mercoledì 5 giugno 2013

Chi paga per le macchie di umidità derivanti da parti comuni? È il condominio a risarcire le infiltrazioni d'acqua, ma i canoni arretrati vanno pur sempre pagati.

Chi paga per le macchie di umidità derivanti da parti comuni? È il condominio a risarcire le infiltrazioni d'acqua, ma i canoni arretrati vanno pur sempre pagati.

31/05/2013
di Ivan Meo


Un problema, mille soluzioni. La tematica delle infiltrazioni d’acqua si presenta estremamente variegata e complessa. La frequenza con cui l'appartamento del singolo condomino viene danneggiato da tale fenomeno deriva principalmente da rottura di tubazioni condominiali o, in genere, da strutture comuni dell'edificio (muri perimetrali, cortili condominiali, terrazzi). Spesso però non sono facilmente individuabili tali cause e pertanto è necessario una preventiva ispezione della parti danneggiate al fine di poter individuare con certezza le cause. Si spiega allora, la copiosa giurisprudenza che ormai si è formata sul tema.
 
Individuazione delle cause. Il fenomeno delle infiltrazioni di umidità possono essere causate da lesioni dei muri perimetrali, tubazioni danneggiate, cattiva o assente impermeabilizzazione assente. In tutti questi casi l’appartamento sarà oggetto sicuramente di danni. Ovviamente prima di individuare le responsabilità è necessario, preliminarmente, ricercare l’origine del danno per individuare il soggetto responsabile cui rivolgersi per il risarcimento: il proprietario del piano di sopra o adiacente, oppure il condominio. Per individuare la possibile provenienza, è preferibile rivolgersi ai periti che faranno i dovuti accertamenti tecnici.
 
Un caso particolare. Può anche accadere che l’unità immobiliare sia locata e sia soggetta ad infiltrazioni di umidità. In un caso analizzato dal Tribunale di Catania  (sentenza 1742, del 06-05-2013), il conduttore viveva in una casa in cui  le pareti di si bagnavano d’acqua quando piove causa una infiltrazione proveniente dalla copertura dell’edificio condominiale. Il conduttore, decide di sospendere il pagamento dei canoni di locazione.
 
Il criterio di imputazione della responsabilità. La decisione in rassegna ci consente di affrontare anche il rapporto intercorrente tra la responsabilità e il danno cagionato da cose in custodia, che si fonda su una relazione intercorrente tra l’attività del custode e la cosa danneggiata. Il custode è colui che ha l'effettivo potere sulla cosa, ovvero il proprietario, ma anche il semplice possessore o anche il detentore della cosa. Il criterio di imputazione della responsabilità per i danni cagionati a terzi da cosa in custodia è la disponibilità di fatto e giuridica sulla cosa che comporti il potere-dovere di intervenire sulla cosa.  Quindi, sotto l’aspetto prettamente tecnico-giuridico va precisato che la responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia, stabilita dall'art. 2051 c.c., si fonda sulla relazione intercorrente tra lo stesso e la cosa dannosa. La responsabilità risiede nel mancato intervento che si concretizza in un comportamento omissivo da cui può scaturire il danno. Nella fattispecie in tema di ripartizione dell'onere della prova, al condomino spetta provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il condominio, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno - che può essere anche il comportamento del danneggiato - che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'assoluta eccezionalità.  Concludendo, l’unico limite che si può avanzare è che la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il danno sia provocato dal dinamismo connaturale alla cosa stessa, ancorché quest'ultima si sia inserita in un processo dannoso provocato da agenti esterni. È comunque onere del danneggiato provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, anche limitatamente alla circostanza che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione del bene.
 
Il buono stato locativo delle cose. L'obbligo del locatore di effettuare le riparazioni necessarie a mantenere l'immobile in buono stato locativo, di cui all'art. 1576 c.c., riguarda gli inconvenienti eliminabili nell'ambito delle opere di manutenzione. Il locatore deve garantire il conduttore dalla assenza di vizi della cosa locata (art. 1587, co. 1, c.c.), ossia deve risarcire al conduttore i danni derivatigli dalla cosa locata, se non prova di averli ignorati senza colpa al momento della consegna. La violazione di tale garanzia legittima il conduttore ad agire per il risarcimento dei danni ma non anche per l'esatto adempimento, ossia per l'eliminazione dei vizi stessi. Per i vizi che attengono ad alterazioni strutturali o funzionali della cosa locata (es. infiltrazioni di umidità dipendenti da difetti costruttivi), il rimedio per il conduttore è la riduzione del corrispettivo, la risoluzione del contratto e l'eventuale risarcimento dei danni ex art. 1578 c.c.. Al contrario può agire per l'adempimento ex art. 1576 degli obblighi di manutenzione incombenti ex lege, o per contratto sul locatore.
 
I vizi della cosa locata. Nell'ambito di questa fattispecie è opportuno precisare che per stabilire l'inidoneità della cosa locata occorre rilevare che i vizi, ex art. 1578 c.c., sono quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Deve trattarsi di vizi materiali che possono anche essere esterni alla cosa (calore, rumorosità, inquinamento da esalazioni) tali da alterare l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale.
 
Chi paga? I giudici catanesi, accertato la causa del danno, dichiarano responsabile il  condominio e non al locatore risarcire al conduttore i danni delle macchie di umidità in casa, perche le infiltrazioni d’acqua sono la causa della cattiva manutenzione delle parti comuni dell’edificio 8nel caso di specie il tetto condominiale)  e il proprietario dell’immobile non è chiamato a tenere l’inquilino indenne se la causa del danno deriva da una negligenza diretta del condominio. 
 
Ma i canoni vanno pur sempre pagati. E’ vero fastidioso vivere in un appartamento in cui l’umidità rende fastidiosa la permanenza ma non la rende certo inutilizzabile. Infatti il conduttore comunque ci ha abitato e per tali motivi  è inevitabile che il medesimo continua a pagare i canoni di locazione e dunque dovrà rimborsare al proprietario di casa i canoni non versati. Quindi se da un lato deve essere posto a carico del condominio l’obbligo risarcitorio per le infiltrazioni d’acqua che hanno danneggiato l’unità immobiliare condotta in locazione, in quanto detto pregiudizio è determinato dalla mancata manutenzione delle parti comuni, dall’altro il conduttore non può evitare di versare il canone di locazione dal momento che non risulta impedito l’intero godimento dell’immobile, ma è pur sempre parziale. Diverso è il caso per esempio se l’appartamento danneggiato fosse rimasto inservibile ed inaccessibile per tutto il periodo delle riparazioni, costringendo a trasferire tutto il nucleo familiare del proprietario costretto a sostenere degli oneri per provvedere ad una sistemazione provvisoria.

Fonte : Condominio Web

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