martedì 22 luglio 2014

Si possono effettuare lavori su parti comuni anche senza il consenso preventivo degli altri condòmini?

Quando è necessario il consenso degli altri condomini per l'esecuzione di opere sulle parti comuni dell'edificio.

Si possono effettuare lavori su parti comuni anche senza il consenso preventivo degli altri condòmini?

21/07/2014
di Ivan Meo 
Quando è necessario richiedere il consenso preventivo dell'assemblea condominiale. Partiamo da un presupposto: i giudici amministrativi hanno individuato nel consenso preventivo assembleare un momento partecipativo preliminare volto al rilascio di un assenso per la realizzazione di opere consistenti nella realizzazione di interventi edilizi su beni di proprietà condominiale. Tale assunto è stato ribadito da numerosi arresti giurisprudenziali: “la soprelevazione del tetto costituente copertura di tutto il condominio impone il rispetto delle garanzie partecipative del condominio stesso quale soggetto direttamente interessato dall'intervento assentito”(T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 17 maggio 2007, n. 800), mentre per quanto riguarda la realizzazione di opere comportanti modifica ai cavedi, stante la natura di parte comune degli stessi, sempre il T.A.R. Liguria, ha stabilito che occorre l'assenso da parte del condominio (T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 17 giugno 2005, n. 916).
Sullo stesso filone interpretativo si schiera il TAR Campania, Napoli, che con sentenza del 29 marzo 2007, n. 2902, ha precisato che “nel caso di opere edilizie soggette a DIA che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari, è legittimo esigere il consenso degli stessi; tate consenso è tuttavia richiesto in forma esplicita qualora vi sia un conclamato dissidio fra i comproprietari in ordine all'intervento progettato”.
Particolarmente interessanti, ai fini della nostra indagine, risultano due recenti pronunciamenti: il primo è stato emesso dal TAR Lombardia, Milano, che con sentenza dell'8 marzo 2007, n. 381, stabilisce che “poiché l'art 1102 c.c. consente a ciascun condomino di apportare le modificazioni necessarie al miglior godimento della cosa comune, senza alterarne la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso, deve ritenersi che il singolo condomino sia legittimato a presentare in proprio una DIA, non essendo necessaria la contestuale sottoscrizione della richiesta da parte degli altri comproprietari, se gli interventi rientrano in tale facoltà”. Ancor più interessante risulta essere la sentenza emessa dal TAR Veneto, del 2 luglio 2007, n. 2139 che ha stabilito che “ove la realizzazione di opere in attuazione di una DIA interessino anche il condominio, il mancato assenso di quest'ultimo, la cui porzione immobiliare inerisce, concerne esclusivamente tematiche privatistiche, cui resta estranea l'Amministrazione in sede di esame della denuncia medesima e, di conseguenza, risulta illegittima la sospensione della DIA motivata dal mancato intervento di una autorizzazione condominiale in ordine ai lavori edilizi”. In altri termini, secondo il giudice veneto, il mancato assenso del condominio cui la porzione immobiliare inerisce e l'eventuale mancato rispetto della disciplina condominiale è questione che concerne le relazioni privatistiche, cui resta estranea l'Amministrazione. Però a differenti conclusioni non può indurre la considerazione che l'intervento in questione consiste nella realizzazione di un balcone in aggetto al muro perimetrale comune, di cui i ricorrenti non hanno la proprietà esclusiva. Invero, la porzione di muro perimetrale sulla quale si è chiesto dì inserire il balcone è quella che delimita la proprietà esclusiva degli stessi ricorrenti.
Orbene, può anche essere condiviso, in linea di principio, che quando si tratti di intervenire su di un bene che non sia di esclusiva proprietà del richiedente, la titolarità della porzione condominiale non sia sufficiente, da sola, a legittimare la richiesta dei titolo edilizio, in quanto la facoltà di eseguire opere sulla cosa comune ovvero di modificarla a proprie spese, si concreta con la compresenza dì elementi negativi desumibili dalla formula degli artt. 1122 e 1102 c.c. Però la il Tribunale, continua nella sua motivazione, precisando che l'accertamento di tali elementi negativi deve essere compiuto dall'Amministrazione soltanto sulla base di parametri oggettivi e tecnici, che si correlano alle norme tecniche e regolamentari che, nel territorio, disciplinano la realizzazione dell'opera.
Il caso di specie. Il caso analizzato dal giudice amministrativo pugliese (Tar Puglia sentenza 16 giugno 2014, n. 730) trae origine dall'impugnazione di un permesso di costruire rilasciato al proprietario di un appartamento sito al piano terra del condominio, il quale aveva presentato istanza edilizia per l'apertura di alcuni vani finestra sul muro perimetrale con ampliamento del vano porta. Si propone ricorso, denunciando la violazione della normativa civilistica in tema di condominio degli edifici, riverberatasi sulla legittimità del permesso di costruire rilasciato.
Il Tar, condividendo l'orientamento della Cassazione (sentenza del 20 febbraio 1997 n. 1554)che ammette la modifica da parte del singolo di parti comuni, purché tali modifiche non pregiudichino l'uso comune stabilisce che:
  • è possibile modificare di parti comuni, purché tali modifiche non pregiudicano l'uso della cosa comune;
  • la realizzazione di modifiche su parti comuni degli edifici è legittima anche in assenza del consenso degli altri condomini purché i lavori non sottraggano definitivamente il bene alla sua funzione condivisa;
  • i lavori effettuati non devono pregiudicare la stabilità, il decoro o alla sicurezza del fabbricato.
Nel caso di specie il TAR esclude che l'apertura dei vani finestre e l'ampliamento della porta abbia sottratto il muro perimetrale alla sua ordinaria funzione comune, per tali motivi non è necessaria l'autorizzazione preventiva da parte del condominio. Per tali ragioni il giudice amministrativo non riscontra nessuna violazione nei confronti delle norme civilistiche.
Conclusioni. Dal sistema interpretativo giurisprudenziale si ricava che l'assemblea rimane sempre il massimo organismo deliberativo del condominio. I poteri dell'assemblea condominiale riguardano anche la disciplina delle modificazioni e delle innovazioni della cosa comune. Questo implica riconoscere e di individuare l'ambito entro il quale è lecito sceglierne le modalità attuative dei singoli lavori da eseguire sulle parti comuni, che possono essere diverse tra loro. Il generale divieto di esecuzione di opere che arrechino danno alle parti comuni, ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio deve essere sempre applicato al caso di specie per cui non sempre è necessaria la preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale purché vengano rispettati determinati limiti.
Tar Puglia 16 giugno 2014, n. 730


Fonte : condominioweb.com 

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