giovedì 9 luglio 2015

Cortile trasformato in parcheggio: mediazione o negoziazione assistita?

Cortile trasformato in parcheggio: mediazione o negoziazione assistita?


Nonostante la marcata distinzione normativa degli ambiti operativi, non sempre è agevole dirimere (in giudizio e sul piano della ritualità) controversie che impongono il ricorso ad entrambi gli Istituti
La mediazione,
disciplinata dal D.Lgvo 28/2010 - per come modificato dal D.L. 69/13 convertito con modificazioni dalla Legge 98/13 -, è definita come attività svolta da un terzo imparziale, finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
La convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati è, invece, definita dal D.L. 132/2014 - convertito, con modificazione dalla Legge 162/2014 - come un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo anche ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96
L'esperimento del procedimento di mediazione deve avvenire preliminarmente all'instaurazione del giudizio ogni qual volta si controverta in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Viceversa, laddove trattasi di controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, ovvero di lite relativa alle esame di una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro occorre procedere preliminarmente, tramite un avvocato, all'invito dell'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita.
In entrambi i casi, lo svolgimento della “incombenza” costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, senza la quale la stessa non è in grado di essere istruita dall'autorità giudicante.
La ratio delle norme è evidentemente comune e risiede nel tentativo del legislatore di deflazionare il contenzioso civile.
Il sistema, tuttavia, per come attualmente congegnato presenta delle lacune operative. Nonostante la marcata distinzione degli ambiti operativi, molte materie rasentano entrambi gli Istituti e non sempre è agevole, stando allo spirito delle norme, dirimere (in giudizio, sul piano della ritualità) controversie che impongono il ricorso ad entrambi gli istituti.
Il Tribunale di Verona con l'Ordinanza del 25 giugno 2015 discerne tale fattispecie, fornendo una soluzione di validità operativa. Esaminiamola in dettaglio.
La vicenda. Tizio è comproprietario di una area cortiva con Caio, la quale, sin dalla costituzione del rispettivo dominio, è stata destinata a giardino comune.
Un bel giorno Caio decide di trasformare il cortile in area di parcheggio. Tizio subisce la scelta, non essendo stata da egli preventivamente condivisa, e decide di fare “causa” all'altro comunista, rivendicando la titolarità del diritto reale sull'area in questione e chiedendo, pertanto, il ripristino dello status quo ante; contestualmente: esercita una domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, argomentandolo in ragione delle asserite conseguenze lesive alle proprie abitudini di vita (danno alla salute).
Scomponendo le due azioni, il Giudice de quo nota che Tizio, con la prima delle due domande, ha introdotto una controversia in materia di diritti reali (che, in quanto tale, rientra tra le materie per cui è previsto l'obbligatorietà del tentativo di mediazione, da esperirsi preventivamente a norma dell'articolo 5, comma 1 bis, del D.Lgvo 28/2010), mentre con la seconda ha esercitato una azione condannatoria di natura risarcitoria.
Quest'ultima, è apparsa però svincolata dalla prima, nella misura in cui il chiesto risarcimento del danno viene argomentato in funzione di un assunto “danno alla salute” (non in ragione, dunque, della lesione del diritto reale ammannito).
In quanto fattispecie assai diversa alla prima, il Giudice a quo si è posto il problema se tale domanda dovesse essere rimessa all'esperimento della Convenzione di negoziazione assistita di cui all'articolo 3 comma 1 del D.L. 132 del 2014, convertito dalla Legge 162/2014. La risposta data al quesito è pero negativa: in quanto – come rilevato nel provvedimento in commento - il valore della domanda non è stato determinato dall'attore entro i limiti di cui all'anzidetta normativa.
A questo punto, stando all'applicazione del regime normativo di cui sopra, il Giudice dovrebbe scorporare la domanda risarcitoria da quella esercitata per la rivendicazione del “diritto reale”, così da consentire, solo per quest'ultima, lo svolgimento del procedimento di mediazione.
Tuttavia – conviene il Decidente -, una simile scelta logica rischierebbe di compromettere “ab origine” la prospettiva della conciliativa. In effetti, così procedendo, le parti si troverebbero a trattare di una parte solamente della complessiva controversia tra loro insorta, lasciando scoperta l'altra parte della “causa”. Il che svilirebbe la finalità della stessa “Mediazione” e le tecniche necessarie per consentire il raggiungimento di una intesa.
Di rilievo risulta, pertanto, la soluzione a cui perviene il Decidente per dirimere la querelle. Al fine di ovviare a quello che viene definito come vero e proprio “inconveniente”, il Tribunale scaligero ha deciso di onerare l'attore all'introduzione di un unico procedimento di mediazione, comprensivo cioè anche dell'esame della domanda risarcitoria e dei rispettivi effetti.
In questo modo, nessuna delle questioni sollevate in giudizio è rimasta esclusa dall'esperimento del tentativo per raggiungere un accordo conciliativo; ma, soprattutto, così procedendo, il Decidente ha tutelato la stessa ragione della Mediazione, a fronte delle diverse tecniche, anche non giuridiche, qui ivi impiegate per la risoluzione dei conflitti.
Tribunale di Verona Ordinanza del 25 giugno 2015

Fonte :  http://www.condominioweb.com


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