venerdì 17 maggio 2013

L'esistenza della servitù prediale dev'essere sempre provata dal proprietario del fondo dominante

L'esistenza della servitù prediale dev'essere sempre provata dal proprietario del fondo dominante

17/05/2013
di Alessandro Gallucci




La servitù prediale, a dirlo è l’art. 1027 c.c., consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.
 
L’utilità è concetto fondamentale al fine di valutare se un determinato diritto possa essere o meno considerato alla stregua di una servitù.
 
Secondo la giurisprudenza, che sul punto si pronuncia in modo univoco, “elemento costitutivo della servitù prediale è, quindi, l'utilitas del fondo dominante: la servitù deve tradursi in un vantaggio diretto del fondo dominante come mezzo per la migliore utilizzazione di questo” (così, ex multis, Trib. Salerno 17 giugno 2010).
 
Il vantaggio deve rappresentare, quindi, prima di tutto un miglioramento se non addirittura una necessità (si pensi alla servitù coattiva di passaggio indispensabile per accedere ad un fondo altrimenti inaccessibile) per il predio.
 
Il parcheggio sul fondo del vicino non rappresenta un’utilità tale da consentire la costituzione di una servitù: esso, infatti, serve solamente al proprietario per una sua maggiore comodità e non al fondo che comunque potrebbe essere utilizzabile.
 
In questo contesto la dottrina ha avuto modo di affermare che la servitù è di diritto tipico dal contenuto atipico (cfr. D.Minussi, Proprietà – Possesso - Diritti Reali, edizioni Simone, 2009), in quanto l’utilità non è predeterminata dalla legge ma va valutata di volta in volta pur nell’ambito dei parametri sopradescritti.
 
Questo per ciò che concerne l’utilità; quanto alla costituzione la legge indica i seguenti modi:
 
volontariamente (accordo tra le parti, testamento);
coattivamente (per sentenza, per atto amministrativo).

 
In questo contesto, se sorgono contestazioni in merito all’esistenza del diritto stesso (es. servitù non trascritta presso i pubblici registri immobiliari o magari usucapione della servitù), il compito di dimostrarne l’esistenza è sempre del proprietario del fondo dominante.
 
In tal senso, in una recente sentenza della Corte di Cassazione, è stato affermato che “poiché i modi di costituzione delle servitù prediali sono tipici, il riconoscimento da parte di un proprietario di un fondo della fondatezza dell'altrui pretesa circa la sussistenza di una servitù mai costituita è irrilevante ove non si concreti in un negozio idoneo a far sorgere per volontà degli interessati la servitù stessa.
 
Del pari la pretesa confessione circa l'esistenza della servitù è inidonea alla costituzione (Cass. 25.11.1992 n. 12551)”.
 
Insomma non basta dire: “si è vero sul mio fondo insiste una servitù a vantaggio di quello del vicino”, essendo altresì necessario che tale dichiarazione sia poi trasposta in un contratto.
 
Ciò perché, prosegue la Corte motivando la sua decisione, “l'atto ricognitivo unilaterale di servitù, previsto con efficacia costitutiva dall'art. 634 cc abrogato, non è contemplato dal codice vigente, né vale a determinare quella presunzione di esistenza del diritto ricollegata alla ricognizione del debito dall'art. 1988 cc, essendo questa norma inapplicabile ai diritti reali; né lo stesso può configurare un atto di ricognizione con gli effetti di cui all'art. 2720 cc in ipotesi di preteso acquisto della servitù per usucapione o in alternativa per destinazione del padre di famiglia, giacché in tali casi fa difetto il titolo costituito dal documento precedente di cui si prova l'esistenza ed il contenuto mediante il riconoscimento (Cass. 24.8.1990 n.8660 ed, in senso conforme, Cass.n. 4353/1998)” (Cass. 2 maggio 2013, n. 10238).
 
Fonte : CondominioWeb.com

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