venerdì 15 febbraio 2013

Dentro il giardino

Dentro il giardino

Case come paesaggi, muri che sembrano scaglie di suolo, risalite che ricordano le gradinate di Lisbona. Su tutto la mano dell’architetto portoghese Eduardo Souto de Moura, premio Pritzker 2011.

Le ha progettate Eduardo Souto de Moura, architetto portoghese premiato oggi con il Pritzker Prize, considerato il Nobel dell'architettura. A lui è andato il prestigioso riconoscimento che l'anno scorso era andato ai giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa (SANAA). I suoi lavori "contemporanei ma allo stesso tempo ancorati alla tradizione architettonica" hanno convinto la giuria.


  Non fa eccezione questo progetto, realizzato tessendo col paesaggio relazioni minute e complesse. İnterpretando con sapienza e discrezione i segni e i tempi di un luogo in cui la vita e le cose si muovono a velocità diverse. Dove la memoria di un’orografia antica convive con la crescita dell’edificato e i vecchi tracciati si ripetono, gigantografati, attraverso i muri di pietra a secco sapientemente interpretati dall’architetto portoghese.

İntorno il senso del giardino si esprime nel silenzio della composizione. È il ciclo delle ore, dei giorni, delle stagioni a tessere qui il suo racconto, il tempo cronologico e atmosferico. Un candido diaframma in cui le aperture sono semplicemente ritagliate - bianco su bianco - lascia appena intuire la ricchezza e la complessità degli spazi interni.

Il patio d’ingresso crea una distanza dallo spazio esterno che è funzionale al rallentamento del tempo fisicamente percepibile nell’abitazione. Il serrato controllo geometrico evidente nei disegni di progetto diviene nel costruito una trama invisibile che governa l’articolazione degli spazi.

Una volta varcata la soglia tutto è assorbito dall’interno della casa. La luce, modulata fra i patii e i lucernai che disegnano le lunghe strisce orizzontali della copertura, evoca un senso profondo di identità del luogo, geografica come esistenziale.

La lettura di Souto de Moura della performance di Joseph Beuys “I like America and America likes me”, in cui il grande artista concettuale opera la sua integrazione con il mondo animale e vegetale per recuperare un linguaggio perduto, riflette la dialettica tra architettura e paesaggio.

La semplicità dei segni è funzionale al senso della ripetizione e della serialità. Si può fare e rifare sempre la stessa casa, anche dieci volte, magari replicando la propria. Qui ermetico guardiano della soglia è l’edificio d’angolo, elemento di anomalia in cui si gioca fino in fondo la partita tra lo svelare e il nascondere. Forzando la geometria euclidea dentro l’assoluta essenzialità del linguaggio.

 
Fonte : ATCasa
di Francesca De Vita, foto di Ernesta Caviola

Nessun commento:

Posta un commento

KIZOA Movie Maker q9x618jf