venerdì 21 marzo 2014

Sentenza choc della Corte Costituzionale. I Giudici salvano gli affitti in nero. Bocciate le norme per eccesso di delega.

Sentenza choc della Corte Costituzionale. I Giudici salvano gli affitti in nero. Bocciate le norme per eccesso di delega. 


17/03/201
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo


Una rivoluzione imprevista. Dichiarati illegittimi i canoni ridotti al minimo per i proprietari che non registrano il contratto.

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23/2011, nella parte in cui prevedeva la possibilità del conduttore di registrare tardivamente il contratto di locazione “in nero”, ottenendo un “nuovo” contratto di durata quadriennale e con riduzione del canone d'affitto pari al triplo della rendita catastale dell'immobile. Una disciplina estesa anche alle ipotesi di contratto di locazione registrato con un canone inferiore a quello effettivo e di contratti di comodato fittizi.

Cancellati dunque gli “sconti” previsti in caso di registrazione dei contratti in nero. Una decisione che travolge uno dei capisaldi della disciplina della cedolare secca sugli affitti: quella che stabiliva l'applicazione ai contratti non registrati di un canone annuo pari al triplo della rendita catastale, con una riduzione degli affitti fino al 70-80% rispetto alle cifre di mercato.

Le norme in questione avevano peraltro già sollevato non poche perplessità sia in giurisprudenza che tra le associazioni di settore, soprattutto nella parte in cui consentivano all'inquilino, con la mera registrazione tardiva del contratto, di “autoridursi il canone” senza tener conto della controparte contrattuale e s enza la necessità di un preventivo intervento del giudice. Una previsione che, da strumento di lotta all'evasione, rischiava di sfociare in situazioni di vero e proprio abuso del diritto. Ne avevamo già parlato in un precedente articolo (Cedolare secca: il conduttore può autoridursi il canone?).

La sentenza in commento origina da numerose cause promosse dai proprietari, a seguito delle quali alcuni Tribunali – Salerno, Palermo, Firenze, Genova, Roma – hanno rimesso la questione alla Corte Costituzionale. Nel mirino la legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9 del d.lgs. n. 23/2011, norma che la stessa Consulta definisce “sotto numerosi profili “rivoluzionaria” sul piano del sistema civilistico vigente”.

Tra i rilievi di incostituzionalità sollevati, la Consulta ha accolto quello che concerne l'eccesso di delega, ritenendo che le misure adottate dal Governo siano del tutto prive di “copertura” da parte della legge di delegazione n. 42/2009, in riferimento sia al relativo ambito oggettivo, sia alla sua riconducibilità agli stessi obiettivi perseguiti dalla delega, in violazione dell'art. 76 Cost.

Con la legge n. 42 del 2009 il Parlamento ha inteso introdurre, tra l'altro, “disposizioni volte a stabilire in via esclusiva i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, con l'obiettivo dichiarato di disciplinare «i principi generali per l'attribuzione di un proprio patrimonio a comuni, province, città metropolitane e regioni». Ancora: l'art. 2 della legge precisa che l'esercizio della funzione legislativa è conferito «al fine di assicurare, attraverso la definizione dei princípi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e la definizione della perequazione, l'autonomia finanziaria di comuni, province, città metropolitane e regioni nonché al fine di armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti e i relativi termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica».

Si tratta – osserva la Corte - di un ambito normativo rispetto al quale il tema di cui alla disciplina denunciata risulta del tutto estraneo, essendo questa destinata ad introdurre una determinazione legale di elementi essenziali del contratto di locazione ad uso abitativo (canone e durata), in ipotesi di ritardata registrazione dei contratti o di simulazione oggettiva dei contratti medesimi, pur previste ed espressamente sanzionate nella disciplina tributaria di settore

Anche il tema generale dell'evasione fiscale non può essere considerato (come sostenuto dal Governo) quale criterio per l'esercizio della delega. Quest'ultimo, infatti, per definizione, deve indicare lo specifico oggetto sul quale interviene il legislatore delegato, entro i previsti limiti.

La sentenza accenna, poi, allo Statuto dei diritti del contribuente - inserito tra i parametri oggettivi della legge delega - secondo cui le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto. Ne consegue che, tanto più, la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non può legittimare (come sarebbe nella specie) addirittura una novazione del contratto – per factum principis – quanto a canone e a durata. La denunciata “sostituzione” contrattuale avviene peraltro “in via automatica”, a seguito della mancata tempestiva registrazione del contratto, con ulteriore violazione degli obblighi d'informazione del contribuente, anch'essi prescritti dal predetto statuto.

Com'è noto, la dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge rende generalmente la norma inefficace ex tunc e, quindi, estende la sua invalidità a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della corte, restandone esclusi soltanto i «rapporti esauriti» come, ad esempio, quelli decisi con sentenza passata in giudicato, oppure non più operanti, per decadenza o prescrizione.

Al di là dei pareri favorevoli o contrari, la dichiarazione d'illegittimità costituzionale per difetto di delega non sembra tuttavia porre la parola fine alla c.d. cedolare secca. La parola torna ora al legislatore, che dovrà valutare l'opportunità di reintrodurre la disciplina in questione, tenendo conto delle numerose criticità sollevate dalla giurisprudenza e dalla stessa Corte Costituzionale.

Fonte: CondominioWeb.com

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