (o da altro soggetto contrattualmente “non debole”): il proprietario, in sostanza, avvantaggiandosi della sfavorevole condizione del cittadino extracomunitario, può imporre condizioni contrattuali eccessivamente favorevoli per sé, che non potrebbe pattuire con soggetti “regolari”.

 
Gli oneri a carico del locatore
È infine importante ricordare che in caso di locazione di immobile a cittadini stranieri (regolari o no) il proprietario è comunque sempre tenuto a darne comunicazione entro 48 ore alle autorità di P.S., come disposto dall’art. 7 del T.U. sull’immigrazione: tale obbligo normativo, inizialmente abrogato dal D.L. n. 10/2007, è stato poi reintrodotto con la legge di conversione del decreto legge medesimo.
 
L’onere di comunicazione in questione non può essere sostituito dalla registrazione del contratto di locazione presso l’Agenzia delle Entrate, come invece avviene per il diverso obbligo di informazione inizialmente previsto dall’art. 12 del D.L. 21/03/1978 n. 59 (introdotto all’indomani del rapimento di Aldo Moro, durante il periodo cd. degli anni di piombo): mentre a quest’ultima comunicazione infatti, a seguito dell’introduzione del D.L. 20/06/2012 n. 79, può ovviarsi con la registrazione del contratto di locazione (art. 2 comma 1 D.L. 79/2012), l’informazione riguardante la cessione di fabbricati a cittadini stranieri rimane invece valida e necessaria, per l’espressa previsione contenuta nel comma 4 del medesimo art. 2 del D.L. 79/2012), anche nel caso in cui il contratto così stipulato venga registrato presso la competente Agenzia delle Entrate.

Fonte : condominioweb.com

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