lunedì 12 ottobre 2015

L'uso delle cose comuni dev'essere fatto senza mutamenti di destinazione d'uso e se c'è un accordo dev'essere in forma scritta

L'uso delle cose comuni dev'essere fatto senza mutamenti di destinazione d'uso e se c'è un accordo dev'essere in forma scritta


Posizionare una pianta affianco alla porta d'ingresso della propria abitazione sul pianerottolo comune rappresenta un caso classico di uso di cosa comune. Lo stesso dicasi del parcheggio di biciclette o motorini nel cortile. Tutti comportamenti teoricamente legittimi, salvo limitazioni contenute nel regolamento condominiale (che se di natura contrattuale può imporre veri e propri divieti assoluti) o violazione dell'art. 1102, primo comma, c.c.
Come deve comportarsi un condomino per utilizzare i beni comuni senza che ciò possa recare pregiudizio agli altri partecipanti al condominio? La sentenza n. 944 resa dalla Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione con deposito in cancelleria il 16 gennaio 2013 ha il merito di rispondere alla domanda in modo chiaro e preciso.
Uso della cosa comune, ovvero art. 1102 c.c. e applicazione in ambito condominiale
Il primo comma dell'articolo appena citato recita:
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
Divieto di alterazione della destinazione della cosa e divieto di impedire agli altri di fare parimenti uso? Come valutare questi aspetti?
Quanto al primo dei due aspetti, la Corte di Cassazione ricorda che al principio per cui l'esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall'art. 1102 cod. civ., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa medesima e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino perché in tal caso si verrebbe ad imporre una servitù sulla cosa comune per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i condomini (Cass. nn. 11138 del 1994; Cass. n. 1536 del 2000; Cass. n. 16117 del 2000) (Cass. 16 gennaio 2013 n. 944).
Se una cosa serve alle unità immobiliari dell'edificio, uno dei condomini non può utilizzarla a vantaggio di altra sua unità immobiliare ubicata al di fuori di quel contesto (com'è stato appurato nel caso di specie).
Quanto all'uso paritario gli ermellini, in conformità a propri consolidati pronunciamenti, hanno affermato che “per stabilire se l'uso più intenso da parte del singolo sia da ritenere consentito ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., non deve aversi riguardo all'uso concreto fatto della cosa dagli altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno; l'uso deve ritenersi in ogni caso consentito, se l'utilità aggiuntiva, tratta dal singolo comproprietario dall'uso del bene comune, non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù a carico del suddetto bene comune (Cass. 16 gennaio 2013 n. 944).
In buona sostanza, se c'è un parcheggio condominiale e v'è un posto auto per ogni unità immobiliare, il condomino che le colleziona autovetture non può utilizzarlo come deposito, anche se gli altri non fanno mai uso di quei posti.
Come si suole dire: non finisce qui. Nel caso sotteso alla sentenza n. 944 alcuni condomini avevano installato in un corridoio comune un armadietto che di cui i giudici di merito avevano ordinato la rimozione.
La Cassazione ha ribadito questo orientamento specificando due aspetti:
a) a nulla vale che vi fosse assenso a quell'utilizzo perché di tale fatto non era stata fornita prova scritta;
b) a nulla vale il fatto che vi fosse lo spazio per realizzare altro armadietto a beneficio di chi ne contestava la legittimità.
In tal senso si legge in sentenza che “la Corte d'appello ha affermato la ininfluenza, ai fini della limitazione dell'uso della cosa comune, di un accordo intercorso tra i condomini; e deve ritenersi che ciò abbia fatto correttamente, atteso che, incidendo la collocazione dell'armadio nel corridoio comune sull'uso di un bene immobile, lo stesso avrebbe dovuto essere formalizzato per iscritto; il che non è nella specie neanche stato allegato dai ricorrenti incidentali. Del tutto priva di rilievo è poi la circostanza che altro armadietto potrebbe essere collocato su iniziativa dei ricorrenti principali, non potendo conseguire ad una indebita occupazione di uno spazio comune la legittimazione della occupazione fatta da altro condomino del medesimo spazio comune (Cass. 16 gennaio 2013 n. 944).
Insomma l'accordo dev'essere provato per iscritto e un uso illecito della cosa comune non può essere “compensato” da un altro uso illecito.

Cass. 16 gennaio 2013 n. 944



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