lunedì 8 febbraio 2016

La tutela del diritto di veduta e delle distanze legali da parte del singolo condomino.

La tutela del diritto di veduta e delle distanze legali da parte del singolo condomino.


"La legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condomini".
E' quanto di recente affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. II, relatore dott. Oricchio, con lasentenza del 27.01.2016, n. 1549.
La vicenda prende le mosse dall'atto di citazione, ad istanza del Condominio, il quale evocava in giudizio uno dei condòmini dello stabile, sul presupposto che lo stesso aveva inteso edificare dei pergolati e delle tettoie nonché apposto delle gronde in aderenza al muro condominiale.
Si lamentava, pertanto, della violazione delle distanze legali nonché della lesione del diritto di veduta in danno dei restanti condòmini, con compromissione anche dell'estetica e del decoro architettonico del fabbricato in condominio, chiedendo contestualmente il ripristino dello stato dei luoghi.
Sull'opposizione del condomino che, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda, il Tribunale adito rigettava la domanda del Condominio, che veniva altresì condannato al pagamento del 50% delle spese di lite e della disposta consulenza tecnica d'ufficio.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il Condominio e la Corte d'Appello di Genova, all'esito delle difese di entrambe le parti, in accoglimento dell'appello principale condannava il condomino alla rimozione dal proprio giardino di due pergolati e tre tettoie sullo stesso edificate.
Il giudizio veniva sottoposto al vaglio della Suprema Corte, alla quale il condomino soccombente si rivolgeva per la cassazione della sentenza, affidando il ricorso a sette motivi.
In particolare, il ricorrente eccepiva - tra l'altro - la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c., in considerazione del fatto che la legittimazione ad agire per la tutela dei diritti di veduta spetterebbe a ciascun condomino, e non all'amministratore del condominio, oltre al difetto di motivazione in merito al mancato rispetto delle distanze legali, dal punto più sporgente delle tettoie alla facciata del muro condominiale.
La Corte di Cassazione fa il punto sulle differenti tutele invocate dal ricorrente che involgono due differenti aspetti, quello delle distanze legali e quello, differente, del diritto di veduta.
A tal proposito richiama l'art. 873 c.c., per il quale: "Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore".
Sottolinea altresì come sia il Condominio che i singoli condòmini, per quanto concerne le rispettive proprietà, hanno interesse alla loro tutela, sia con riferimento ai beni comuni che a quelli di pertinenza individuale.
Evidenzia, infatti, come: "… l'ampia previsione dell'art. 873 c.c. ben giustificava e costituiva il fondamento, nella fattispecie, dell'interesse alla tutela delle proprietà nei confronti ed al cospetto di attività e realizzazioni di opere individuate come lesive".
Per quanto concerne le distanze legali, esiste la concorrente legittimazione ad agire sia del Condominio che dei singoli condòmini, a seconda che venga in rilievo la lesione dei diritti della proprietà collettiva ovvero di quella degli esclusivi proprietari/condòmini.
A tal proposito, infatti, "la valutazione delle prescritte distanze con riferimento al punto massimo di sporgenza delle tettorie andava comunque svolta con specifica e chiara motivazione in punto di calcolo delle stesse con riguardo alla lesione di diritti individuali di singoli condomini e/o di diritti inerenti beni condominiali", tanto è vero che: "differente sarebbe, infatti, la soluzione da dare in concreto alla vicenda se si trattasse di computo distanze nei confronti si singola proprietà individuale di un condomino ovvero nei riguardi di beni condominiali".
Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha fondato il proprio assunto, prendendo a spunto la distanza delle costruzioni realizzate dal condomino, con riferimento alle singole proprietà immobiliari, nonostante le censure venissero mosse dal Condominio ("punto più sporgente delle tettoie alla facciata del muro condominiale"), portatore di un interesse collettivo e non certo individuale, incappando nel denunciato vizio di motivazione che, conseguentemente, deve essere accolto.
Ciò posto da tanto è agevole desumere come, in merito alla violazione delle distanze legali, i legittimati all'avvio dell'azione giudiziaria, possono essere il Condominio, il condomino o entrambi:
  1. Esiste la legittimazione ad agire del Condominio, qualora vengono in rilevo gli spazi tra la costruzione ritenuta lesiva e i beni condominiali (ad esempio: facciata, finestra delle scale, androne, ecc.);
  2. la legittimazione ad agire è in capo al singolo condomino, qualora il giudizio involga le distanze dalla edificazione illegittima e l'immobile di pertinenza esclusiva del condomino;
  3. si è al cospetto di una legittimazione concorrente, del Condominio e del condomino, allorquando la costruzione violi le distanze legali in relazione sia ai beni comuni che alle proprietà individuali.
Analogo discorso per quanto concerne il diritto di veduta, la cui legittimazione ad agire può risiedere in capo al singolo condomino, al Condominio, ma anche agli stessi concorrente, in ragione dell'oggetto della violazione.
Nel caso concreto, in considerazione del fatto che il Condominio attore non ha eccepito la violazione del diritto comune alla veduta, bensì quello dei singoli partecipanti, la Suprema Corte ha evidenziato la sua carenza di legittimazione ad agire sul punto.
Ed invero, afferma la Corte di Cassazione: "La legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condomini".
Specificando come: "In assenza di ogni altra allegazione quanto alla possibilità di coesistenza di vedute di singoli condomini e di vedute quali, ad esempio, quelle delle finestre delle scale del condominio, il diritto di veduta a favore delle singole unità abitative è proprio del titolare della proprietà di ciascun singola appartamento e, pertanto, non del Condominio, ma del singolo condomino-proprietario".
Di talché, anche sotto questo punto di vista il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e rinviata, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova.
STUDIO LEGALE AVV. PAOLO ACCOTI

