sabato 28 settembre 2013

Una casa dentro l’altra

Una casa dentro l’altra

Paesaggi domestici e micro abitazioni di legno. Quando il living diventa piazza





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House K, realizzata in Giappone da Yoshichika Takagi, nasce dallo stimolante confronto tra le richieste dei committenti e le capacità interpretative del progettista

a K house, progettata a Sapporo, sull’isola giapponese di Hokkaido, da Yoshichika Takagi è candidamente affascinante come un racconto di Banana Yoshimoto. Interpreta la doppia anima del Giappone, in bilico tra tradizione e innovazione, presentandosi come narrazione di una piccola odissea emotiva generata dal confronto tra i desideri dei proprietari e la capacità interpretativa del progettista. La casa può essere lo specchio dei nostri desideri. Ma i desideri, in quanto tali, non sempre sono realizzabili. Però le sfide possono essere più intriganti dei desideri. E questa casa è la cronaca di una sfida.
I committenti sognavano una casa strutturata intorno a uno spazio aperto da utilizzare come estensione degli ambienti interni. Non è tutto. La immaginavano all’interno di un piccolo villaggio caratterizzato da scorci e piccole abitazioni. Ma Hokkaido è famosa per il suo clima molto rigido e così addio spazio esterno. In più l’area di progetto aveva un carattere urbano difficilmente conciliabile con l’effetto villaggio tipico dei piccoli agglomerati giapponesi.
La soluzione è stata trasformare l’intera abitazione in un microcosmo in cui si perdessero i confini tra fuori e dentro. Ecco allora le stanze diventare piccole case, con tanto di tetto a falde, distribuite intorno a un vasto open space. Su tutto una grande copertura, molto più alta, in grado di garantire il comfort termico necessario. Il risultato è un’articolazione di spazi e volumi che crea delle interconnessioni visive tra i vari ambienti.
E in tutta questa alternanza di scorci l’esterno si confonde con l’interno e viceversa. In più la scelta del legno come materiale principale fa sembrare tutto il sistema quasi la maquette di un villaggio. Il che attribuisce all’insieme un singolare carattere di artificialità. Ma come diceva Agrado nel film Tutto su mia madre di Pedro Almodovar “noi siamo più veri tanto più ci avviciniamo all’idea che abbiamo di noi stessi”. E forse funziona anche per le case.
Fonte : AtCasa
di Marco Valenti, foto di Seiya Miyamoto

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