martedì 20 maggio 2014

Alla prima accensione la caldaia a gas esplode. Chi è il responsabile?

Alla prima accensione la caldaia a gas esplode. Chi è il responsabile?

20/05/2014
Il condòmino cita in giudizio l'installatore, il collaudatore e la casa costruttrice della caldaia a gas al fine di sentirli dichiarare responsabili, in via solidale, dell'implosione della stessa.
Il caso. Il centro assistenza tecnico di una casa costruttrice di caldaie inviava il proprio tecnico per curare la prima accensione di un impianto termico posto a servizio di una caldaia (appena acquistata) e per il rilascio della consequenziale cedola di garanzia.
Al momento dell'accensione l'apparecchio, improvvisamente, implodeva; seguiva una fortissima deflagrazione e si sprigionava una fitta nube di gas, in grado di diradarsi in tutta la scala condominiale (per la cronaca, trattavasi di un palazzo di otto piani). Fortunatamente - v'è da dire - non si sono verificate delle conseguenze lesive, per nessuno degli astanti, al di là di una leggera intossicazione. Il condòmino cita in giudizio l'installatore, il collaudatore e la casa costruttrice della caldaia a gas (appena acquistata) e installata al fine di sentirli dichiarare responsabili, in via solidale, dell'implosione della stessa ed ottenere un provvedimento di condanna alla rifusione delle somme spese per il relativo acquisto, in uno a quelle sostenute nuovamente perprovvedere alla relativa sostituzione della caldaia.
Cosa ha disposto il Tribunale di Palermo. Dalla rappresentazione storica e processuale del fatto sono emerse due specifiche responsabilità giuridiche, riconducibili:
  1. in parte, alla condotta dell'installatore; e cioè del tecnico che ha curato l'installazione della caldaia e dell'impianto postovi a servizio impiegando materiale non conforme alle norme di sicurezza e/o non completando l'opera oggetto dell'intervento secondo il manuale tecnico del fabbricante;
  2. e, in parte ulteriore, al comportamento tenuto dal collaudatore - e cioè del CAT (centro assistenza tecnico della impresa costruttrice della caldaia) che ha operato la messa in servizio della caldaia senza curarsi preventivamente di verificare la sussistenza di tutti i requisiti tecnici e di sicurezza dell'impianto, descritti segnatamente dal libretto di manutenzione della caldaia.
Entrambe le condotte sono state ritenute concause che hanno contribuito - a quanto sembra - con pari efficienza eziologica a cagionare l'evento dannoso poi di fatto occorso.
Il nostro ordinamento, infatti, nel disciplinare il rapporto di causalità ha accolto il principio della equivalenza delle cause o della condicio sine qua non, secondo cui le cause concorrenti sono tutte ciascuna causa dell'evento.
Con riferimento alla condotta dell'installatore. Il rapporto giuridico intercorso tra il committente e l'impresa che ha proceduto all'installazione della caldaia e alla realizzazione dell'impianto posto a relativo servizio è stato sussunto nell'alveo del rapporto di appalto ex art. 1655 e ss. cod. civ.. (Accensione impianti di riscaldamento: consigli sulla sicurezza.)
Ogni qual volta si verte in materia di "installazione di una caldaia", che importa, per la realizzazione dell'opera, la prevalenza del lavoro alla somministrazione della materia ci troviamo, di fatti, innanzi alla fattispecie del rapporto di appalto (cfr, Cass. Civ.11602/2002; Trib Treviso, 25 marzo 2010, n. 575).
L'installatore, pertanto, realizzando un impianto come quello in disamina ha contravvenuto alla diligenza professionale richiesta per l'adempimento di tali obbligazioni, violando, in particolare, l'art. 1176.2 cod. Civ., per non aver accertato, nei limiti delle comuni regole dell'arte, la idoneità dell'opera realizzata; e l'art. 1175 cod. civ. relativamente ai doveri di adempiere alle obbligazioni con correttezza e buona fede.
Con riferimento al collaudatore. Sotto altro e concorrente profilo, l'implosione della caldaia è stata parimenti determinata dalla condotta colposa posta in essere dal collaudatore del centro autorizzato del fabbricante: elevatasi quale antecedente logico giuridico necessario dell'evento, senza il quale il nocumento non si sarebbe verificato.
Difatti, la presunzione di responsabilità sussiste non soltanto per gli eventi che siano conseguenza diretta di un comportamento positivo, ma anche per quelli che derivino dall'omissione di una condotta dovuta, come nel caso di mancata adozione di misure di sicurezza, nello svolgimento di un'attività pericolosa (ex multis, Cass civ. 78/2189; 04/17369).
Nella fattispecie trattata è stato, pertanto, evidenziato dal Giudice la concorrente violazione da parte del convenuto della diligenza professionale richiesta dall'art. 1176, comma II, cod. civ., a mente del quale: "Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata".
Con riferimento al fabbricante della caldaia. Per converso, non è stata ritenuta sussistente la responsabilità della impresa che ha fabbricato la caldaia e che ha inviato il proprio tecnico a procedere alla "prima accensione". Secondo il Giudice palermitano: "non appare configurabile una responsabilità della società in questione neppure ai sensi dell'art. 2049 c.c. (responsabilità padroni committenti), non sussistendo né un rapporto di subordinazione con conseguente possibilità giuridica di controllo e sorveglianza sull'attività del proposto né un rapporti di dipendenza caratterizzato da un potere di direzione e vigilanza".
L'esito del giudizio. Entrambi i tecnici sono stati condannati in solido, perché non hanno avuto cura di prestare la diligenza professionale del caso, stante anche l'attività pericolosa che hanno posto in essere. Viceversa, il fabbricante della caldaia l'ha fatta invece franca: nel senso che non è stato ritenuto obiettivamente responsabile, neppure per il fatto che il collaudatore dell'apparecchio ivi operava, in fin dei conti, in propria vece e funzione.
Solamente l'installatore e il collaudatore sono stati ritenuti responsabili ex artt. 2055 cod. civ.,rispetto ai fatti lamentati da parte attrice. A tal fine si è valorizzato preminentemente il nesso causale tra le condotte illecite ed il danno civile sullo scorta del principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen. (rapporto di causalità - concorso di cause). La massima recita: un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo in forza del criterio della cosiddetta causalità adeguata. 
Tribunale di Palermo del 02 febbraio 2014



Fonte : condominioweb.com 

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