giovedì 18 giugno 2015

Escavazione nel sottosuolo: possibile solo con il consenso degli altri condomini

Escavazione nel sottosuolo: possibile solo con il consenso degli altri condomini

È questo il principio di diritto che si ricava dalla sentenza della Corte di Cassazione n 11667 del 5 giugno 2015.
Ad essere leso - secondo gli Ermellini - è il diritto di comproprietà, in quanto l'escavazione per iniziativa del singolo priverebbe gli altri condomini dell'uso e del godimento, «anche soltanto potenziale» di una parte comune (il suolo ed il sottosuolo, appunto). La linea di confine tra la proprietà del condomino e quella comune sarebbe rappresentata dalla linea del pavimento dell'unità immobiliare posta al piano più basso dell'edificio.
Il fatto. Il Condominio contesta al proprietario del locale al piano più basso dell'edificio di aver eseguito dei lavori di ampliamento che hanno comportato l'abbassamento del piano di calpestio. In questo modo il sottosuolo, di proprietà condominiale, sarebbe stato annesso in maniera abusiva alla proprietà esclusiva. Il proprietario si difende sostenendo, tra l'altro, che le opere di ristrutturazione non hanno comportato l'abbassamento del piano di calpestio dell'immobile né, tantomeno, un inglobamento del sottosuolo comune all'interno della proprietà privata. I lavori sarebbero stati determinati dalla necessità di consolidare e rafforzare il piano di calpestio. Il proprietario sostiene altresì che la presunzione di comproprietà del sottosuolo ex art. 1117 c.c. va esclusa nel caso di specie, atteso che la parte di suolo in questione poteva comunque essere utilizzata solo ad uso e al godimento di quel particolare immobile e non anche dai condomini dei piani superiori. Inoltre, la C.T.U. espletata non aveva stabilito con certezza se i lavori avevano effettivamente interessato il sottosuolo di proprietà condominiale.
In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda del Condominio, ma la decisione veniva ribaltata dalla Corte d'Appello, che condannava il proprietario del locale a rialzare il piano di calpestio del locale portandolo alla quota originaria. La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza d'appello.
Il punto di vista della Cassazione. I Giudici di legittimità ricordano che, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad un condomino, lo spazio sottostante al suolo su cui sorge il fabbricato, deve intendersi di proprietà comune, indipendentemente dalla sua destinazione, ai sensi degli artt. 840 e 1117 c.c. Pertanto, il singolo condominio non può, senza il consenso degli altri, procedere ad escavazioni inglobando parte del sottosuolo alla proprietà esclusiva in modo da ricavare nuovi locali o ingrandire quelli preesistenti. Tale attività, infatti, comporterebbe, illegittimamente, l'assoggettamento del bene comune a vantaggio esclusivo del singolo condomino.
La presunzione di condominialità del suolo. Il suolo su cui sorge il fabbricato è di proprietà comune ex art. 1117 c.c. Esso comprende "l'area dove sono infisse le fondazioni e la superficie sulla quale poggia il pavimento del pianterreno, non anche quest'ultimo. Ne consegue che i condomini sono comproprietari non della superficie a livello di campagna, bensì dell'area di terreno sita in profondità - sottostante, cioè, la superficie alla base del fabbricato - sulla quale posano le fondamenta dell'immobile".
Il sottosuolo inizia dove termina il pavimento del piano più basso a prescindere che questo emerga, in tutto o in parte, dal piano di campagna circostante, o che si trovi più in profondità, risultando completamente interrato. Il singolo proprietario del locale a piano terra, salvo non dimostri di avere acquistato in base a valido titolo porzioni di esso, "non può assoggettarlo a proprio uso esclusivo impedendone il pari uso agli altri condomini senza il consenso di costoro". Esiste, quindi, una vera e propria presunzione di condominialità del sottosuolo che, peraltro, può essere superata da prova contraria costituita da un valido titolo di acquisto.


Sottosuolo, bene in condominio o parte di proprietà esclusiva?
di Alessandro Gallucci
L'art. 1117 del codice civile non menziona espressamente il sottosuolo tra i beni che devono considerarsi (per molti presumersi, la tale temine è utilizzato in modo improprio) di proprietà comune.
Ed allora, il sottosuolo dev'essere considerato bene in proprietà esclusiva o parte comune? E di conseguenza come valutarne le possibili modalità d'uso?
Una sentenza resa dalla Corte di Cassazione il 5 giugno 2015, la n. 11667 ci consente di tornare sull'argomento e valutare quella che, ad oggi, può considerarsi la soluzione unanimemente accolta in dottrina e giurisprudenza.
Funzione dei beni e loro utilizzazione; per arrivare alla soluzione sulla natura del sottosuolo e quindi alle sue possibili modalità d'uso è necessario rispondere ad una domanda: a che cosa serve il sottosuolo?
A dire il vero a questa domanda bisogna rispondere tutte le volte che ci si trova davanti ad una parte di edificio non menzionata dall'art. 1117 c.c.; questa norma, ce lo dicono ormai da anni i giudici e gli studiosi, non contiene un'elencazione tassativa dei beni comuni, ma solamente un elenco esemplificativo di parti e impianti dell'edificio che sono comuni se un titolo (leggasi primo atto d'acquisto o regolamento contrattuale ivi allegato) non disponga diversamente.
E come fare a capire se un bene è comune? Proprio guardando alla sua funzione, ossia a che cosa serve. Se viene utilizzato per meglio godere delle unità immobiliari di proprietà esclusiva o comunque per usi non riconducibili al godimento esclusivo di un solo comproprietario devono essere considerati in condominio (magari anche solo parziale, cfr. art. 1123, terzo comma, c.c.).
Nel caso del sottosuolo, che è la parte del terreno posto sotto il suolo sul quale poggiano le fondamenta dell'edificio, oltre alla evidente connessione strutturale con una parte comune, gioca il richiamo contenuto nell'art. 840 c.c. che battezza di proprietà del titolare del suolo ciò che v'è nello spazio sottostante (chiaramente salvo diversa indicazione).
In effetti, ormai da anni, la Corte di Cassazione è costante nell'affermare che "per il combinato disposto degli artt. 840 e 1117 c.c. lo spazio sottostante ai suolo su cui sorge un edificio in condominio, in mancanza di titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, deve considerarsi di proprietà comune, indipendentemente dalla sua destinazione; ne consegue che il condomino non può, senza il consenso degli altri, procedere ad escavazioni in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali od ingrandire quelli preesistenti, comportando tale attività l'assoggettamento di un bene comune a vantaggio del singolo (Cass. 28-4-2004 n. 8119; Cass. 9-3-2006 n. 5085; Cass. 24-10-2006 n. 22835; Cass. 13-7-2011 n. 15383)" (Cass. 5 giugno 2015 n. 11667).
Se il bene è comune, esso soggiace alle norme che disciplinano l'uso delle cose comune da parte dei singoli condòmini, ossia a quanto stabilito dall'art. 1102 c.c.
In questo contesto, quindi, i giudici di legittimità, nella sentenza in esame, sono arrivati alla stessa conclusione cui sono giunti in passato quando hanno risolto casi simili: rappresenta un uso illegittimo delle sottosuolo condominiale, la condotta di chi escavando per ampliare la propria unità immobiliare chi se ne appropria (Appropriazione di 60 cm di sottosuolo da parte del singolo condomino.) in spregio al pari diritto degli altri condòmini e comunque annettendo una parte comune al suo esclusivo vantaggio senza il consenso (scritto) di tutti gli altri interessati.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, 8 aprile - 5 giugno 2015, n. 11667


Fonte : www.condominioweb.com 

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