venerdì 6 giugno 2014

Delibera condominiale annullata? Solo l'amministratore può impugnare la sentenza. Nuovo contrasto all'orizzonte.

Delibera condominiale annullata? Solo l'amministratore può impugnare la sentenza. Nuovo contrasto all'orizzonte.

04/06/2014
La delibera condominiale è stata annullata e i vostri vicini in assemblea se ne infischiano, voi vi rivolgete ad un avvocato perché ritenete quell'invalidazione un errore madornale e volete opporvi.
Potete farlo? No, anzi si, anzi…forse.
Leggendo le sentenze in materia di causa condominiali, non è raro imbattersi in una massima che recita:configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, qual è l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale (Cass. 29 aprile 1993 n. 5084).
Abbiamo preso come punto di riferimento – non casualmente, vedremo più avanti perché – una sentenza del 1993 ma quelle sull'argomento che riportano quest'affermazione sono numerosissime.
Una formula che, però, rischia di svuotarsi di contenuto o che, meglio, sta prestando il fianco ad un contrasto interpretativo in grado di avere notevoli riflessi pratici su una questione di natura processuale, vale a dire la legittimazione del singolo condomino ad agire in giudizio nell'interesse del condominio. Vediamo perché.
La Cassazione, con la sentenza n. 9502 del 30 aprile 2014, pur riprendendo la massima citata in principio ne ha notevolmente ristretto il campo di applicazione. Nel caso di specie un condomino aveva impugnato davanti ai giudici di legittimità una sentenza che aveva statuito l'annullamento di una deliberazione assembleare per ragioni attinenti la regolarità del verbale. (Delibera assembleare annullata? L'amministratore può impugnare autonomamente la sentenza)
I giudici di piazza Cavour hanno considerato il ricorso inammissibile per carenza di legittimazione passiva del ricorrente, ergo del condomino.
Si legge in sentenza che “la legittimazione all'impugnazione spetta esclusivamente a chi abbia assunto la qualità di parte nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata e nei cui confronti la sentenza risulti emessa, onde il ricorso per Cassazione proposto da un soggetto diverso dall'una o dall'altra delle dette parti è inammissibile e tale inammissibilità, per quanto sopra evidenziato, deve essere rilevata anche d'ufficio. Ne consegue che il condomino dal quale è stato proposto il ricorso in esame, in quanto rimasto estraneo al giudizio di merito, non può impugnare la sentenza della Corte di appello di Napoli, resa nel detto giudizio tra l'attuale resistente ed il Condominio rappresentato dall'amministratore” (Cass. 30 aprile 2014 n. 9502).
Ma come, potrebbe domandare qualcuno: “e quella massima che avete citato in principio? Dopo tanti anni che la Corte s'è pronunciata in senso opposto, che fine le si fa fare?” Non siete stati gli unici a porvi la domanda, anzi verrebbe da dire che è stato lo stesso condomino a difendersi in questo modo. Infruttuosamente, ahilui!
“Nè – dice la Corte – può il ricorrente utilmente invocare, a contrario, la peculiare legittimazione riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte ai singoli condomini in ragione o della loro partecipazione al diritto di proprietà sulle parti comuni dell'edificio, o lato sensu tali, o del proprio diritto esclusivo di proprietà sulla singola unità immobiliare”. Ciò in quanto il principio della partecipazione del condomino al giudizio riguardante la compagine (quello espresso dalla sentenza del 1993 e da tante altre) non riguarda i casi d'impugnazione delle delibere assembleari. (Importanti istruzioni per la sostituzione della delibera assembleare.)
Ma allora, stando così le cose, qual è la sorte di quel principio?
Esso, chiosa la Cassazione, è stato affermato in cause che vertevano su diritti reali, come tali in grado d'incidere sul diritto pro quota di ogni condomino in relazione alle parti comuni dell'edificio, o su quelle ad esse assimilabili, nonché sui diritti inerenti le singoli unità immobiliari. Un conto, però, sono i diritti reali, altro la gestione della compagine, prosegue la Corte. In tale ultimo caso, riportiamo le parole dei giudici, “non trova applicazione relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un servizio comune, bensì la gestione di esso, ed intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino, nelle quali non v'è correlazione immediata con l'interesse esclusivo d'uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento ed al finanziamento corretti dei servizi stessi, onde in tali controversie la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all'amministratore, la mancata impugnazione della sentenza da parte del quale esclude la possibilità d'impugnazione da parte del singolo condomino (cfr già Cass. 3.7.98 n. 6480; Cass. 29.8.97 n. 8257; Cass. 12.3.94 n. 2393)” (Cass. 30 aprile 2014 n. 9502).
Insomma sulle impugnative delle delibere o partecipa al giudizio il condominio, oppure si deve dichiarare la contumacia della compagine senza possibilità di alcun intervento.
Perché, allora, la sentenza del 1993 è così importante? Perché in quella sentenza, come nella pronuncia n. 9502, un condomino aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza avente ad oggetto l'impugnazione della delibera assembleare dopo non aver partecipato ai precedenti gradi di giudizio ed i giudici di Cassazione non avevano dichiarato la sua azione inammissibile. Insomma una decisione diametralmente opposto rispetto a quella in esame. Vedremo se verrà il contrasto proseguirà e se si riterrà opportuno sottoporre la questione alle Sezioni Unite.
L'importante, qualunque sia il pensiero in merito, è che la situazione non divenga incerta come nel caso della legittimazione passiva dell'amministratore di condominio:
 Cass. 30 aprile 2014 n. 9502



Fonte : condominioweb.com 

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