venerdì 1 luglio 2016

L'immobile pignorato non può essere concesso in locazione


L'immobile pignorato non può 

essere concesso in locazione


Impossibile riscuotere i canoni di locazione dopo che è iniziato il pignoramento immobiliare da parte del creditore.






“Spetta al custode e non al proprietario locatore l'esercizio delle azioni derivanti dal contratto di locazione per effetto dello spossessamento conseguente al pignoramento. Ne consegue che il debitore esecutato (locatore) perde quindi sia il diritto di gestire e amministrare il bene pignorato sia il diritto di far propri i relativi frutti civili (canoni di locazione)”. Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 13216 del 27 giugno 2016 in merito all'affitto di una casa pignorata.
I fatti di causa. Tizio proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore di Caio (debitore esecutato) della somma a titolo di canoni afferenti l'immobile locato dal medesimo locatore in data successiva al pignoramento dell'immobile ed in difetto della prescritta autorizzazione del giudice dell'esecuzione.
Sul punto, la corte di appello, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Roma, rigettava l'opposizione.
In particolare, la corte territoriale evidenziava che il contratto di locazione stipulato tra le parti, pur se opponibile ai creditori pignoranti e alla procedura esecutiva, era pienamente efficace e vincolante nei rapporti tra conduttore e locatore, sicché Caio aveva diritto al pagamento dei canoni. Contro la suddetta sentenza il conduttore Tizio ha proposto ricorso per cassazione.
Il modo della custodia e il diritto di abitazione. L'art. 560 c.p.c, nei primi due commi, prevede che “il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593.
Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione”.
Dalla norma in esame si evidenzia che nel caso in cui il custode stipuli un contratto di locazione dell'immobile affidatogli, la durata del rapporto in questione è per sua natura contenuta nei limiti temporali della procedura esecutiva.
Si tratta infatti di una forma di amministrazione processuale del bene, che si risolve quindi con la vendita forzata dello stesso.
In particolare, la volontà perseguita dal legislatore attraverso l'articolo 560 del codice di procedura civile è quella di garantire la tendenziale prevalenza del diritto di abitazione rispetto al diritto di credito vantato dai creditori; per meglio dire, tale norma, vuole garantire il diritto di abitazione del debitore esecutato limitatamente per il periodo che intercorre fra il pignoramento e la vendita coattiva.
L'estensione del pignoramento. L'art. 2912 c.c. prevede che“il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata”. La norma in commento sancisce l'effetto estensivo del pignoramento, che non discende dall'esecuzione in sé ma dall'intrinseca natura del bene il quale deve essere sottoposto alla procedura nella sua integrità.
Quindi, per effetto dello spossessamento conseguente al pignoramento e dell'effetto estensivo previsto dall'articolo 2912 c.c., il debitore esecutato perde vuoi il diritto di gestire e amministrare (se non in quanto custode) il bene pignorato, vuoi il diritto di far propri i relativi frutti civili.
Ciò in conformità dell'indirizzo giurisprudenziale che ha affermato che, anche se la locazione di un bene sottoposto a pignoramento senza l'autorizzazione dei giudice dell'esecuzione, in violazione dell'articolo 560 c.p.c., non comporta l'invalidità del contratto ma solo la sua inopponibilità ai creditori ed all'assegnatario (Cass. 13 luglio 1999, n. 7422; Cass. 10 ottobre 1994, n. 8267); di tal chè il contratto così concluso non appartiene al locatore-proprietario esecutato, ma al locatore-custode e le azioni che da esso scaturiscono – nella specie per il pagamento dei canoni – devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal custode(Cass. 14 luglio 2009, n. 16375).
Il ragionamento della Corte di Cassazione. I giudici di Piazza Cavour, contrariamente a quanto statuito dalla corte territoriale, hanno avuto modo di precisare che dopo il pignoramento, il locatore (proprietario e debitore), perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al locatario il pagamento dei canoni sia per ogni altra azione, perché l'art. 559 c.p.c. (custodia dei beni pignorati), pur permanendo l'identità dei soggetto, muta il titolo del possesso da parte sua, in quanto ogni sua attività costituisce conseguenza dei potere di amministrazione e gestione del bene pignorato, di cui egli continua ad avere il possesso come organo ausiliario del giudice dell'esecuzione.
Ne consegue che il proprietario-locatore (o il suo avente causa) che non ha (più) la custodia del bene pignorato non è legittimato ad esercitare le azioni derivanti dal contratto di locazione concluso senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione (e, pertanto, già inopponibile ai creditori e all'assegnatario). La titolarità di tali azioni, ivi compresa quella di pagamento dei canoni, non è, infatti, correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale (il contratto di locazione o la proprietà), ma spetta al custode, in ragione dei poteri di gestione e amministrazione a lui attribuiti e della relazione qualificata con il bene pignorato derivante dall'investitura del giudice. (In tal senso Corte di Cassazione, Sentenza 29 aprile 2015, n. 8695 e Cass. 14 luglio 2009, n. 16375).
Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto,la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha accolto il ricorso del conduttore e per l'effetto ha cassato la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice.
condominio
  Corte di Cassazione, sez. III Civile, 27 giugno 2016, n. 13216


Fonte http://www.condominioweb.com/affitto-di-una-casa-pignorata.12835#ixzz4DA4cvmhV
www.condominioweb.com 

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