La lesione del diritto di veduta è affare dei singoli condòmini


(Avv. Alessandro Gallucci)
In tema di azioni giudiziarie legate alla lesione del diritto di veduta a seguito di nuova costruzione da parte di uno dei condòmini, deve ritenersi che la legittimazione a fare accertare l'illegittimità delle opere spetti ai diretti interessati.
Nei consegue che in assenza di finestre condominiali che possano consentire l'affermazione di una lesione del comune diritto di veduta, tale azione debba essere intrapresa dai singoli condòmini e non dall'amministratore, ai sensi dell'art. 1130-1131 c.c. e nemmeno a seguito di apposita delibera assembleare.
Questa, in breve sintesi, la decisione della Suprema Corte di Cassazione resa con la sentenza n. 1549 depositata in cancelleria il 27 gennaio 2016.
In breve i fatti: un condomino appone un pergolato e lo aggancia ad un muro condominiale: gli altri condòmini, per mezzo dell'amministratore ed a seguito di apposita assemblea, decidono di fargli causa.
Dopo che il primo grado li vedeva soccombenti, nel giudizio di appello le cose cambiavano: il pergolato andava rimosso perché lesivo delle norme dettate in materia di distanze nelle costruzioni e di diritto di veduta.
Da qui il ricorso di Cassazione del condomino originario convenuto: il pergolato non poteva essere considerato equiparabile ad una costruzione e comunque la lesione del diritto di veduta non poteva essere fatta valere in giudizio dall'amministratore, dovendo essere contestata direttamente dei condòmini interessati.
Il ricorso, come si suole dire, è stato accolto solo parzialmente. Quanto al concetto di costruzione - valevole ai fini del rispetto della normativa sulle distanze indicata dall'art. 873 c.c. e dai regolamenti edilizi locali - la Corte di Cassazione non ha avuto dubbi nell'affermare che i pergolati oggetto della contesa "in quanto realizzazioni stabilmente ancorate al suolo, non potevano che essere inquadrate nel novero concettuale di costruzione e, quindi, come tale lesiva dei diritti azionati in giudizio" (Cass. 27 gennaio 2016 n. 1549).
Per quanto riguarda l'azione a tutela del diritto di veduta, l'esito del ricorso è stato favorevole al condomino. L'amministratore, dato lo specifico stato dei luoghi, non avere legittimazione ad agire per quella ragione.
Si legge in sentenza che "la legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condomini. In assenza di ogni altra allegazione quanto alla possibilità di coesistenza di vedute di singoli condomini e di vedute quali, ad esempio, quelle delle finestre delle scale del condominio, il diritto di veduta a favore delle singole unità abitative è proprio del titolare della proprietà di ciascun singola appartamento e, pertanto, non del Condominio, ma del singolo condomino-proprietario".
Il ragionamento dev'essere considerato condivisibile. In effetti in assenza di vedutecondominiali i condòmini che, ad esempio, non hanno affaccio diretto sul punto oggetto di contestazione o che magari abitano ad un piano alto e rispetto ai quali non può affermarsi alcuna violazione, che diritto possono far valere in giudizio per il tramite dell'amministratore?
Scarica Cass. 27 gennaio 2016 n. 1549
















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