mercoledì 24 giugno 2015

Durata della locazione per uno studio professionale

Durata della locazione per uno studio professionale

Sono un giovane ingegnere ed ho intenzione di lavorare come libero professionista. Sto cercando un piccolo studiolo e per quello che ho farebbe al caso mio il proprietario ha detto che sigliamo un contratto a norma di legge di durata di sei anni con proroga della medesima durata.
Lui dice che è l'unica possibilità di durata prevista dalla legge.
Siccome sono all'inizio e non vorrei impegnarmi per così tanto tempo, mi domando: non è possibile sottoscrivere un accordo di durata inferiore, una sorta di contratto ad uso transitorio?
Partiamo dall'individuazione della normativa di riferimento: artt. 27 e ss. della legge n. 392/78 specificamente dedicati alla locazione di immobili urbani destinati ad usi differenti da quello di abitazione.
L'art. 27, primo e secondo comma, della legge citata specificano che la durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad a varie attività commerciali, artigianali e produttive in genere. Ad esse, lo specifica chiaramente il secondo comma devono essere assimilate le locazioni riguardanti immobili da adibire all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.
A meno che l'attività di libero professionista non sia saltuaria, dunque, la durata del contratto dev'essere minimo di sei anni. Ciò tanto se il professionista stipuli un contratto di locazione, quanto di sublocazione (es. affitto stanza in studio professionale).
Diverso il caso del professionista che prende in locazione (o sublocazione) un'unità immobiliare (o un vano) in una città diversa da quella ove svolge la propria attività, per ragioni contingenti legate ad uno specifico incarico (art. 27, quarto comma, l. n. 392/78). In tal caso è possibile applicare le norme generali dettate dal codice civile che non prevedono una durata minima (cfr. art. 1573 c.c.).
Certo è che l'inizio all'attività non vi sono certezze assolute sulla sua riuscita e quindi sulla sua continuità nel tempo. Vero, ma ciò non conta ai fini della legge che ritiene sufficiente l'esercizio abituale e professionale.
Se le parti, nonostante tutto, dovessero prevedere una durata inferiore?
Il terzo comma del medesimo articolo specifica che “se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti”.
Ed allora? Che cosa può fare un giovane professionista per evitare di rendere eccessivamente gravoso il contratto in termini di durata?
È la stessa legge che, sia pur non specificamente rispetto a questa ipotesi, prevede una possibilità a vantaggio del conduttore di recedere dal vincolo contrattuale senza dover specificare il motivo con un preavviso di sei mesi. Del genere: comunicazione con raccomandata a.r. inviata a giugno con l'indicazione dell'esercizio del diritto di recesso e rilascio dell'immobile nel successivo mese di dicembre. Per esercitare tale modalità di recesso è necessaria una specifica indicazione nel contratto di locazione (art. 27, sesto comma, c.c.).
Resta sempre possibile, invece, il medesimo recesso, con le medesime tempistiche, qualora ricorrano gravi motivi. Tali sono fatti non previsti e non voluti dal conduttore, quali ad esempio, la chiusura dell'attività per mancanza di lavoro (art. 27, sesto comma, c.c.).


Fonte : http://www.condominioweb.com

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